{{IMG_SX}}Torino, 26 maggio 2007 - Qual è il legame che unisce la Semana srl alla Banca del Piemonte? In apparenza nessuno: la prima è una società che si occupa della gestione e manutenzione di impianti sportivi, controllata al 30% dalla Juventus e al 70% dalla Ese srl, mentre l'altra è un istituto bancario posseduto da un unico socio, la Finconfienza spa. Diversi anche i loro rapporti con la società bianconera: stando al prospetto dell'aumento di capitale da 104,8 milioni di euro, pubblicato il 24 maggio scorso, la Semana opera per la manutenzione del centro sportivo di Vinovo e dello Stadio Delle Alpi. Invece, la Banca del Piemonte è uno dei tre istituti garanti, assieme a Hypovereinsbank (gruppo Unicredit) e Banca Imi (gruppo IntesaSanpaolo), dell'acquisto di azioni non eventualmente sottoscritte dai soci della Juventus. In realtà il legame tra la società a responsabilità limitata e la banca è molto forte ed evidente: esso è costituito da Nomenfid, Simonfid e Sofegi. Tutte e tre sono fiduciarie controllate dalla famiglia Grande Stevens, il cui capostipite, Franzo, è ex presidente della Juventus e uno degli uomini più in vista dell'entourage della Famiglia Agnelli: è infatti consigliere di Ifi e Ifil, le due società che a cascata controllano la Juventus. La coincidenza è singolare: esse sono presenti al termine della catena di controllo della Semana e della Banca del Piemonte. La srl è balzata alle cronache già nell'aprile del 2004, con un articolo de Il Manifesto che ne aveva evidenziato l'assetto societario poco trasparente. Poche settimane fa un ex dirigente juventino, Maurizio Capobianco, in un'intervista a La Repubblica aveva parlato della Semana riguardo a un presunto giro occulto di soldi destinati ad arbitri, dirigenti Figc e giornalisti. Ad ogni modo, le fiduciarie nascondono un segreto, probabilmente inconfessabile: esse potrebbero occultare due o più soci che da un
lato controllano una società che offre servizi alla Juventus (ed eventualmente ha operato, come spiegato da La Repubblica, attraverso fondi neri sospetti come ha dichiarato Capobianco ai pubblici ministeri torinesi Bruno Tinti e Marco Gianoglio) e dall'altro finanziano la società calcistica. Ma ciò resta soltanto un'ipotesi, come tutte le volte in cui esistono società fiduciarie, poiché non è dato sapere chi possano essere i nomi: il loro scopo, riconosciuto dalla legge, è quello di tenere celati i reali proprietari della Semana e della Banca del Piemonte. Gli azionisti misteriosi di entrambe potrebbero quindi anche non essere le stesse persone.

 

Lo schermo della Semana… Per capire meglio l'importante nesso e tra le due aziende, bisogna esaminare la loro catena di controllo e gli uomini in essa presenti, attraverso le ultime visure e gli elenchi soci disponibili in Camera di Commercio. L'azionariato della Semana è rimasto identico a quello della sua fondazione, avvenuta nell'agosto del 2003. Il 30% del suo capitale è mano alla Juventus, mentre il pacchetto di maggioranza è detenuto dalla Ese. Quest'ultima è controllata al 90% dalla Simonfid, mentre il restante 10% dalla Nomenfid. A sua volta, la Simonfid è controllata al 76,72% da un'altra fiduciaria, la Sofegi: tutte hanno sede in via del Carmine 10 a Torino, a pochi metri dal civico 2 dove c'è lo studio dell'avvocato Franzo Grande Stevens. La Sofegi ha tre
soci: Franzo Grande Stevens (10%) con i suoi figli Cristina (40%) e Riccardo (60%). A sua volta la Nomenfid ha come azionisti principali i due rampolli dell'"avvocato dell'Avvocato": Cristina 18% e Riccardo 52%.

 

…e quello della Banca del Piemonte. Tra le tre fiduciarie e la Banca del Piemonte ci sono una serie di
intrecci e gustose coincidenze. Il primo elemento, come si è detto all'inizio, è costituito dall'assetto societario dell'istituto che, stando al sito http://www.bancadelpiemonte.it/, ha sede a Torino ed è forte di 51 sportelli distribuiti tra la provincia del capoluogo di regione e quelle di Alessandria e Cuneo. Stando al più recente elenco
soci depositato in Camera di Commercio, la Banca del Piemonte è interamente controllata dalla Finconfienza spa, tramite il 77,85% in azioni ordinarie e il 19,92% in titoli privilegiati: questi ultimi, stando all'ultimo bilancio al 31 dicembre 2005 disponibile sul sito della banca, hanno fruttato all'azionista unico circa 1,5 milioni in dividendi su un totale di utili pari a 9,09 milioni. A sua volta Finconfienza è posseduta al 99,99% da Simonfid, mentre la piccola quota restante è di Nomenfid: esse, assieme a Sofegi, custodiscono gelosamente i nomi dei veri proprietari dell'istituto di credito. Ma gli intrecci tra le fiduciarie della famiglia Grande Stevens e la Banca del Piemonte non finiscono qui. Visure alla mano, il presidente di quest'ultima, Lionello Jona Celesia, è possessore del 3% di Nomenfid e ne è sindaco: incarico che ricopre anche nella Simonfid. Un altro anello di congiunzione è rappresentato da Giorgio Ferrino: anch'egli detiene il 3% di Nomenfid, è consigliere di amministrazione
di Banca del Piemonte e della sua controllata Finconfienza. Inoltre riveste l'incarico di presidente dei consiglio di amministrazione di Nomenfid, Simonfid e Sofegi.

 

Intrecci bancari. Nel prospetto informativo dell'aumento di capitale, la Juventus ha "avvisato" gli azionisti dei potenziali conflitti d'interesse in cui incorrono due delle banche che garantiscono le quote non sottoscritte.
Hypovereinsbank, banca tedesca del gruppo Unicredit, e Banca del Piemonte sono finanziatori del club bianconero. «Alla data del 31 marzo 2007 l'esposizione debitoria dell'emittente – si legge nel prospetto – nei confronti delle predette banche ammontava complessivamente a circa 19,3 milioni, corrispondenti a circa il 32,6% del'indebitamento finanziario complessivo lordo della società». La Juventus ha anche specificato che con il gruppo Unicredit, tramite la Locat, è stato stipulato un contratto di locazione finanziaria del centro sportivo "Juventus Center" di Vinovo: 19 milioni del totale debitorio della società bianconera sono relativi a questo accordo. Inoltre, il prospetto segnala che i consiglieri juventini Carlo Barel di Sant'Albano e Camillo Venesio "sono rispettivamente membro del consiglio di sorveglianza di IntesaSanpaolo spa e amministratore delegato e direttore di Banca del Piemonte spa». Ma c'è anche un'altra avvertenza. «Si segnala inoltre che Virgilio Marrone – prosegue il testo del prospetto – amministratore delegato di Ifi (che detiene il controllo sulla Juventus tramite la società controllata Ifil) è membro del consiglio di gestione di IntesaSanpaolo spa». Spulciando il sito della Consob (www.consob.it) si nota anche che la Compagnia di San Paolo, ossia la fondazione bancaria presieduta da Franzo Grande Stevens, detiene il 7,684% di IntesaSanpaolo, mentre l'Ifil (controllante al 60% della Juventus) detiene il 2,447% della Juventus. A sua volta IntesaSanpaolo (che possiede Banca Imi, altro garante ell'aumento di capitale) ha il 2,508% di Unicredit. Insomma, gli intrecci delle società di Casa Agnelli con gli attori dell'aumento di capitale della Juventus sono molto forti: è l'ennesima dimostrazione della forza economico-finanziaria della società bianconera, che può sempre dormire sonni tranquilli anche nei momenti più difficili. Invece la maggior parte delle società calcistiche italiane non gode di questa forza e deve arrangiarsi come può. Infine, restano al fondo due domande: è giusto, in ossequio al principio della trasparenza borsisica, varare un'operazione con
conflitti d'interesse confessati (in parte) dalla stessa Juventus? Ed è giusto che una delle banche del consorzio di garanzia non riveli i suoi reali azionisti di controllo e si mascherino dietro due fiduciarie?