{{IMG_SX}}MILANO - "Il mondo del calcio non può essere un'oasi privilegiata nei confronti del fisco. E' una battaglia di civiltà". Il più celebre tributarista italiano, Victor Uckmar (nella foto), va giù duro contro il debito fiscale deiclub.
Il professore, titolare della cattedra di diritto tributario all'Università di Bologna, punta l'indice anche contro l'acquiescenza dell'Agenzia delle Entrate che deve recuperare ben 538 milioni. Ma Uckmar rivolge la sua attenzione anche alla Covisoc, di cui è stato presidente fino al 2001: se l'organismo della Figc esercitasse ilcompito di vigilanza sui bilanci societari, con poteri ampi edappropriati, si potrebbero probabilmente evitare gli scandali delle plusvalenze incrociate fittizie, delle false fideiussioni e delle operazioni di cessioni di marchi infragruppo.

Insomma, la cosiddetta"finanza creativa" che crea solo danni ai conti dell'azienda calcio. La recente notizia delle indagini della Procura di Milano sulle plusvalenze incrociate fittizie di otto giocatori tra Inter e Milan ha posto nuovamente in luce il problema dei bilanci "imbellettati".

E'possibile che solo adesso ci si accorga di ciò?
"Le confesso che quando era scoppiato nello scorso maggio lo scandalo che aveva coinvolto Luciano Moggi, avevo notato che si era cercato di minimizzarlo. Inizialmente si parlava solo di partite truccate tramite qualche "regaletto" agli arbitri per la sola stagione 2004/2005: piccole infrazioni riguardanti soltanto la giustizia sportiva. Ci si era però dimenticati che alle spalle di "calciopoli" c'erano alcuni fatti ben più gravi di rilevanza penale, come i bilanci truccati, le fidejussioni false. Tutto ciò giunge soltanto ora al pettine con l'indagine della magistratura ordinaria, che ha effettuato un'ampia e complessa indagine: l'autorità di governo del calcio ha purtroppo trascurato questi problemi, che sono ben più gravi".

E a proposito di plusvalenze incrociate fittizie e vendite dei marchi a società interamente controllate, come hanno fatto Inter, Milan e Lazio, lei cosa ne pensa?
"Sono operazioni completamente false e avranno un'incidenza fortemente negativa sui bilanci delle società".

Il sospetto è che queste operazioni siano state approntate dagli azionisti dei club per ripianare le perdite, risparmiando somme consistenti: in futuro dovranno versare soldi veri?
"Di sicuro dovranno riscrivere i bilanci in modo corretto. Bisogna però applicare le giuste sanzioni per chi è eventualmente incorso inqueste falsità di bilancio".

Lei prima accennava agli organi del calcio: la Covisoc, l'organismo di vigilanza sui bilanci delle squadre, avrebbe dovuto vigilare. Perché non lo ha fatto?
"La Covisoc nel 1999 è stata esautorata di tutti i suoi effettivi poteri di controllo, perché disturbava le società. Queste ultime avevano sostenuto che la Commissione non era più necessaria, poiché al loro interno avevano già i loro organi di vigilanza, come il collegio sindacale. Un bel giorno, anzi un brutto giorno, è stata emanata una disposizione con cui la Covisoc non poteva più svolgere esami approfonditi sui bilanci, ma il suo compito era limitato soltanto allaverifica dell' "equilibrio finanziario" per l'iscrizione aicampionati. L'autorità di vigilanza non poteva quindi più entrare nelmerito dei documenti contabili".Sarebbe forse meglio che invece della Covisoc fosse nominataun'autorità di vigilanza esterna al mondo del calcio?"Se funzionasse la Covisoc, dandole i poteri appropriati, non cisarebbe alcun problema per la verifica dei conti delle società".Però dei membri indipendenti offrirebbero maggiori garanzie?"E' meglio non complicare le cose. Se si nominassero le authority perogni materia si rischia di creare solo confusione. Credo che nel casodelle società di calcio, essendo private, debba esistere un organismo di vigilanza interno, purché abbia tre caratteristiche fondamentali: autorità, prestigio e indipendenza".

Lei ha lanciato l’allarme sull’elevato debito fiscale delle società: è una situazione di non ritorno?
“Da notizie di stampa ho appreso che sui club pesa un debito tributario di 538 milioni di euro. Tuttavia questa somma non è dovuta per il reddito da loro prodotto, poiché quasi tutte sono in perdita: rappresenta invece le ritenute fiscali da effettuare nei confronti dei calciatori. Al pari di qualsiasi datore di lavoro i club dovevano versare, in qualità di sostituti, le imposte sui loro salari milionari. E’ successo però che gran parte delle società non le hanno versate: a mio avviso, c’è un obbligo solidale dei giocatori a pagarle. L’Agenzia delle Entrate, se fosse attenta, avrebbe dovuto già agire nei confronti dei singoli calciatori per il recupero delle somme arretrate. Ciò può tranquillamente avvenire in forza di alcune sentenze della Corte di Cassazione, che riconoscono la responsabilità del dipendente tesserato a pagare le tasse, salvo la possibilità accordata loro di potersi rivalere nei confronti della società per inadempienza contrattuale. Il fisco deve fare il suo mestiere: colpire i percipienti reddito per recuperare i tributi dovuti”.

I dirigenti delle società si lamentano dei costi e, soprattutto, del carico fiscale troppo elevato: a torto o a ragione?
“Anche io mi lamento del costo fiscale che colpisce la mia attività. Anche l’uomo della strada, il negoziante, il grande e piccolo imprenditore si lamentano del fisco. Ma non si possono creare categorie privilegiate”.

Ciò vuol dire che prima le società pagano i tributi e dopo si può eventualmente discutere se essi sono vessatori?
“Proprio così. E insisto sulla responsabilità fiscale dei giocatori: l’Agenzia delle Entrate deve compiere il suo dovere”.

L’Olympique Lione ha intenzione di quotarsi in Borsa a Parigi. Lei aveva dichiarato che sui prospetti informativi di non raccomandare l’acquisto delle azioni dei club alle vedove e agli orfani: è sempre di quella opinone?
“Farei una distinzione. Se un club si occupa solo di calcio, dubito fortemente che possa riservare soddisfazioni ai piccoli azionisti. Viceversa, se la sua attività è dedicata anche ad altro, come i settori immobiliare o commerciale, allora potrebbe essere interessante”.

Alcune società però si lamentano che non riescono a sfruttare il merchandising per la scarsa tutela giuridica dei marchi aziendali: è proprio così?
“Non è vero, la legge italiana offre garanzie adeguate. Le società devono solo valorizzarli in modo adeguato”.

Il 31 gennaio si concluderà l’opa della società di Claudio Lotito sulla Lazio, che sparirà dal listino di Piazza Affari: come giudica questa operazione?
“Finalmente un’operazione concreta che fa ordine sul mercato azionario. E’ inutile illudere i piccoli azionisti con il calcio, con cui molto difficilmente si guadagna”.