Roma, 4 luglio 2007 - Come e più del vento, c'è la scienza e la matematica italiana ad aver spinto al successo Alinghi, la barca svizzera che si è aggiudicata la 320 Coppa America in una delle regate più palpitanti di tutta la storia dell'Americàs Cup. A rendere imbattibile Alinghi, grazie a studi e ricerche all'avanguardia è stato, con il suo team di scienziati, Alfio Quarteroni, docente di Analisi Numerica e direttore scientifico del Laboratorio di Modellistica e Calcolo Scientifico (Mox) al Politecnico di Milano, nonchè docente di Modelling and Scientific Computing presso l'Ecole Polytèchnique Fèdèrale di Losanna.


"Il team da me diretto -afferma Alfio Quarteroni- ha avuto il ruolo di applicare i modelli matematici per trovare la configurazione ottimale della barca, ovvero di tutti gli elementi che la compongono: lo scafo, la chiglia, il bulbo, le alette, il timone, l'albero e poi le vele, quelle che si usano nella fase di bolina e quelle che si usano nella fase di poppa".


Il regolamento di questa competizione, sottolineano gli esperti del Politecnico di Milano, "prevedeva la possibilità di progettare barche più leggere ma nello stesso tempo con uno scafo più lungo, con maggiore affondamento e albero più alto rispetto alla precedente Coppa America del 2003. Questo, in sintesi, -proseguono dal più antico Ateneo di Milano- significa barche più veloci ma potenzialmente più instabili. È stato pertanto riformulato completamente il progetto, anche perchè le condizioni di vento e di mare tipiche del golfo di Valencia sono assai diverse da quelle della baia di Auraki in Nuova Zelanda dove si è corsa la Coppa America del 2003".



Il team di studio di Quarteroni, che include i due ricercatori Davide Detomi e Nicola Parolini, laureati in Ingegneria aerospaziale al Politecnico di Milano, ha sviluppato così nuovi modelli matematici che hanno consentito di migliorare la configurazione dei diversi elementi della barca con molta più precisione, e conseguentemente di migliorare nettamente la performance.

 


"Una cifra -spiegano ancora dal Politecnico di Milano- rende probabilmente l'idea del progresso che è stato fatto in questi tre anni. La volta scorsa il team era riuscito a simulare al computer circa 100 imbarcazioni di forma diversa usando circa 30 milioni di equazioni. Questa volta sono state simulate oltre 400 configurazioni, prima di costruire la barca migliore, risolvendo oltre 135 milioni di incognite".



È come se si disponesse di una lente quasi 5 volte più potente, continuano gli esperti del Politecnico, che consente di vedere "con un dettaglio enormemente superiore la dinamica dei fluidi che si sviluppa intorno alla barca, in particolare tutta la creazione di vorticità. Siamo riusciti -aggiunge Quarteroni- a simulare con grande precisione gli effetti turbolenti che si determinano per effetto dell'interazione dell'acqua con le parti immerse, come scafo, chiglia, bulbo, alette, e dell'aria con le vele".




Le simulazioni sono state determinanti, insomma, per il successo di Alinghi. I test compiuti hanno infatti consentito, spiega Quarteroni, "di quantificare le resistenze che la barca incontra, e come conseguenza di capire come trovare le forme migliori che minimizzano tali resistenze, aumentando pertanto la velocità della barca stessa" Non è finita. "Siamo anche riusciti -riferisce il responsabile del Mox- a simulare la dinamica della deformazione delle vele sotto l'azione del vento. Ciò consente di trovare il modo ottimale per far sì che le vele siano sempre rigide a sufficienza per dare maggior spinta alla barca".

 

Inoltre, il team è riuscito " a simulare la dinamica della deformazione delle vele sotto l'azione del vento. Ciò consente di trovare il modo ottimale per far sì che le vele siano sempre rigide a sufficienza per dare maggior spinta alla barca. Infine -aggiunge ancora- alcuni miei colleghi matematici hanno messo a punto dei modelli di strategia per decidere matematicamente come e quando virare nella fase di bolina".


"Credo che il tutto si possa riassumere dicendo che -conclude Quarteroni- la matematica è servita a dare una spinta propulsiva determinante, oltre a quella vera del vento, a far rivincere la Coppa America. Sapevamo perfettamente che ripetersi dopo l'exploit del 2003 sarebbe stato difficilissimo: ci abbiamo creduto, abbiamo perseguito l'obiettivo con rigore scientifico, non accontentandoci mai dei risultati che si ottenevano".