{{IMG_SX}}Roma, 6 agosto 2007 - Riprendiamo il servizio di Virginia Piccolillo per il Corriere della Sera.


Nei confronti di don Gelmini, sotto accusa per molestie, i preti di frontiera più amati dai mass media hanno reagito in modo diverso. C’è chi gli ha dato solidarietà totale, chi si è mostrato più tiepido e chi, come don Luigi Ciotti, ha mostrato equidistanza tra lui e le «presunte vittime». Il sospetto che la vicenda abbia riaperto vecchie rivalità tra tonache d’assalto si è fatto avanti. C’è chi parla di vendette, inasprendo un clima in cui don Gelmini dà dell’ «imbecille» a don Mazzi perché «dice sempre» che «lui sarebbe il cappellano del centrosinistra e io quello del centrodestra». Don Mazzi alza le spalle e allarga il suo sorriso monello: «Ho detto solo che se capitasse a me, che sono coperto di debiti, ricevere da Berlusconi cinque milioni di euro comincerei anch’io a traballare. Sono battutacce. Nulla più».

 

Ma l’ex teleparroco di "Domenica In" non offre solidarietà a don Gelmini: «Un eccesso di difesa, per chi se ne intende, è sempre pericoloso. Dispiace vedere accusato un uomo di 82 anni. Si difende disperatamente. Ma noi preti dobbiamo smetterla di dire che siamo perseguitati. È sempre stato così. Quando facciamo il nostro lavoro a molti non piacciamo, quando non lo facciamo ci tirano le orecchie. Del resto Cristo tra le beatitudini ha anche messo i perseguitati. Quando a "Domenica In" mi attaccarono io non replicai mai».

 

Ma la politica c’entra. Al centro delle antiche ruggini ci sono le visioni diverse nella lotta alla droga che hanno coagulato politici a caccia di consenso attorno a questi sacerdoti carismatici che dagli anni ’70 sono in strada accanto ai tossici: a 73 anni don Gelmini si fece iniettare il virus hiv per favorire la ricerca. Lo scontro duro tra loro è sulle soluzioni.

 

Don Gelmini, molto amato in An e nell’Udc (ad Amelia sono di casa tra gli altri, Maurizio Gasparri e Carlo Giovanardi e si vede talvolta Pier Ferdinando Casini) è per il rigore. «Niente violenza, né prepotenza, né eccezioni » disse quando a San Patrignano (comunità che vanta ottimi rapporti con ambienti di Forza Italia) morì un ragazzo. Ma la sua «Cristoterapia », che propone la fede come via di uscita dalla droga, non piace ai colleghi. La sua sponsorizzazione della legge proibizionista Fini- Giovanardi ha fatto il resto. Contro si formò un cartello di 40 organizzazioni tra il Cnca (federazione a cui aderiscono il gruppo Abele di don Ciotti e Comunità nuova di don Rigoldi).

 

Tra le firme anche quella di don Mazzi che ieri si è definito «troppo di destra per essere di sinistra e troppo di sinistra per essere di destra». Vicino alla visione della Margherita: «Drogarsi è male, sì a sanzioni educative». Più da "tonaca rossa" l’approccio di «prossimità » di don Ciotti. Mentre don Mario Picchi, fondatore del Ceis e ispiratore della federazione di comunità Fict, molto amato dalle gerarchie ecclesiastiche, è per la linea del «consumo zero». Finora le polemiche tra loro erano state sotto traccia. Nel ’95 don Gelmini accusò don Mazzi di fare da «sottocoda ai sociologi di una certa parte politica» e di dire «balle » sostenendo un calo dell’eroina.

 

Ora quelle fratture riesplodono. Lo ammette anche Don Ciotti che ha fatto inviperire gli amici di don Gelmini testimoniando la sua «condivisione, attenzione e vicinanza per tutte le persone coinvolte: le presunte vittime e don Gelmini». Aggrottando la fronte constata: «E adesso tutti ci chiedono: ma ci sono guerre anche tra voi? Lo dicono anche don Gelmini e don Mazzi: uno è di destra e uno di sinistra. Ecco come nascono queste cose».

 

Niente a che fare però con l’ideologia, spiega il fondatore di Libera: «Per me entrambi fanno bene il loro lavoro. Se hanno la moneta dall’uno o dall’altro, per mantenersi, è anche giusto. Fanno del bene. Ben venga. A me, o li dà la destra o la sinistra, fa piacere. Purtroppo senza la politica non si può fare più niente. Nemmeno la solidarietà».

 

Non solidarizza con don Gelmini neppure don Picchi: «Non mi sembra neppure il caso. Sono contrario a questo baccano. Il lavoro che stiamo facendo è molto delicato. Ci vuole molta attenzione». Solidarietà e amarezza per la «terribile gogna mediatica cui è stato sottoposto don Gelmini», arriva invece da don Oreste Benzi. «Egli che ha riportato alla vita migliaia di giovani — fa notare —, riceve da alcuni di essi lo schiaffo più umiliante che gli potesse essere dato». Ma, aggiunge, «ne uscirà più luminoso di prima e potrà riaccogliere nelle sue comunità coloro che l’hanno accusato».