{{IMG_SX}}NAPOLI, 13 febbraio 2008 -  BLITZ DELLA POLIZIA al policlinico Federico II di Napoli per presunto feticidio. Un caso di aborto fuorilegge: questa è l’ipotesi formulata, sulla base di una denuncia anonima, dalla procura che ha aperto un’inchiesta, sequestrando cartella clinica e feto, del peso di 460 grammi.

Ma i sanitari e la donna negano ogni addebito, sostenendo che si è trattato di un aborto regolare, praticato alla ventunesima settimana di gravidanza, perché c’era il rischio concreto che il bambino nascesse con gravi malformazioni. Gli agenti hanno fatto irruzione in ospedale, lunedì pomeriggio, appena eseguito l’intervento. S. S., di 39 anni è stata interrogata a lungo: "Si è trattato di un aborto terapeutico — ha detto —, una decisione difficile e sofferta. Mi hanno chiesto se per abortire avevo pagrato, ma non è stato così". Sentiti anche medici e infermieri.


Sull’episodio sono subito divampate le polemiche, tanto da suscitare nel ministro Livia Turco la preoccupazione di una "caccia alle streghe". Poi ha aggiunto: "Sono profondamente turbata da quanto accaduto. È un episodio che deve farci riflettere tutti perché rispecchia un clima di tensione inaccettabile".  

Il feto abortito era comunque morto già da due giorni nel ventre della madre. La donna ha 39 anni, è stata dimessa ieri mattina "ora è addolorata, ha chiesto di essere lasciata in pace, è delusa e si sente ferita una seconda volta, perchè ha dovuto abortire un figlio che voleva e per quello che è successo dopo", ha raccontato Stefania Cantatore dell'Udi (Unione donne di'Italia) di Napoli che ha ricevuto la denuncia del blitz dal medico che ha eseguito l'aborto e ha raccolto la testimonianza della donna.


"Il giudice Russo della procura di Napoli - denuncia Cantatore - ha avuto l'input da non sappiamo chi. Qualcuno all'interno dell'ospedale ha raccolto il messaggio dei medici di Roma sull'obbligatorietà di intervenire per salvare il feto". Gli agenti sono intervenuti appena 20 minuti dopo l'aborto, "probabilmente pensavamo di riuscire ad intervenire addirittura mentre l'aborto era in corso, forse per imputare i medici di non aver rianimato il feto, che in realtà è nato già morto".


Il medico che ha operato l'interruzione di gravidanza, il dottor Francesco Leone, che ha denunciato all'Udi l'accaduto, spiega che l'aborto era terapeutico, praticato seguendo tutte le procedure della legge 194. Il feto era la 21esima settimana, ma aveva rivelato una grave malformazione cromosomica e c'era il 40% di possibilità di un deficit mentale grave.


Poco dopo l'intervento il medico, che si era allontanato, è stato avvertito dell'arrivo della polizia: "Quando sono tornato in ospedale ho visto quattro agenti che interrogavano i medici di guardia, e tre che interrogavano la vicina di letto della paziente e un infermiera. Sei uomini e due erano anche in divisa. La mia paziente è stata interrogata che era ancora frastornata dall'operazione".


Gli agenti non avevano un mandato, ma dopo una telefonata al procuratore hanno sequestrato la cartella clinica della paziente e il feto abortito, ha raccontato il medico, che però non crede alla caccia alle streghe legata alle polemiche sulla 194 o sul pronunciamento di alcuni medici sulla obbligatoria rianimazione dei feti. "Al Policlinico - ha spiegato - c'è un'atmosfera serena, si è sempre applicato la 194 in modo rigoroso ma senza polemiche. Abbiamo fatto 270 aborti al secondo trimestre l'anno scorso. Forse adare il falso allarme è stata una paziente spaventata che non capiva cosa stesse succedendo".


Intanto l'Udi, che ha espresso la sua solidarietà alla donna, ha dato appuntamento al 14 febbraio a Piazza Vanvitelli per un presidio a sostegno del diritto sancito dalla 194 contro "l'abuso integralista di questi giorni".

 

IL PM: UN ATTO DOVUTO

"Era un atto dovuto. Abbiamo soltanto inteso assicurarci che la legge fosse rispettata, dato che c'era una segnalazione che indicava il contrario. Tant'è vero che non c'è alcun procedimento penale aperto a carico di chicchessia, ma solo un fascicolo per atti". Così all'Agi il pm Vittorio Russo, che lunedì sera ha autorizzato la polizia agli accertamenti sull'aborto avvenuto al II Policlinico di Napoli.

Russo aggiunge che ha disposto l'accertamento autoptico sul feto, dandone incarico ad un perito che da anni collabora con la procura "proprio per accertare che tutto sia stato fatto nel rispetto della normativa vigente".

 

I MEDICI CATTOLICI: BLITZ FUORI LUOGO

"Di fronte ad un esposto anonimo poteva essere inviata eventualmente un'ispezione del ministero della Salute, ma mandare la polizia ad interrogare una donna appena uscita da una sala operatoria, appena sottoposta ad un interruzione di gravidanza, comunque drammatica, mi e' sembrato fuori luogo". Cosi' Enzo Saraceni, presidente dell'Associazione italiana dei medici cattolici (Amci), interviene in merito a al blitz della polizia al Nuovo policlinico di Napoli con il sequestro del feto in sala parto.


"Questo episodio- conclude il docente universitario- non aiuta neanche a creare quel clima necessario per un dibattito sereno e pacato sul tema della difesa della vita".

 

LA DONNA: QUEL FIGLIO LO VOLEVO...

 "Mi hanno trattata in un modo assurdo. Interrogata come se avessi fatto chissà che. E invece io soffrivo, quel figlio lo volevo a tutti i costi. Mai avrei abortito se non avessi avuto quel terribile verdetto". Così racconta , in una intervista a Repubblica, Silvana, la napoletana che pochi giorni fa, dopo aver compiuto una regolare interruzione di gravidanza ha dovuto sopportare un duro interrogatorio. "Ero appena rientrata dalla sala operatoria".


Come e quando ha saputo che il bimbo aveva una grave malattia? "Ho 39 anni e mi era sembrato indispensabile sottopormi all'amniocentesi. L'ho fatto alla sedicesima settimana nell'ospedale di Frattamaggiore, non lontano da dove abito. Era il 18 gennaio e il referto con la diagnosi me l'hanno consegnato il 31. Sul foglio c'era scritto "Sindrome di Klinefelter". Poi mi hanno tradotto il significato, una cosa terribile".


Una brutta malattia? "Sì, un difetto dei cromosomi che poteva comportare ritardo mentale, problemi al cuore, diabete e l'assenza di alcuni ormoni". Ed è così che ha deciso di abortire? "Non c'era altra scelta. Appena mi hanno comunicato che mio figlio sarebbe stato un malato per tutta la sua vita, non ho avuto dubbi. Ho deciso al momento, d'istinto: abortisco. Anche se sapevo che per me rappresentava una scelta particolarmente dolorosa".


Tutto è avvenuto nei termini di legge. "Certo. Mi avevano comunicato che si poteva fare entro la 23esima settimana. Per tre giorni mi hanno somministrato i farmaci per stimolare le contrazioni dell'utero. Ma lunedì alle 11 il medico mi ha rifatto l'ecografia e si è accorto che il feto era morto". Dopo l'intervento però arriva la polizia. Cosa le ha chiesto? "Mi ha bombardato di domande. Mi ha fatto terzo grado: come era successo, perché avevo abortito, chi era il padre. Addirittura se avevo pagato".

Pagato chi? "Sospettavano che avessi dato soldi ai medici per abortire. Insistevano. E poi sono passati anche a Veronica, la compagna di stanza ricoverata per gravidanza a rischio. Mi sono trovata in una situazione assurda appena fuori dalla sala operatoria".

 

LIVIA TURCO: PROFONDAMENTE TURBATA

"Sono profondamente turbata da quanto e' accaduto al Nuovo Policlinico di Napoli. E' un episodio che penso debba farci riflettere tutti perche' rispecchia il clima di tensione inaccettabile che si e' venuto a creare attorno ad una delle scelte piu' drammatiche per una donna come quella di rinunciare ad una maternita'", ha dichiarato Livia Turco, ministro della Salute, secondo cui "siamo arrivati al punto di fare ed usare denunce anonime, con il risultato di porre sul banco degli accusati una donna che aveva appena effettuato un'interruzione di gravidanza nell'ambito della legge 194 in un ospedale pubblico e i sanitari che l'hanno assistita".


"Non ho mai rifiutato il confronto sul tema dell'aborto- prosegue- ma rifiuto categoricamente l'apertura di quella che non esito a definire come una nuova caccia alle streghe. Esprimo la mia piena solidarieta' e vicinanza alla signora- chiude- e l'apprezzamento ai medici e agli altri operatori sanitari che, al di la' delle loro convinzioni personali, applicano correttamente la legge 194".

 

POLLASTRINI: DOBBIAMO DIRE BASTA

Il ministro per i Diritti e le pari opportunità, Barbara Pollastrini, interviene in merito al blitz della polizia al Policlinico di Napoli nel reparto dove si praticano le interruzioni di gravidanza. "Si sta cercando di creare un clima anti 194", dice il ministro.


"In tante - aggiunge - dobbiamo dire 'basta'. La legge 194 va applicata in tutte le sue parti, così come ieri si è fatto al Policlinico di Napoli. E' una legge buona e saggia per l'equilibrio tra responsabilità della donna, diritti del nascituro e deontologia medica". Per questo, paragonare la moratoria contro la pena di morte al dramma di una sala operatoria, conclude Barbara Pollastrini, è "offensivo e irrispettoso".

 


di ELENA G. POLIDORI 

NO, UNA LISTA «di scopo» fatta da Giuliano Ferrara contro l’aborto e «da presentarsi solo in alcune regioni, in Senato» non è tollerabile. Nonostante Berlusconi sia d’accordo con il direttore del Foglio sulla necessità di promuovere una moratoria sull’aborto, l’idea che i voti dei cattolici possanno disperdersi non solo per colpa del ‘disobbediente’ Casini, ma anche per via di una ‘Lista Ferrara pro life’ lo ha fatto infuriare.


«Ferrara è stato rapito da questa sua missione — ha detto il Cavaliere a Porta a Porta — e contro il mio consiglio e contro la mia opinione ha deciso di presentare una lista che credo si chiamerà ‘Lista per la vita’. Ma credo che questo sia un tema che debba restare fuori da questa competizione elettorale. Penso che sia un problema che attenga alle coscienze e che quindi debba restare fuori dall’agone politico e dalle elezioni. Ho cercato di dissuaderlo, vedremo con quali risultati. Io sto dedicando i giorni, e purtroppo anche le notti, a concentrare 18 sigle politiche in una e adesso l’amico Giuliano Ferrara ne propone una in più lui? Credo che veramente questo vada contro quella che è la nostra strategia che corrisponde al volere degli italiani».

«NON credo che questa missione che Giuliano si è dato — ha insistito il Cavaliere — trovi in politica il palcoscenico giusto per essere portata avanti, ho indicato la strada delle Nazioni Unite e credo che quella sia la strada che si deve perseguire. Gli ho offerto a lui di entrare nel Popolo della Libertà, di essere candidato con noi e di interessarsi in questa sua presenza politica della missione di cui si è reso protagonista». Insomma, un no secco all’idea di Ferrara di politicizzare troppo il tema dell’aborto. Anche l’Osservatore Romano, ieri pomeriggio, aveva sottolineato l’inadeguatezza di una strumentalizzazione «per fini elettorali» di un tema etico tanto delicato.

«IN MATERIA di aborto — si leggeva nell’organo della Santa Sede — si registrano diverse posizioni, sia nel centrodestra sia nel centrosinistra e sembra che, al momento, possano convergere se non altro le intenzioni di evitare le strumentalizzazioni a uso elettorale».


Se Ferrara — ha convenuto Sandro Bondi coordinatore di Forza Italia — vuole proseguire la sua battaglia, che lo faccia pure all’interno del Pdl. «E’ finita l’era di un partito unico dei cattolici — ha ammonito Bondi — e il Vaticano ne ha preso da tempo atto: a Giuliano chiedo di riflettere bene e di candidarsi nel Pdl per affermare questi valori». L’aborto, in verità, è solo una cartina di tornasole. Sono i voti cattolici che la parola immediatamente aggrega a rendere elettoralmente pericolosa qualsiasi lista che vada ad erodere patrimoni elettorali ormai acquisiti sia a destra che a sinistra. Per questo la lista Ferrara non piace a Berlusconi ma fa storcere il naso anche a quella parte del Pd come i Teodem che proprio tra i cattolici di sinistra trovano il loro sostegno elettorale.

A COMINCIARE da Paola Binetti (che ha lanciato l’accusa di «strumentalizzazione») per finire con Emanuela Baio Dossi, entrambe prima d’accordo con Berlusconi sulla proposta di moratoria, poi sulle barricate non appena Ferrara ha lanciato la sfida. Con loro anche Pezzotta e Rosy Bindi, preoccupati quanto tutti gli altri. Tranne Rocco Buttiglione e Casini. Il leader dell’Udc ha aperto al direttore del Foglio: «Sto con Ferrara. Quel tema sarà un nostro impegno programmatico in Parlamento», ha detto. E Buttiglione lancia: «Potremo anche presentarci assieme a lui». A Berlusconi e Veltroni tutto questo non piacerà.