{{IMG_SX}}Como, 28 febbraio 2008 - ''Siamo stati a Como da Mc Donald's'': durante le sue dichiarazioni spontanee Olindo Romano, imputato con la moglie Rosa Bazzi per la strage di Erba e' tornato alla versione, resa prima del suo fermo, per protestare la sua innocenza nel corso dell'udienza di oggi nel processo davanti ai giudici della Corte d'assise di Como.

 

Nella strage, l'11 dicembre del 2006, morirono quattro persone tra cui un bambino di poco piu' di due anni. ''Quando arrivai c'era folla - ha detto Olindo - poi ho viso il signor Castagna, era un uomo distrutto. Abbiamo incrociato lo sguardo, mi vennero in mente le liti, le banalita', perche' lo insultavo''. Poi un vicino, che era stato nell'appartamento gli disse che ''era peggio di un film dell'orrore''.

 

"Noi non abbiamo ucciso nessuno. Ma stiamo scherzando?". Sono queste le parole pronunciate da Olindo Romano, imputato per la strage di Erba insieme alla moglie Rosa Bazzi, durante delle dichiarazioni spontanee di fronte alla Corte d'assise di Como. Come aveva fatto in una precedente udienza l'imputato ha ricordato l'interrogatorio in carcere del 10 gennaio 2007 durante il quale confessò di aver commesso la strage. "Di fronte alla prospettiva di non vedere più mia moglie per tutta la vita preferivo passare cinque anni in carcere e dissi al carabinieri di chiamare i magistrati perché avrei confessato, ma cosa confessavo?", ha detto Romano con la voce rotta. "Noi non abbiamo mica ucciso nessuno. Ma stiamo scherzando? In quel momento pensai: 'qui dobbiamo inventarci qualcosa'".

 

Olindo Romano, imputato insieme alla moglie Rosa Bazzi per la strage di Erba dell'11 dicembre 2006, ha detto di essere stato trattato "come una bestia" nel periodo successivo alla sua confessione del 10 gennaio 2007. La successiva ritrattazione, nel mese di maggio, secondo l'imputato, gli ha però permesso di riprendere la sua "dignità". "Gli agenti, non tutti - ha detto Romano durante le sue dichiarazioni spontanee di fronte alla Corte d'assise di Como - ci trattavano come una bestia. Noi così siamo andati avanti in un calvario fino al mese di maggio convinti che questo fosse il minore dei mali".

 

"Però, per nostra fortuna - ha aggiunto piangendo l'imputato - tra padre Giovanni, la psicologa e l'educatrice c'erano tre persone, le uniche, che quando venivano da noi non ci trattavano come bestie. Tramite loro tre siamo riusciti a cambiare l'avvocato, non capiva niente neanche lui". "Grazie alla psicologa - ha concluso sempre tra le lacrime Olindo - ho trovato fiducia in me stesso. E' stato solo allora che ci hanno aiutati. Da maggio, quando abbiamo cambiato gli avvocati, abbiamo proseguito fino a ottobre quando ho dichiarato la mia innocenza e ho ripreso la mia dignità che mi avevano tolto, che io stesso mi ero tolto. Abbiamo deciso di lottare per la mia libertà. Poi basta, quello che viene, viene".