{{IMG_SX}}Venezia, 17 marzo 2008 - Il pool interforze che indaga contro Unabomber è stato sciolto: lo si è appreso dalla Procura di Venezia. Secondo quanto emerso un decreto del Ministero dell'Interno avrebbe sancito già un paio di settimane fa la chiusura del gruppo interforze di polziotti che indagavano sui sanguinosi attentati ad opera del bombarolo del Nordest. Già in estate era stato ridotto l'organico di uomini delle forze dell'ordine e adesso tutta la struttura è stata dismessa dalla sede dell'aula bunker di Mestre (Venezia), ove si riunivano i poliziotti e i Carabinieri coinvolti nella caccia al dinamitardo.

 

Tutti i faldoni relativi all'inchiesta su Unabomber, come detto anche dal Procuratore Capo di Venezia, Vittorio Borraccetti, sono stati da tempo trasferiti a Trieste, unica procura che si occupa dell'inchiesta.

 

Sempre oggi si è appreso che sono state chiuse le indagini inerenti la questione del lamierino manomesso, ex prova principe del caso, che avrebbe dovuto collegare agli attentati Elvo Zornitta, l'ingegnere di Azzano Decimo (Pordenone) sospettato di essere il bombarolo.

 

ZORNITTA

"Se nel frattempo non gli è successo qualcosa, il maniaco tornerà a colpire". Così dice di Unabomber, Elvo Zornitta, l'ingegnere di Azzano Decimo (Pordenone) unico indagato nell'inchiesta sul famoso bombarolo che colpisce nel Nord-Est. Zornitta commenta la chiusura ufficiale del pool interforze che indagava su Unabomber, ha detto che si tratta "purtroppo di un insuccesso per tutti noi, nel senso che quello che è stato acquisito potrà servire, ma non ha portato ai risultati sperati", cioè all'individuazione e all'arresto del terrorista. "Per tutte le persone che abitano in questa zona -ha aggiunto l'ingegnere- rimane un grosso problema. Sarebbe troppo ottimista pensare che sia finito tutto".

 

Secondo l'ingegnere, sarebbe strano che dopo aver colpito per 14-15 anni, Unabomber non si facesse più vivo. "Quando c'era qualcuno sotto torchio -così Zornitta ha spiegato la mancanza di attentati di quest'ultimo periodo- il maniaco si è sempre eclissato dalla cronaca. Capire qualcosa di questa persona è difficile". L'ingegnere spera che gli psichiatri che hanno delineato un profilo del maniaco riescano ad inquadrarlo meglio, ma, ha proseguito, "in più di 10 anni non è stata compresa la personalità di questo maniaco".

 

Zornitta ha ribadito che l'avere "la coscienza a posto mi ha sempre fatto sentire fuori. Guardavo le cose pensano: non mi riguarda. Adesso sono più sereno e posso godermi di più mia figlia di 11 anni, che per ovvi motivi ho trascurato in questo periodo".

 

Sulla chiusura a Venezia delle indagini inerenti la manomissione del lamierino, Zornitta ha detto che la vicenda "per quanto mi riguarda era già conclusa", riferendosi alla scoperta da parte dei suoi periti che su quel pezzetto di ordigno inesploso trovato nella chiesa di Sant'Agnese a Portogruaro (Venezia), "era chiaro che ci fosse stato l'intervento di qualcuno". Zornitta, che rimane indagato dalla Procura di Trieste, confida che l'archiviazione della sua posizione "arrivi quanto prima. I miei legali -ha spiegato- dicono che avrebbe dovuto esserci già. Rimaniamo in attesa del giudizio dei giudici". Ma come vive la famiglia Zornitta questo lungo iter processuale? "Con senso di nausea -ha risposto l'ingegnere- cercando di non pensarci".