{{IMG_SX}}Firenze, 21 maggio 2008 - Il gup di Firenze Silvio De Luca ha assolto "perchè il fatto non sussiste" l'ex farmacista di San Casciano (Fi) Francesco Calamandrei, accusato di essere il mandante degli ultimi quattro duplici delitti compiuti dal mostro di Firenze, quelli eseguiti tra il 1982 e il 1985. Calamandrei, assistito dagli avvocati Gabriele e Nicola Zanobini, era accusato di associazione a delinquere e concorso in omicidio.

 

Secondo l'accusa avrebbe pagato per avere i feticci asportati dai corpi delle vittime del mostro. Alla lettura della sentenza la figlia Francesca, presente in aula, e altri familiari sono scoppiati a piangere dalla gioia per l'assoluzione.

 

I PRIMI COMMENTI

 

"Ho subito, sono stati tartassato per venti anni senza aver fatto nulla. Come potrò mai essere risarcito?".
Lo ha detto, conversando con i giornalisti, subito dopo la lettura della sentenza di assoluzione, l'ex farmacista Francesco Calamandrei, che era accusato di essere il mandante di quattro duplici delitti degli otto commessi dal mostro di Firenze.

 

Poco prima della lettura della sentenza Calamandrei si era detto ottimista. "Credo che sarò assolto -aveva pronosticato conversando con la stampa - L'avvocato Zanobini (il suo legale, ndr) è riuscito a smontare con prove, carte e dati di fatto una costruzione accusatoria basata sul sentito dire, su nulla di concreto".

 

"Una sentenza di assoluzione non mi restituisce nulla -ha poi detto Calamandrei - La mia prima perquisizione risale al 1988. Ho passato tanti momenti dolorosi. Nel dolore c'è un limite oltre il quale non si può andare, io questo limite l'ho superato". L'ex farmacista ha dedicato la sua assoluzione "a mio figlio Marco (morto lo scorso 4 marzo a 34 anni, ndr), a mia figlia Francesca e all'avvocato Zanobini".

 

LA STORIA DEL MOSTRO DI FIRENZE

 

Francesco Calamandrei, 66 anni, ex farmacista di San Casciano Val di Pesa (Fi) era entrato nell'inchiesta 'ter' sul mostro di Firenze nel 2004. Era accusato di essere il mandante degli ultimi quattro duplici delitti del maniaco delle coppiette, quelli compiuti tra il 1982 e il 1985. Nel gennaio di quattro anni fa, Calamandrei venne perquisito ed entrò come indagato nell'inchiesta, anche se già in precedenza il suo nome era stato portato all'attenzione degli inquirenti, per le rivelazioni della sua ex moglie e principale accusatrice, Mariella Ciulli. La prima perquisizione legata al suo nome risale al 1988. Secondo l'ex moglie, la notte dell'ultimo delitto del mostro di Firenze, Francesco Calamandrei presentava ferite al volto e agli arti.

 

Mentre il giorno del primo delitto del maniaco, quello del 1968, sarebbe stato a bordo di una Fiat Cinquecento con la futura moglie nei pressi del luogo del duplice assassinio, a Castelletti di Signa. La Ciulli, più tardi interdetta sulla base di perizie psichiatriche, aveva raccontato ai carabinieri che l'ex marito possedeva anche due pistole, fra le quali la Beretta calibro 22: se ne sarebbe sbarazzato gettandole in mare, a Punta Ala, dopo l'ultimo duplice omicidio.

 

Fu Giancarlo Lotti, il pentito dell'inchiesta sul mostro di Firenze, il primo a parlare dell'esistenza di "qualcuno che per soldi commissionava i duplici delitti". Lotti, condannato insieme al postino di San Casciano Mario Vanni come complice di Pietro Pacciani in cinque duplici delitti attribuiti al maniaco, morì in carcere nel 2002. A Calamandrei veniva anche contestato di essere stato presente agli Scopeti, per il delitto del 1985: fu sempre Lotti a raccontare che in occasione di quell'omicidio era presente anche l'auto del presunto dottore.

 

In un altro incidente probatorio Mario Vanni spiegò invece di conoscere l'ex farmacista, dicendo che andavano a cena insieme e che era stato a casa di Calamandrei con Pacciani e Lotti. Il 22 gennaio scorso i pm della Procura di Firenze Paolo Canessa e Alessandro Crini, al termine della requistoria, avevano chiesto la condanna all'ergastolo di Calamandrei, accusato di essere il mandante degli ultimi quattro duplici delitti del mostro.

 

Per l'accusa, nei duplici omicidi legati al maniaco delle coppiette c'era un secondo livello, oltre a quello dei 'compagni di merende' Pietro Pacciani, Mario Vanni e Giancarlo Lotti. Calamandrei, sempre secondo l'accusa, avrebbe fatto parte di questo secondo livello, cioè un gruppo di professionisti, tra cui un dermatologo, un ortopedico, un imprenditore, un orafo e il medico perugino Francesco Narducci (trovato cadavere nel 1985 nel lago Trasimeno, e la cui morte è oggetto di un'inchiesta della procura di Perugia collegata a quella sul mostro) che partecipavano a festini con le prostitute legate ai 'compagni di merende'.

 

Per i due pm fiorentini, l'ex farmacista di San Casciano avrebbe pagato per avere parti di corpo femminile asportate durante alcuni dei duplici omicidi e sarebbe stato proprio lui il legame fra i compagni di merende e i festini. Un'accusa, quest'ultima, contestata a più riprese dal difensore di Calamandrei, l'avvocato Gabriele Zanobini, sottolineando, "con prove documentali", che nel caso dei primi due omicidi per i quali Calamandrei era a giudizio, quello del 1982 a Montespertoli e quello del 1983 a Giogoli, "non ci furono escissioni" e questo è stato "il paradosso che ha buttato all'aria tutto il concentrato delle accuse".

 

A marzo, durante l'arringa difensiva, Zanobini portò in aula le perizie psichiatriche della ex moglie del Calamandrei, "che dicono che dal 1987 era già malata", per cui i racconti della donna sarebbero "tutto un delirio". Il 4 marzo, il figlio dell'ex farmacista, Marco Calamandrei, muore a 34 anni per overdose: il suo corpo viene trovato a Grosseto, riverso in terra.

 

I primi quattro omicidi del mostro delle coppiette avvengono in un lasso temporale abbastanza lungo: 13 anni. Il primo delitto è del 21 agosto 1968 (vittime Antonio Lo Bianco e Barbara Locci, 29 e 32 anni); il 15 settembre 1974 vengono ammazzati i giovanissimi Pasquale Gentilcore e Stefania Pettini, rispettivamente 19 e 18 anni; del 6 giugno 1981 è l'omicidio di Giovanni Foggi e Carmela Di Nuccio (30 e 21 anni, la ragazza è la prima a cui il maniaco asporta il pube); sempre nel 1981, il 23 ottobre, il mostro si accanisce su Stefano Baldi, di 26 anni, e Susanna Cambi di 24. Gli altri quattro delitti, quelli di cui Calamandrei è accusato di essere il mandante, si concentrano in tre anni, dal 1982 al 1985.

 

La notte del 19 giugno 1982, a Baccaiano di Montespertoli vengono uccisi Paolo Mainardi, meccanico di 22 anni, e Antonella Migliorini di 19, dipendente di una ditta di confezioni. I due giovani erano appartati a bordo di una piccola Seat 127, in uno slargo presente sulla strada Virginio Nuova. Vengono raggiunti da 9 colpi di pistola, ma il ragazzo muore solo il mattino seguente. In quest'occasione, il giudice Silvia Della Monica, sperando di indurre il mostro a scoprirsi, convocò in Procura i cronisti che si occupavano del caso e chiese loro di scrivere sui giornali che Paolo Mainardi, prima di morire, aveva rivelato importanti informazioni utili alla ricostruzione dell'identità dell'omicida.

 

Il 10 settembre 1983 a Giogoli di Scandicci, in un furgone fermo per la notte in uno spiazzo, vengono assassinati due turisti tedeschi, Jens-Uwe Rusch e Horst Wilhelm Meyer, entrambi di 24 anni, di Munster che al momento dell'aggressione si trovavano a bordo del loro furgone Volkswagen Samba, con l'autoradio accesa. I ragazzi vengono raggiunti e uccisi da sette proiettili sparati con estrema precisione attraverso la carrozzeria del furgone, anche se saranno repertati solo 4 bossoli Winchester. Le vittime del penultimo delitto del Mostro di Firenze sono Claudio Stefanacci, studente universitario di 21 anni e Pia Rontini di 18 anni, da poco tempo impiegata come barista presso il bar della stazione di Vicchio nel Mugello.

 

Il 29 luglio 1984 l'auto dei due è parcheggiata in fondo ad una strada sterrata. Quando vengono aggrediti i due ragazzi sono seminudi, sul sedile posteriore della Fiat Panda di proprietà del ragazzo. L'omicida spara attraverso il vetro della portiera destra, colpendo Pia in pieno volto e uccidendola sul colpo. Viene colpito alla testa anche il fidanzato. In seguito l'assassino inferisce con diverse coltellate sui corpi dei due ragazzi, colpendo due volte alla gola Pia e una decina di volte Claudio. Pia viene trascinata, già morta, fuori dalla vettura, in un vicino campo di erba medica, dove le vengono asportati il pube e il seno sinistro.

 

L'ultimo duplice delitto, quello dell'8 settembre 1985, avviene nella campagna di San Casciano Val di Pesa in frazione Scopeti, all'interno di una piazzola attorniata da cipressi, in cui erano solite appartarsi le giovani coppie. Le vittime sono due giovani francesi, Jean-Michel Kraveichvili, musicista venticinquenne, e la trentaseienne Nadine Mauriot, commerciante, madre di due bambine piccole, recentemente separata dal marito, entrambi provenienti da Audincourt. Le vittime sono accampate in una piccola tenda canadese a poca distanza dalla strada.

 

Il mostro, dopo aver reciso con un coltello il telo esterno della tenda, sulla parte posteriore, si sposta verso l'ingresso della tenda e spara. Nadine muore all'istante, il giovane Jean-Michel, ferito non mortalmente, riesce a fuggire attraverso il bosco ma viene raggiunto dall'omicida, che lo finisce a coltellate e poi ne occulta il corpo cercando di nasconderlo in una pila di rifiuti poco distante dalla tenda.

 

Nelle indagini sul mostro, a seguito di una segnalazione, entra il contadino di Mercatale Val di Pesa Pietro Pacciani, che il 17 gennaio 1993 viene arrestato con l'accusa di essere l'omicida delle otto coppie di giovani. Il 1 novembre 1994 inizia il processo che si conclude con la condanna dell'imputato a quattordici ergastoli da parte del tribunale di Firenze. Il 13 febbraio 1996 Pacciani è assolto dalla corte d'appello per non aver commesso il fatto ma il 12 dicembre la corte di Cassazione annulla l'assoluzione e dispone un nuovo processo, che Pacciani non vedrà mai.

 

Il 22 febbraio 1998 Pacciani viene trovato morto nella sua abitazione di Mercatale con i pantaloni abbassati. Un esame tossicologico rivela nel sangue tracce di un farmaco antiasmatico fortemente controindicato per lui, affetto da una malattia cardiaca. Le circostanze sospette della morte provocano ulteriori ombre sulla vicenda che sembrava essere giunta ad una conclusione.

 

I 'compagni di merende' Mario Vanni e Giancarlo Lotti vengono condannati il 24 marzo 1998. Giancarlo Lotti, detto Katanga per i suoi modi non proprio eleganti, muore a 62 anni nel 2002. Stava scontando una pena di 26 anni. Fu il grande accusatore di Pacciani: confessò di aver sparato ai tedeschi nel delitto di Giogoli. Vanni (detto Torsolo), che come Pacciani si è sempre proclamato innocente, è l'unico del gruppo ancora in vita. Fu condannato all'ergastolo; la condanna è stata resa definitiva nel 2000 dalla Corte di Cassazione.

 

Ai 16 omicidi del mostro ne vanno poi aggiunti altri cinque che non hanno avuto nè una spiegazione, nè un colpevole. Tutti ruotavano intorno a Pacciani e ai compagni di merende. Renato Malatesta, marito dell'amante di Pacciani, viene trovato impiccato nel 1980. Anche in quest'occasione il caso venne frettolosamente archiviato come suicidio, ma adesso il cadavere è stato riesumato e l'inchiesta è stata riaperta come omicidio. Sua figlia Milva e il figlio Mirko di tre anni nell'agosto 1993 vengono uccisi e poi gettati in un dirupo.

 

Pochi giorni prima il sardo Francesco Vinci, uno dei primi indagati nell'inchiesta sul Mostro, e il suo servo pastore Angelo Vargiu furono trovati carbonizzati nel baule di un'auto. Francesco Vinci era stato l'amante di Milva Malatesta, la donna che partecipava anche ai festini di Pacciani.