Roma, 16 giugno 2010 - Diciassette anni di reclusione, invece dei quindici chiesti dal pm Antonella Nespola, per il 34enne Luca Bianchini, ragioniere nonchè ex segretario di un circolo del Pd: i giudici della settima sezione penale del tribunale di Roma (presidente Aldo Scivicco) lo hanno ritenuto colpevole delle violenze sessuali compiute su tre donne, tra la primavera e l’estate del 2009, nei quartieri Bufalotta e Tor Carbone.

 

Bianchini, cui il tribunale ha negato anche le attenuanti generiche, era in aula al momento della sentenza, ma non ha fatto alcun commento. L’imputato, che prima di essere portato via dagli agenti della penitenziaria è stato salutato con affetto dal suo amico e avvocato Giorgio Olmi che lo ha difeso assieme al collega Bruno Andreozzi, dovrà versare una provvisionale immediatamente esecutiva di 60mila euro al Comune di Roma e di 150mila euro per ciascuna delle donne violentate. In udienza era presente anche il capo della squadra mobile Vittorio Rizzi che ha seguito le ultime battute del processo accanto al pm Nespola.


Bianchini si è sempre dichiarato innocente anche se, come aveva ricordato il rappresentante della pubblica accusa in sede di requisitoria, era stato inchiodato dalla prova del dna e dal riconoscimento fatto (anche in udienza) dalle sue vittime. Per l’accusa, "era un ragazzo ossessionato dal sesso che sognava di fare l’amore con donne più grandi di lui: un pensiero che forse lo angosciava anche". Nessun dubbio per il pm che fosse Bianchini "lo stupratore seriale che agiva nei garage condominiali della perferia romana con ‘mephisto' per travisarsi, usando fascette e nastro adesivo per bloccare e violentare le donne che poi minacciava di morte".


Bianchini fu arrestato il 10 luglio del 2009 (è ancora detenuto in carcere) quando la polizia ebbe la certezza che il dna, rilevato dalla tracce organiche che avevano macchiato gli abiti delle vittime, era perfettamente compatibile con il suo.


A pesare sull’imputato anche un precedente che risale al ‘96 quando aveva quasi 20 anni: quella volta Bianchini cercò di violentare una vicina di casa intrufolandosi con una scusa nel suo appartamento. La reazione della donna e quella del figlio di dieci anni che si aggrappò con tutta la forza ai capelli di Bianchini evitarono il peggio. Dal gip l’uomo fu scagionato perchè ritenuto incapace di intendere e di volere.

 

 

LE VITTIME


Teresa Manente, difensore di parte civile per conto di due delle tre vittime degli stupri attribuiti a Luca Bianchini, commenta con soddisfazione la condanna a 17 anni di reclusione: "È una sentenza che riconosce la gravità della violenza sessuale quale delitto che annienta la persona, la sua integrità psicofisica. Un delitto contro la persona - prosegue la penalista che fa parte dell’ufficio legale di Differenza Donna - che per gravità è inferiore solo all’omicidio".

 


LA DIFESA DI BIANCHINI


L’avvocato Bruno Andreozzi, uno dei difensori di Luca Bianchini, promette battaglia in appello: "La sentenza di oggi è particolarmente pesante che è andata oltre le stesse richieste del pm per quanto riguarda la pena. Il collegio - prosegue il penalista - non ha ritenuto di riflettre su tutte le obiezioni, le sollecitazioni e i suggerimenti avanzati da questa difesa. Leggeremo le motivazioni (che saranno depositate fra 90 giorni, ndr) e faremo ricorso in appello. Debbo dire che i motivi di appello sicuramente verteranno su tante di quelle cose che avevamo prospettato e che pretendevano una risposta che con la sentenza non c’è stata". Il riferimento dell’avvocato Andreozzi è alla richiesta (respinta) di perizia psichiatrica, alla mancata ripetizione dell’esame del dna, ai mancati accertamenti sui tabulati telefonici con confronto tra l’orario e il luogo delle chiamate fatte da Bianchini e il luogo in cui sono avvenute le aggressioni. "Bianchini non ha detto una parola - conclude Andreozzi - quando il tribunale ha letto la sentenza. Lo andremo a trovare in carcere nei prossimi giorni".