Palermo, 1 luglio 2010 - Il dna familiare del capo di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro, è stato isolato dal gabinetto di polizia scientifica di Roma, che ha comunicato e messo a disposizione i risultati del proprio lavoro, durato alcuni mesi, alla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, che con i pm Teresa Principato, Paolo Guido e Marzia Sabella coordina le ricerche del 48 enne capomafia di Castelvetrano (Trapani).

 

Il codice genetico dell’ultimo superlatitante di mafia, inafferrabile da 17 anni e considerato l’artefice della strategia stragista del ‘93 a Roma, Firenze e Milano, è stato individuato attraverso l’analisi di reperti riconducibili ai consanguinei: abiti, pettini, spazzolini da denti hanno consentito di estrarre elementi utili per la comparazione e l’individuazione dei tratti comuni ai fratelli del latitante e dunque anche allo stesso Matteo.

 

Il dna potrà servire, nel caso in cui dovesse essere fermato un sospetto, come elemento di identificazione certo, ed è l’unico a disposizione degli inquirenti, perché le impronte digitali di Messina Denaro, che si diede alla latitanza quando era ancora incensurato e che non è mai stato in carcere, non esistono negli archivi delle forze dell’ordine.

 

Gli investigatori della Squadra Mobile di Trapani, che assieme allo Sco e al Ros danno la caccia al capomafia, hanno cercato di recuperarle negli archivi del distretto militare di Palermo in cui, diciottenne, Matteo Messina Denaro aveva passato la visita di leva, nel 1980: ma i dati vengono distrutti dopo dieci anni.

 

Secondo chi indaga, il superlatitante potrebbe avere modificato il proprio aspetto: non esistono sue foto recenti e quelle ritoccate al computer, sulla base di testimonianze di 'pentiti' ormai datate, non vengono considerate affidabili. Tra l’altro, nel caso di altri latitanti, come Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo, queste ricostruzioni non sono mai risultate fedeli. I dubbi sull’eventuale identificazione di un personaggio sospetto potrebbero dunque sorgere.

 

Nei giorni scorsi, a Marsiglia, è stato catturato dalla polizia il latitante di Agrigento Giuseppe Falsone, reso irriconoscibile da un’operazione di chirurgia plastica con cui si è ritoccato il volto. Il boss non ha ammesso di essere il ricercato numero due della mafia siciliana e la sua identificazione è stata resa possibile da una perizia calligrafica e dall’esame delle impronte digitali.

 

Ma anche nel caso della grafia il guardingo e diffidente Messina Denaro, per scrivere le sue lettere, usa 'amanuensi' e segretari che gli ricopiano le lettere a mano o al computer.