Roma, 13 luglio 2010 - C'è anche Domenico Oppedisano, 80 anni, considerato dagli investigatori l’attuale numero uno delle cosche calabresi, tra i  circa 300 arrestati nella maxi operazione contro l' 'ndrangheta. La sua nomina a ‘capocrimine’ - cioe’ colui che e’ al vertice dell’organismo che comanda su tutte le ‘ndrine ed e’ denominato ‘Provincia’ - sarebbe stata decisa il 19 agosto del 2009 nel corso del matrimonio tra Elisa Pelle e Giuseppe Barbaro, entrambi figli di boss.

L’operazione avviata all’alba di questa mattina tra la Calabria, la Liguria, la Lombardia e il Piemonte è probabilmente la più importante finora compiuta dalle forze dell’ordine contro la ‘Ndrangheta. Centinaia le persone indagate. Al Nord sono interessate le provincie di Genova, Torino, Cuneo, Asti e, nella sola Lombardia, gli uomini dell’Arma di Monza e del Ros si sono mossi tra Monza, Lecco, Como, Pavia e Milano. 

Secondo gli investigatori l’indagine ha messo in evidenza una direzione strategica nella città di Reggio Calabria, cui farebbero capo i «mandamenti» della ‘ndrangheta della provincia e quelli del nord Italia e dell’estero, dalle Americhe all’Australia. In pratica è stato colpito lo schema organizzativo della mafia calabrese, mutuato dalla mafia siciliana. Centoventi i fermi disposti dalla Dda di Reggio Calabria; 180 gli arresti disposti dalla magistratura di Milano. Nella rete degli investigatori sarebbero finiti tutti i capi dei clan del reggino. In manette oltre ai vertici delle cosche calabresi, anche 4 carabinieri, un direttore della ASl di Pavia, Carlo Antonio Chiriaco.  La Regione Lombardia ha fatto sapere che Chiriaco è stato immediatamente sospeso: "Il direttore sanitario della Asl di Pavia - comunica la Regione - arrestato stamattina per fatti non connessi all’Asl, è stato immediatamente sospeso dall’incarico".

Secondo i magistrati di Reggio Calabria e di Milano la ‘ndrangheta, dopo un lento processo evolutivo, già delineato da alcuni collaboratori di giustizia nei primi anni ‘90, ha raggiunto una nuova configurazione organizzativa, in grado di coordinare le iniziative criminali delle singole articolazioni, soprattutto nei settori del narcotraffico internazionale e dell’infiltrazione negli appalti pubblici. È stato documentato tecnicamente come le cosche della provincia di Reggio Calabria costituiscano il centro propulsore delle iniziative dell’intera organizzazione mafiosa, nonchè il punto di riferimento di tutte le proiezioni extraregionali, nazionali ed estere.
 

Le persone finite in manette, in esecuzioni di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, in Lombardia sarebbero circa 160, e tra loro ci sarebbero diversi imprenditori che, a vario titolo, sarebbero coinvolti nella pesante infiltrazione messa in atto da anni dalle cosche reggine e joniche nei loro territori. Per riuscire ad eseguire tutti gli arresti, nelle province lombarde sono stati coinvolti praticamente tutti i militari dei diversi Comandi e Compagnie dell’Arma.
 

Oltre agli arresti e alle perquisizioni, carabinieri e polizia avrebbero posto sotto sequestro beni mobili e immobili del valore complessivo di decine di milioni di euro. Pur non nascondendo una certa soddisfazione, gli investigatori mantengono ancora il massimo riserbo per non compromettere gli ultimi passaggi del blitz e chiudere il cerchio degli arresti. Poche le persone che sarebbero, al momento, riuscite a sfuggire al blitz.
 

L’operazione di oggi richiama alla memoria i maxi blitz contro le cosche effettuati negli anni Novanta e che avevano spesso come punto di partenza le rivelazioni dei collaboratori di giustizia.
Quella odierna invece sembra essere frutto del solo lavoro di indagine coordinato dalle diverse Direzioni distrettuali antimafia. Le indagini sarebbero partite dall’omicidio di Carmelo Novella, detto compare Nuzzo, nominato capo di questo organismo, ma fatto uccidere, il 14 luglio del 2008 in un bar di San Vittore Olona, dai calabresi per le sue tendenze giudicate eccessivamente autonomiste

 

I COMPLIMENTI DI MARONI - “Si tratta in assoluto della più importante operazione contro la ‘ndrangheta degli ultimi anni, che oggi viene colpita al cuore del suo sistema criminale sia sotto l’aspetto organizzativo che quello patrimoniale”. Così, in una nota, il ministro dell’Interno si è congratulato con il capo della polizia - direttore generale della Pubblica Sicurezza Antonio Manganelli, e con il comandante generale dell’arma dei carabinieri, Leonardo Gallitelli.

“Gli eccellenti risultati conseguiti in questi ultimi mesi contro la mafia - ha aggiunto Maroni - sono il frutto di una costante ed efficace opera di coordinamento tra le Forze di polizia e la magistratura, tutte impegnate in modo straordinario nell’azione di contrasto alla criminalità organizzata”.