Roma, 3 settembre 2010 - Solo una mobilitazione internazionale continua può salvare Sakineh Mohammadi Ashtian, la donna iraniana di 43 anni, accusata di adulterio e di complicità nell’omicidio del marito e condannata alla lapidazione. Lo afferma il figlio della donna, Sajjad, 22 anni, intervistato dal filosofo francese Bernard-Henri Lévy.

"Vi prego, non mollate. Siete voi, ancora una volta che tenete le nostre mani. Se voi non ci foste, mia madre sarebbe già morta”, afferma il giovane.
La condanna a morte di Sakineh per lapidazione ha provocato una vasta campagna internazionale (FOTO) per evitare questa punizione che è stata provvisoriamente sospesa. Ma “sospesa non vuole dire annullata”, sottolinea Sajjad.
 

Il figlio di Sakineh parla di condizioni di detenzione “molto dure” della madre nel carcere di Tabriz (ovest dell’Iran), dove “viene sottoposta a incessanti interrogatori da parte degli inquirenti iraniani”. L’accusa di complicità nell’omicidio “è una pura menzogna”, ribadisce Sajjad. “Mia madre non ha fatto niente, niente, rischia la lapidazione. Intanto il vero assassino” di mio padre “è libero”.

 

L'APPELLO DELLE MINISTRE - "Siamo tutte Sakineh, gli integralisti di Teheran non ci fanno paura". L’appello è stato lanciato da Mara Carfagna, Mariastella Gelmini, Giorgia Meloni e Stefania Prestigiacomo. Dalle pagine del settimanale ‘"a" le ministre del governo Berlusconi (all’appello manca solo Maria Vittoria Brambilla) si mobilitano per sostenere la causa della 43enne iraniana condannata alla lapidazione per adulterio e complicità nell’omicidio del marito.
 

"Non ho nessuna paura a schierarmi. A gridare il mio sdegno. Le farneticazioni di un giornale estremista come Kayhan, le sue minacce di morte a Carla Bruni non la fermeranno e non ci fermeranno", ha commentato la Prestigiacomo. "Quello che succede nel mondo islamico radicale è inaccettabile e assurdo - le ha fatto eco la Gelmini -. Basta donne umiliate, basta diritti calpestati. E basta minacce: noi non abbiamo paura".

 "Delle posizioni politiche di Carla Bruni ho sempre condiviso poco, per non dire nulla - ha precisato la Carfagna -. Oggi, però, battendoci per la libertà di Sakineh, ci troviamo unite sotto una bandiera libera da qualunque ideologia, che ha come unico colore quello del rispetto della vita e delle donne. È per questo che oggi, per un giorno, siamo tutte Sakineh, siamo tutte Carla Bruni. Perchè ogni donna, in qualunque Paese, se minacciata di morte in nome di un arcaico integralismo, deve sapere che non è sola".


Nel coro, il piccolo distinguo di Giorgia Meloni: "Solidarietà politica e umana forte, assoluta. Anche se Carla Bruni non mi piace. Perchè è un’italiana che si vergogna di essere italiana mentre io sono un’italiana fiera di essere italiana".

  

Intanto anche il premio Nobel Rita Levi Montalcini hafirmato l’appello di AKI-Adnkronos International per salvare Sakineh. Alla scienziata e senatrice a vita è piaciuto molto lo slogan ‘Fiori e non pietre!’ scelto da AKI per una mobilitazione internazionale finalizzata a fermare la condanna a morte di Sakineh, 43enne e madre di due figli, la cui storia sta scuotendo l’intero pianeta.