Palermo, 14 settembre 2010 - Si dice "arrabbiato" e "molto sorpreso", Gaspare Marrone, il capitano del motopesca mazarese "Ariete", due giorni fa crivellato da numerosi colpi mitra esplosi da una motovedetta libica. Ha ancora in testa le scene di quella domenica di follia e paura e non gli vanno giù le parole del ministro dell’Interno Roberto Maroni: "Non so perché il ministro dica queste cose, ma tutto si può affermare tranne che sia stato un incidente. Nè è possibile sostenere che ci abbiano scambiati per immigrati, per clandestini. Come possono farlo? Era evidente chi fossimo: dei pescatori italiani. Glielo avevo detto prima dell’attacco. Erano dunque informati. Eppure quelli ci hanno sparato ad altezza d’uomo, hanno sparato per colpirci e potevano ucciderci. Lo ripeto: siamo vivi per puro miracolo. Come era possibile cadere nell’equivoco? Questa storia non sta in piedi".

Poi il comandante se la prende con i finanzieri italiani che, come è stato confermato ufficialmente, erano a bordo della motovedetta: "Se avessimo saputo che c’erano militari italiani ci saremmo fermati, senza tentare la fuga per evitare il sequestro e l’arresto. Invece, la voce che mi ha risposto in perfetto italiano, in quanto evidentemente apparteneva a un italiano, ha negato di esserlo, affermando di essere un libico. Bisogna fare presto chiarezza su tutto questo e dire la verità fino in fondo".

 

IN ACQUE INTERNAZIONALI - Il motopeschereccio ‘Ariete’ si trovava in acque internazionali quando e’ stato mitragliato dai militari libici. lo confermano i dati del sistema Gps ‘Blue box’ - una sorta di rilevatore Gps che ogni peschereccio al di sopra di una certa stazza deve avere installato a bordo e che consente alle autorita’ italiane di seguire costantemente le imbarcazioni del nostro paese e sapere esattamente in che posizione si trovano. Il sistema diceo infatti che l’ ‘Ariete’ era a 30 miglia a nord di Zuwarah, una cittadina sulla costa libica non troppo lontana dalla Tunisia. I dati saranno acquisiti dai magistrati di Agrigento, che hanno aperto un fascicolo per omicidio colposo plurimo.

Considerato che il diritto internazionale stabilisce che le acque territoriali finiscono ad un massimo di 12 miglia dalla costa di uno stato, l’Ariete si trovava 18 miglia fuori dalle acque territoriali libiche, nonostante Gheddafi rivendici la giurisdizione anche su quel tratto di mare.

 

L'ARMATORE: CI PRENDONO TUTTI A SCHIAFFI - “Oltre alle autostrade e a tutto quello che e’ stato promesso dal nostro governo, servirebbe un accordo fra Italia e Libia sulla pesca”. Ai microfoni di CNRmedia Giuseppe Asaro, l’armatore del peschereccio “Ariete”, non usa mezzi termini: “Ci dicano dove dobbiamo andare a pescare, altrimenti tanto vale demolire i nostri pescherecci e non se ne parla piu’. Le cose non sono chiare, non sappiamo cosa fare e che cosa non fare, ci prendono tutti a schiaffi in faccia”.

Asaro ripercorre i momenti dell’assalto: “La barca si trovava in pesca a 30 miglia dalle coste libiche, è sopraggiunta la motovedetta libica, hanno intimato di andare con loro ma, venuto a conoscenza della nazionalita’ di appartenenza della motovedetta, il capitano Marrone si e’ rifiutato perche’ la naturale conseguenza del fermo sarebbe stata l’arresto e una prigionia nel loro paese sarebbe stata più dura. Hanno iniziato a sparare raffiche di mitra e il comandante si e’ messo in navigazione raggiungendo Lampedusa".

 

TENTATO OMICIDIO PLURIMO - La Procura della Repubblica di Agrigento ha aperto un’inchiesta ipotizzando anche il reato di tentato omicidio plurimo aggravato a carico di ignoti. Ieri la procura aveva disposto accertamenti - che sono stati delegati al Ris dei carabinieri - sui fori di entrata dei proiettili per verificare se i militari libici abbiano sparato ad altezza d’uomo. L’inchiesta a carico di ignoti ipotizza pure il reato di danneggiamento di natante come previsto dal Codice della navigazione. L’indagine è coordinata dal procuratore Renato Di Natale dall’aggiunto Ignazio Fonzo e dal sostituto procuratore della Repubblica Luca Sciarretta. La Procura ha disposto il sequestro del peschereccio sul quale verranno effettuati rilievi da parte del Ris dei carabinieri sia sui fori di entrata dei proiettili sia sui dispositivi Gps a bordo del peschereccio, al fine di verificare l’esatta posizione al momento dell’incidente dell’imbarcazione italiana.

 

LA DENUNCIA DEL COMANDANTE - È tutto scritto sulla denuncia che il comandante dell’"Ariete" Gaspare Marrone, così come previsto dal Codice della navigazione, ha presentato all’Ufficio circondariale marittimo di Lampedusa ieri mattina, quando il mezzo, sfuggito ai colpi di mittaglia libici, è giunto nell’isola. Racconta quelle concitate cinque ore, dalle 18 alle 23, da quando cioè il motopesca italiano è stato avvicinato dalla motovedetta libica e fino a quando l’inseguimento è terminato. In mezzo almeno quattro raffiche di mitra e trenta fori sulla fiancata sinistra del natante italiano.

"Alle ore 18 del 12 settembre - racconta Gaspare Marrone - eravamo in attività di pesca a circa 35 miglia dalla costa libica quando siamo stati avvicinati da una motovedetta che contemporaneamente mi contattava via Vhf cul canale 16 e, in lingua italiana, mi intimava l’alt e di arrestare le macchine. Chiedevo la loro nazionalità e mi veniva risposto sempre in lingua italiana: "la motovedetta è di nazionalità libica, ferma le macchine altrimenti questi ti sparano addosso". Alle 18.10 mentre proseguivo sempre con rotta verso Nord Est e velocità 11 nodi la motovedetta libica apriva il fuoco colpendo ripetutamente il motopesca. Dopo la prima raffica cambiavo rotta, anche per evitare la collisione con la motovedetta che si avvicinava al mio motopesca.

Successivamente la motovedetta sparava altre raffiche, a intervalli di circa un’ora, ed io continuavo a cambiare più volte la rotta del mio motopesca per evitare la collisione con loro. Tutto ciò proseguiva fino alle ore 21 circa. Quindi ricevevamo in tutto quattro raffiche. Alle ore 21 subivamo l’ultima raffica dopo di che riprendevamo la nostra navigazione in direzione nord. Dalle ore 21 alle 23 proseguivamo la nostra rotta con a seguito la motovedetta libica che ci scortava a distanza di circa mezzo miglio. Alle 23 la motovedetta libica desisteva dall’inseguimento e potevamo così proseguire la nostra navigazione verso Lampedusa dove siamo giunti intorno alle 7.40 del 13 settembre". Il personale dell’Ufficio circondariale marittimo di Lampedusa hanno subito visionato le condizioni del motopesca riscontrando la presenza di circa trenta fori, tutti nella fiancata sinistra.


MARONI: "LA LIBIA SI E' SCUSATA" - "La Libia si è scusata per quello che è successo", ha detto stamane il ministro dell’Interno Roberto Maroni. "Evidentemente - spiega Maroni - c’è stato un errore di interpretazione, posso immaginare che abbiano scambiato il peschereccio, come avviene ogni tanto, per una barca che non fermandosi all’alt immaginavano potesse avere a bordo dei clandestini o cose del genere. Posso solo immaginarlo perché non abbiamo ancora tutte le informazioni: ho aperto un’inchiesta per accertare quello che è avvenuto, appena avrò le informazioni saremo in grado di valutare e ovviamente di evitare che in futuro si ripetano episodi del genere".

"La motovedetta - ricorda il ministro - fa parte del gruppo di 6 consegnate alle autorità libiche sulla base di un accordo contro l’immigrazione clandestina stipulato dal mio predecessore, il ministro Amato, che ovviamente devono essere utilizzate per contrastare l’immigrazione clandestina: a bordo ci sono dei militari italiani che per un certo periodo di tempo limitato servono per dare assistenza tecnica e manovrare le motovedette, ma non hanno funzioni di equipaggio".


Si tratta di un "dispositivo in atto da un anno e mezzo circa", un dispositivo che "funziona e bene visto che gli sbarchi a Lampedusa sono cessati" ma "ovviamente quello che è successo ieri non è un fatto che doveva accadere".

Il rapporto dei militari italiani a bordo della motovedetta? "L’abbiamo ricevuto ieri - risponde il ministro - loro non sono stati coinvolti nelle operazioni ovviamente perchè sono, come detto, tecnici che si occupano della manutenzione, sono lì per addestrare i libici e non sono parte dell’equipaggio: oggi faremo una riunione al ministero per verificare esattamente quello che è avvenuto, siamo in contatto con le autorità libiche con cui c’è un’ottima collaborazione da tutti i punti di vista". "La mia opinione - ribadisce Maroni - è che si sia trattato di un incidente, grave ma appunto un incidente, studieremo le misure perchè in futuro ciò non accada più".


FRATTINI: "INCIDENTE GRAVE MA NON CAMBIANO I RAPPORTI"- L’attacco libico al peschereccio di Mazara Del Vallo è stato "un incidente grave" che però "nulla cambia nei rapporti" tra Italia e Libia. Lo ha detto il ministro degli Esteri Franco Frattini a margine di un incontro con il commissario Ue al Bilancio Jamaz Lewandowsky alla Farnesina.

 

LA CEI INSORGE - "Assistiamo a una vera e propria inerzia del governo italiano", è il commento del vescovo di Mazara del Vallo, mons. Domenico Mogavero, presidente del Consiglio Cei per gli Affari giuridici. "Quello che preoccupa molto - dice all’ANSA mons. Mogavero - è che non ci sia nessuna iniziativa politica che metta mano quanto meno ad affrontare la questione della competenza circa le acque del Mediterraneo".

"Noi siamo molto preoccupati - aggiunge - per la facilità con cui si mette mano alle armi e si attenta alla vita delle persone".

 

LA RUSSA: "E' STATO UN INCIDENTE"  -  "Le scuse dell'ambasciatore della Libia a Roma - ha detto il ministro della Difesa dalla caserma Gamorrà di Pisa dove è in visita per l'iniziativa 'Vivi le forze armate' - sono giunte a proposito e le ho apprezzate perché le motovedette hanno un uso specifico: il contrasto all'immigrazione clandestina". "Credo che ci sia stato un incidente, un errore da parte loro - è il commento del ministro - . Che questo non possa e non debba mai avvenire  è non solo il nostro auspicio ma è anche una cosa da precisare operativamente, come si sta predisponendo a fare il ministro Maroni, che ha avviato un'inchiesta per verificare cosa occorra fare perché non ci possano essere in futuro equivoci di questo genere". "L'attuale situazione  - ha aggiunto La Russa - già non consentirebbe di intervenire per usi diversi da quelli del contrasto all'immigrazione clandestina". Ed ha precisato: "La presenza dei finanzieri, che non dipendono dalle forze armate, era tecnica e non operativa".

 

ONU: "PREOCCUPANTI LE PAROLE DI MARONI"- Non si spara né ai pescherecci né ai barconi dei migranti. E' la posizione dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) rappresentato per il Sud Europa da Laurens Jolles. ''Sorprende e preoccupa la dichiarazione del ministro dell'Interno Maroni secondo cui è stato sparato al peschereccio italiano perché potrebbe essere stato scambiato per una barca di clandestini''. Dichiara il rappresentante Unchr Laurens Jolles, che prosegue:''Ci auguriamo fortemente che questo non significhi e non stia a significare che sparare sul peschereccio non è lecito mentre lo è sul barcone di migranti e rifugiati''.