Città del Vaticano, 22 ottobre 2010 - "Il Corano permette al musulmano di nascondere la verità al cristiano e di parlare e agire in contrasto con ciò che pensa e crede. Il Corano dà al musulmano il diritto di giudicare i cristiani e di ucciderli con la jihad (guerra santa). Ordina di imporre la religione con la forza, con la spada. Per questo i musulmani non riconoscono la libertà religiosa, nè per loro nè per gli altri. Non stupisce vedere tutti i paesi arabi e musulmani rifiutarsi di applicare integralmente i diritti umani sanciti dalle Nazioni Unite".

Questo duro atto di accusa è stato pronunciato nell’aula del Sinodo da mons. Raboula Antoine Beylouni, vescovo di Curia di Antiochia dei Siri (Libano). Nonostante queste difficoltà, ha però aggiunto mons. Beylouni, "non dobbiamo eliminare il dialogo ma scegliere i temi da affrontare e gli interlocutori cristiani capaci e ben formati, coraggiosi e pii, saggi e prudenti che dicano la verità con chiarezza e convinzione. Dato che il Corano ha parlato bene della Vergine Maria dobbiamo ricorrere a lei in ogni dialogo e in ogni incontro con i musulmani. Voglia Dio che la festa dell’Annunciazione, dichiarata in Libano festa nazionale per i cristiani e i musulmani, divenga festa nazionale anche negli altri paesi arabi".

In proposito il presule siriaco ha suggerito che il documento finale del Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente faccia riferimento alla figura della vergine Maria", rispettata dall’Islam, come chiave del dialogo con i musulmani, per superare le difficoltà che rendono inefficaci gli incontri con i musulmani. Tra queste difficoltà l’arcivescovo ha citato anche il fatto che "il Corano inculca al musulmano l’orgoglio di possedere la sola religione vera e completa. Il musulmano fa parte della nazione privilegiata e parla la lingua di Dio, l’arabo. Per questo affronta il dialogo con questa superiorità e con la certezza della vittoria. Nel Corano, poi, non c’è uguaglianza tra uomo e donna, nè nel matrimonio stesso in cui l’uomo può avere più donne e divorziare a suo piacimento, nè nell’eredità in cui l’uomo ha diritto a una doppia parte, nè nella testimonianza davanti ai giudici in cui la voce dell’uomo equivale a quella di due donne".


UCOII, RISPONDIAMO CON GIORNATA DI DIALOGO IL 27 OTTOBRE

"È sbagliato lanciare accuse contro l’Islam e contro il Corano per i conflitti e le guerre che ci sono state in passato. Alle polemiche rispondiamo con una giornata di dialogo islamo-cristiano il 27 ottobre". È con queste parole che il portavoce dell’Unione delle Comunità islamiche in Italia (Ucoii), Hamza Piccardo, replica alle parole del monsignor Raboula Antoine Beylouni, vescovo di Curia di Antiochia dei Siri, in Libano, che nel corso delle ultime battute del Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente ha accusato il Corano di "dare al musulmano il diritto di giudicare i cristiani e di ucciderli con il jihad (guerra santa)".

"Sono false queste accuse - ha affermato - Il Corano parla di rispetto nei confronti della gente del Libro. Sono solo provocazioni per dare vita a polemiche ormai superate da decenni di dialogo tra cristiani e musulmani. Vengono rinfocolate solo per impedire alle persone di buona volontà di arrivare all’unita e alla coesione necessarie per resistere al male che c’è nel mondo".

Secondo Piccardo, "le guerre ci sono sempre state e ogni volta ci sono state persone che hanno cercato di dare interpretazioni delle sacre scritture funzionali a queste guerre. Noi vogliamo rispondere a questa provocazione con la giornata del dialogo islamo-cristiano che è alla sua settima edizione e che il prossimo 27 ottobre vedrà riuniti musulmani e cristiani di diverse città in Italia in una serie di iniziative".