Roma, 26 ottobre 12010 - In Italia, negli ultimi 20 anni, la popolazione immigrata è cresciuta di quasi 20 volte. Secondo la stima del Dossier Caritas Migrantes presentato oggi a Roma, "includendo tutte le persone regolarmente soggiornanti, le presenze sono 4 milioni e 919 mila (1 immigrato ogni 12 residenti) contro il dato dell'Istat che all'inizio del 2010 ha registrato 4 milioni e 235 mila stranieri residenti in Italia".
 

"Questa realtà nel panorama europeo si caratterizza - afferma il rapporto promosso dai due organismi della Cei - anche per il notevole dinamismo: l'aumento è stato di circa tre milioni di unità nel decennio e di quasi 1 milione nell'ultimo biennio".  In crescita, secondo il Dossier Caritas-Migrantes, anche i matrimoni misti contratti tra il 1996 e il 2008, che sono stati circa 250 mila, mentre più di mezzo milione di persone hanno acquisito la cittadinanza, al ritmo di oltre 50 mila l'anno; oltre 570.000 stranieri sono nati direttamente in Italia; quasi 100 mila arrivano a essere i figli di madre straniera ogni anno; più di 100 mila gli ingressi per ricongiungimento familiare.
 

"In un'Italia alle prese con un elevato e crescente ritmo di invecchiamento, dove gli ultrasessantacinquenni superano già i minori di 15 anni, gli immigrati - commenta il rapporto - sono un fattore di parziale riequilibrio demografico, influendo positivamente anche sulla forza lavoro. I contatti quotidiani in azienda e nei luoghi di socializzazione, la scuola, l'associazionismo, il volontariato, la pratica religiosa, le famiglie miste stanno facendo dell'immigrazione una realtà organica alla società italiana".

NAZIONALITA' - La collettività romena è la più numerosa in Italia, con poco meno di 1 milione di presenze; seguono albanesi e marocchini (circa mezzo milione di presenze), mentre cinesi e ucraini sono quasi 200 mila. Altre collettività, originarie dei più diversi paesi del mondo, sono piccole o medie. Gli europei sono la metà del totale, gli africani poco meno di un quinto e gli asiatici un sesto, mentre gli americani incidono per un decimo.

CRIMINALITA' -  "Il ritmo d'aumento delle denunce contro cittadini stranieri è molto ridotto rispetto all'aumento della loro presenza, per cui è infondato stabilire una rigorosa corrispondenza tra i due fenomeni". Sempre nel dossier Caritas Migrantes, si sottolinea come "il tasso di criminalità addebitabile agli immigrati venuti ex novo nel nostro Paese è risultato, nel periodo 2005-2008, più basso rispetto a quello riferito alla popolazione già residente" e rileva che "il confronto tra il tasso di criminalità degli italiani e quello degli stranieri, una metodologia rigorosa, basata sui dati Istat del 2005 con la presa in considerazione di classi di età omogenee e le denunce riguardanti gli
immigrati in posizione regolare, ha stabilito che italiani e stranieri hanno nel complesso un tasso di criminalità simile", in particolare per gli albanesi nel 2008 è stato mostrato che la loro stigmatizzazione è continuata per forza di inerzia anche negli anni '2000 quando, stabilizzatisi i flussi, la loro rilevanza nelle statistiche criminali risultava in realtà fortemente ridimensionata; per i romeni, testimoniano i dati 2008 e 2010, la progressione accusatoria ha continuato a essere virulenta, nonostante le statistiche continuino ad attestare un loro coinvolgimento più ridotto rispetto alla generalità degli immigrati; per gli africani, nel 2010, almeno relativamente alle maggiori collettività, si è visto che sussistono problemi quanto alla loro implicazione sia nella criminalità comune sia in quella organizzata, che meritano di essere approfonditi nelle loro cause e nei loro dinamismi, mettendo in atto adeguate strategie di recupero"

"Non parliamo qui - precisano i due organismi della Cei - dei rom, che sono stati, sono e forse continueranno ad essere il gruppo maggiormente preso di mira al di là delle sue specifiche colpe, come quella, mai provata, di trafugare i bambini". Di fatto, comunque, "la criminalità in Italia è aumentata in misura contenuta negli ultimi decenni, nonostante il forte aumento della popolazione straniera, e addirittura è andata diminuendo negli anni 2008 e 2009" e "lo stesso coinvolgimento criminale degli immigrati irregolari, innegabile ma di difficile quantificazione e spesso direttamente conseguente alla stessa irregolarità della presenza, va esaminato - suggerisce il rapporto - con prudenza e con rigore in un paese in cui entrano annualmente decine di milioni di turisti e vengono rilasciati circa 1 milione e mezzo di visti per vari motivi, dei quali solo una quota minoritaria per inserimento stabile".

 

RIMPATRI - Nel 2009 sono stati registrati 4.298 respingimenti e 14.063 rimpatri forzati, per un totale di 18.361 persone allontanate. Le persone rintracciate in posizione irregolare, ma non ottemperanti all'intimazione di lasciare il territorio italiano, sono state 34.462. Il rapporto tra persone intercettate e persone rimpatriate è andato diminuendo nel corso degli anni (dal 57 per cento nel 2004 al 35 per cento nel 2009). Le persone trattenute nei centri di identificazione e di espulsione sono state 10.913, tra le quali anche diverse persone già ristrette in carcere, dove non era stata accertata la loro identità. Nell'insieme il 58,4 per cento non è stato rimpatriato.

 

INPS - "Con 7 miliardi di contributi previdenziali l'anno - afferma il rapporto Caritas - , i lavoratori immigrati hanno portato al risanamento del bilancio dell'Inps, in quanto per lo più lontani dall'età di pensionamento". Gli immigrati, sottolineano inoltre i due organismi della Cei, dichiarano al fisco 37 miliardi l'anno e contribuiscono al Prodotto interno lordo del Paese per più dell'11 per cento. A livello occupazionale gli immigrati incidono per circa il 10 per cento sui lavoratori dipendenti e si sono resi indispensabili in diversi settori: non solo in quello dell'assistenza alle famiglie ma anche in altri comparti di servizio, in agricoltura, in edilizia, in vari comparti industriali. Attualmente è pensionato tra gli immigrati 1 ogni 30 residenti e tra gli italiani 1 ogni 4. Nel 2025, i pensionati stranieri saranno complessivamente circa 625mila (l'8 per cento dei residenti stranieri). A tale data, tra i cittadini stranieri vi sarà circa 1 pensionato ogni 12 persone, mentre tra gli italiani il rapporto sarà di circa 1 a 3.

TASSE - Il rapporto tra spese pubbliche sostenute per gli immigrati e i contributi e le tasse da loro pagati (2.665.791 la stima dei dichiaranti) va a vantaggio del sistema Italia, specialmente se si tiene conto che le uscite, essendo aggiuntive a strutture e personale già in forze, devono avere pesato di meno. Secondo le stime riportate nel Dossier, le uscite sono pari a circa 10 miliardi di euro: (9,95): 2,8 miliardi per la sanità (2,4 per gli immigrati regolari, 400 milioni per gli irregolari); 2,8 miliardi per la scuola, 450 milioni per i servizi sociali comunali, 400 milioni per politiche abitative, 2 miliardi a carico del Ministero della Giustizia (tribunale e carcere), 500 milioni a carico del Ministero dell'Interno (Centri di identificazione ed espulsione e Centri di accoglienza), 400 milioni per prestazioni familiari e 600 milioni per pensioni a carico dell'Inps. I dati pubblicati dal Dossier dimostrano che le entrate assicurate dagli immigrati si avvicinano agli 11 miliardi di euro (10,827): 2,2 miliardi di tasse, 1 miliardo di Iva, 100 milioni per il rinnovo dei permessi di soggiorno e per le pratiche di cittadinanza, 7,5 miliardi di euro per contributi previdenziali.

 

IMPRENDITORIA - Gli immigrati sono sempre più attivi specialmente nel lavoro autonomo e imprenditoriale, dove riescono a creare nuove realtà aziendali anche in questa fase di crisi. Sono circa 400 mila - afferma il Dossier - gli stranieri tra titolari di impresa, amministratori e soci di aziende, ai quali vanno aggiunti i rispettivi dipendenti non inclusi in questo conteggio. A Milano i pizzaioli egiziani sono di più di quelli napoletani, così come sono numerosi gli imprenditori tessili a Carpi (Modena) e Prato, e quelli della concia ad Arzignano (Vicenza). Ogni 30 imprenditori operanti in Italia 1 è immigrato, con prevalenza dei marocchini, soprattutto dediti al commercio, seguiti dai romeni, più portati all'imprenditoria edile. Rilevante è la loro presenza anche nella realtà cooperativa. Secondo il rapporto, "non sembra affatto opportuno mandare via lavoratori che già si sono ben inseriti e che potrebbero ritrovare il posto dopo la crisi, a meno che non desiderino loro stessi tentare un investimento produttivo nei loro paesi; perciò - affermano i due organismi della Cei - desta un certo stupore che diversi enti locali abbiano destinato fondi per questi allontanamenti, oltretutto con scarsa efficacia (come si è visto anche in Spagna)". Per Caritas e Migrantes, "è auspicabile, invece, estendere i rimpatri assistiti anche a favore degli irregolari, come raccomandato dalla stessa
Commissione europea, ridimensionando così i lucrosi affari del traffico di esseri umani (2,5 miliardi di dollari nel mondo, secondo l'Onu) e l'enorme diffusione del mercato del lavoro non regolare (il 12,2 per cento del totale, secondo l'Istat).
Nel Dossier 2010 gli organismi Cei definiscono "realistica" la valutazione di Eurostat per la quale il miraggio di una "immigrazione zero" in mezzo secolo farebbe perdere all'Italia un sesto della sua popolazione. "Se l'immigrazione è funzionale allo sviluppo del paese, l'agenda politica - sottolinea il rapporto - è chiamata a riflettere sugli aspetti normativi non più funzionali (quelli sulla cittadinanza) e sulle esigenze di partecipazione di questi nuovi cittadini. È questa la strada più fruttuosa sotto i punti di vista economico e occupazionale non meno che culturale e religioso".
 

SETTORI PRODUTTIVI - Di fatto, rileva il rapporto, l'occupazione degli stranieri è aumentata solo in quei settori produttivi considerati non appetibili dagli italiani, come per le donne nel comparto dei servizi alle persone. Questo andamento è stato evidenziato anche dall'ultima regolarizzazione, chiusa a settembre 2009 con quasi 300mila domande: basti pensare che nella prospera Lombardia, nel 2015, le persone con oltre 65 anni saranno tre milioni, un milione in più rispetto al 2010, con un fabbisogno esponenziale di assistenza. Alla luce di questi dati, sottolineano i due organismi della Cei, "ci dobbiamo chiedere se gli immigrati, che contribuiscono alla produzione del prodotto interno lordo per l'11,1 per cento (stima di Unioncamere per il 2008), siano il problema o non piuttosto un contributo per la sua soluzione. Diversi studi, tra i quali uno della Banca d'Italia (luglio 2009), hanno posto in evidenza che essi svolgono una funzione complementare e favoriscono migliori opportunità occupazionali per gli italiani". Venendo essi a mancare (in agricoltura, in edilizia, nell'industria, nel settore familiare e in tanti altri servizi), l'Italia, si chiede il rapporto, "sarebbe in grado di affrontare il futuro o, al contrario, ne risulterebbe impossibilitata, come attestano i demografi? Il Dossier cita in proposito il primo "sciopero degli stranieri" (all'inizio dello scorso marzo , ispirato a una analoga manifestazione francese, che ha previsto l'astensione dal lavoro e dagli acquisti con una presenza in piazza per far sentire la propria voce. "Non è in discussione - sottolinea - la necessità di regole per il loro inserimento bensì la funzionalità di tali regole, ad esempio in relazione alle procedure riguardanti l'incontro tra datore di lavoro e lavoratore o il tempo messo a disposizione per la ricerca di un nuovo posto di lavoro, tenendo conto anche dei periodi di integrazione salariale o disoccupazione indennizzata".

PIANO GOVERNO - Piace agli organismi della Cei Caritas e Migrantes il "piano per l'integrazione nella sicurezza" denominato 'Identità e Incontro', proposto dal Governo Berlusconi "come modello italiano di integrazione in quanto lontano dall'assimilazionismo e dal multiculturalismo". "Nel documento - sottolinea il Dossier statistico sull'immigrazione presentato oggi - vengono individuati percorsi imperniati su diritti e doveri, responsabilità e opportunità, in una visione di relazione reciproca, facendo perno sulla persona e sulle iniziative sociali piuttosto che sullo Stato e individuando cinque assi di intervento: l'educazione e l'apprendimento, dalla lingua ai valori; il lavoro e la formazione professionale; l'alloggio e il governo del territorio; l'accesso ai servizi essenziali; l'attenzione ai minori e alle seconde generazioni". Il rapporto critica però il fatto che "al di là della ricorrente insistenza, tanto nel documento governativo come in ambito comunitario, sulle migrazioni a carattere rotatorio", gli aiuti allo sviluppo che potrebbero favorire i ritorni in patria e fermare l'esodo siano arrivati a collocarsi nel frattempo "a livello veramente minimo".
 

"Nel documento - affermano Caritas e Migrantes - si trovano aperture apprezzabili riguardo al pubblico impiego, diversi rilievi critici rispetto a quanto è stato fatto nel passato, l'individuazione di linee di impegno e specialmente il criterio che quanto proposto vada monitorato nella sua concreta efficacia". Di fatto però, lamenta il rapporto, «in Italia, nel 2009, è rimasto sprovvisto di adeguata copertura il Fondo nazionale per l'inclusione sociale e questa carenza, anche in fase di crisi economica, va recuperata, tanto più che la capacità di spesa delle famiglie, italiane e immigrate, si è notevolmente contratta, come attestato anche dall'espansione del microcredito, e che gli immigrati, secondo le nostre e altre recenti ricerche, rendono al sistema pubblico più di quanto assorbono in termini di servizi e assistenza".