Napoli, 10 novembre 2010 - A rapire l'imprenditore Antonio Buglione sarebbe stato un gruppo di “mercenari” sardi pagati dalla criminalità organizzata campana. Questo è quello che emerge dalle ultime indagini dei carabinieri del nucleo investigativo del gruppo di Castello di Cisterna. Quello che sembrava un 'classico' caso di rapimento a scopo di estorsione, si è trasformato in una vicenda dai contorni sfumati e inquietanti che vede l'unione di gruppi eversivi sardi con la Camorra. Ma facciamo un passo indietro.

Saviano, Nola, è la sera di domenica 12 settembre, Antonio Buglione, 54 anni, “re” degli istituti di vigilanza privata, viene rapito sotto casa sua da un commando armato. L'uomo, insieme al fratello, dirige la International Security Service e qualche anno fa fu coinvolto in una inchiesta che vedeva tra i maggiori protagonisti il clan Alfieri. Da quella vicenda, Buglione ne uscì pulito, fu assolto “per non aver commesso il fatto”. La notte stessa, il fratello Carlo riceve una chiamata in cui si chiedeva come riscatto sei milioni di euro. Scattano le indagini dei carabinieri, viene ritrovata la Panda dell'imprenditore nell'agro di Saviano, a pochi chilometri di distanza da via San Liberatore, la strada in cui Buglione abita.

Passano le ore e le indagini si fanno sempre più complicate e si concentrano sulla vita dell'ostaggio. Buglione è infatti a giudizio con l'accusa di concorso in corruzione per lo scandalo degli “affitti d'oro” della Regione ed è indagato nell'inchiesta sulla bancarotta della “Gazzella”, l'istituto di vigilanza del senatore del Pdl e sindaco di Afragola Vincenzo Nespoli. Dopo 48 ore l'ostaggio si presenta in una casa nel comune di Marigliano, sostenendo di essere stato tenuto sequestrato nelle campagne vicine ed essersi liberato da solo. Durante le indagini – da quanto si è venuto a sapere – si pensa a contatti dei rapitori con la malavita locale. L'imprenditore dichiara agli inquirenti che è riuscito a liberarsi, grazie al fatto che i malviventi lo hanno lasciato solo quando si sono sentiti accerchiati dai carabinieri.
 

Una volta libero, è lo stesso imprenditore a tirare in ballo la criminalità organizzata dichiarando: “La Camorra c'entra, nessuno si muove su questo territorio senza la Camorra”. L'ipotesi più accreditata è che la camorra l'abbia rapito a scopo d'estorsione. Due mesi dopo arriva la svolta, frutto della pazienza e delle intercettazioni telefoniche dei carabinieri del Nucleo investigativo. Vengono scandagliate le diverse telefonate in cui venivano chiesti soldi minacciando un nuovo sequestro. “Grazie alle attività tecnica, monitorando l’utenza del fratello del sequestrato, accertando che la chiamata del riscatto veniva effettuato da un numero di telefono intestato ad una persona inesistente” gli inquirenti scoprono che le richieste di denaro erano fatte da telefoni pubblici in tre città: Cagliari, Roma e Lucano.Gli investigatori si orientano sull’ipotesi investigativa che i sequestratori si “spostassero per effettuare tali telefonate”, usando soprattutto la linea “A” della metropolitana di Roma.

Passano giorni fatti di lunghi “servizi di osservazione a distanza”. Gli uomini del nucleo investigativo, gli stessi che hanno operato la cattura di uno dei maggiori latitanti (tra i primi 10) d'Italia Pasquale Russo e suo fratello Carmine (tra i primi 100), si accorgono che i gli spostamenti dei presunti rapitori finivano sempre nella stazione metro Anagnina. Seguendo un ordine di fermo emesso dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, e dopo aver avuto la certezza “del riconoscimento visivo” gli uomini dei carabinieri sono intervenuti arrestando i tre, un quarto è riuscito a fuggire tra la confusione. In manette finiscono Pasquale Scanu, 34 anni, originario di Siniscola, Domenico Porcu, 41 anni, di Silanus, e Giuseppe Boccoli, 29 anni, di Nuoro, residente a Rimini.


Le vite degli arrestati vengono scandagliate, la domanda più frequente che ci si pone è perché tre sardi, tutti con vecchi precedenti penali poco significativi, siano arrivati a rapire un imprenditore di Nola. Porcu e Scanu frequentavano già da tempo Saviano e i dintorni di Nola, e che forse Buglione gli dovesse dei soldi. Il rapimento, quindi, sarebbe frutto di una vendetta. Gli avvocati dell'imprenditore, però, smentiscono questa ipotesi, negando che il loro assistito abbia mai conosciuto i tre rapitori.

A noi, infatti, è stata raccontata un'altra storia. I tre sardi arrestati sarebbero inseriti in ambiti criminali pericolosi, “dediti allo stragismo e al terrorismo di tipo eversivo, legato al mondo anarchico”. Probabilmente, quindi, sono un gruppo di “mercenari” al soldo della camorra. Per verificare tale ipotesi continuano le indagini. Da fonti interne ai carabinieri sappiamo che il quarto rapitore è stato identificato, e il covo romano della banda è stato localizzato e perquisito.