Roma, 11 novembre 2010 - Un nuovo caso scuote il Tg1: riguarda le presunte spese pazze del direttore Augusto Minzolini e il presunto abuso della carta di credito aziendale Rai. Ne parla Il Secolo XIX di Genova,  con il servizio a firma Antonio Beccadelli,  che riportiamo integralmente. www.ilsecoloxix.it è una delle testate del sindacato Internet Italia News, di cui fanno parte anche www.quotidiano.net, www.ilrestodelcarlino.it, www.lanazione.it e www.ilgiorno.it

Antonio Beccadelli per Il Secolo XIX


Sessantaseimila euro in un anno, 5.500 euro al mese: più o meno cinque volte la paga mensile di un operaio metalmeccanico. Ammonterebbero a tanto le spese che il direttore del Tg1, AugustoMinzolini, avrebbe fatto utilizzando la carta di credito aziendale della Rai.

Delle "spese pazze" di rappresentanza del "direttorissimo" dell'ammiraglia dell'informazione Rai, come lo chiama il presidente del consiglio Silvio Berlusconi, si è occupato ieri pomeriggio il Consiglio di amministrazione di Viale Mazzini. Con qualche forte imbarazzo manifestato dai membri nominati nel cda dalla maggioranza di centrodestra, che fino a ora hanno sempre difeso a spada tratta l'ex notista politico della Stampa, voluto direttamente da Palazzo Chigi alla guida delTg1. Minzolini ha subito in dodici mesi attacchi quotidiani di «faziosità» da parte del centrosinistra e dal cda si era sempre alzato il muro.

Il direttore del telegiornale dichiara al Secolo XIX di non saperne nulla. «Mi sembra una cosa campata in aria, ridicola: tutte le mie spese sono motivabili». Ma ora il fatto rischia di diventare un caso, perché riguarda il bilancio in crisi, un saldo negativo nei conti pubblici della Rai che ha convinto la Corte dei conti a mettere il naso nelle riunioni del cda, come consente la legge. E le cose si complicano. È noto che la Rai mette a disposizione dei propri direttori di testata e di rete una carta di credito aziendale per affrontare le spese di rappresentanza.

Una prassi, questa, seguita da tante grandi aziende private e pubbliche, dell'editoria come dei servizi o dell'industria, con i loro dirigenti apicali. Funziona così, per esempio, anche nello Stato, al governo per i ministri. A Viale Mazzini il "plafond" per pagare pranzi e cene o fare dei regali a ospiti, fonti o autorità istituzionali sarebbe fissato tra i sei ed i settemila euro all'anno, più o meno 500 euro al mese.


 Un limite nei fatti storicamente rispettato da (quasi) tutti gli interessati. Ma, secondo quanto riferisce una fonte interna alla Rai, Minzolini avrebbe pagato con la carta di credito a propria disposizione dieci volte tanto il consentito. Sicuramente, qualcuno ha malignato, non per acquistare le banane che, come è noto, rivestono una parte importante della sua dieta alimentare. Una mania, sana, che lo contraddistingue.

Del profilo contabile della vicenda ora potrebbe però occuparsi la magistratura contabile, che tiene sott'occhio i disastrosi conti dell'azienda radiotelevisiva di Stato. Luciano Calamaro, il magistrato della Corte dei Conti che, in base ad una legge del 1958 relativa alle sedute dei consigli di amministrazione degli enti pubblici che ricevano un apporto statale al patrimonio, da qualche settimana partecipa infatti alle sedute del Cda Rai.

E ieri si è puntualmente presentato alla seduta. Ha ascoltato con pazienza il rendiconto, avrebbe annotato lo stupore dei consiglieri di amministrazione alla lettura del "conto" a carico della carta di credito di Minzolini, e avrebbe immediatamente chiesto gli atti della pratica al direttore generale Mauro Masi.

Toccherà adesso a Calamaro accertare se Minzolini ha speso correttamente o meno il denaro prelevato con la carta di credito. Starà a lui decidere insomma se sollevare ufficialmente il caso in Corte dei conti. In Rai, invece, il caso è già esploso perché ieri, a VialeMazzini, non si parlava altro che di questo.


 LA REPLICA: «NON SANNO PIÙ COME ATTACCARMI. IO SÌ CHE HO TAGLIATO GLI SPRECHI»...


Al. C. per "Il Secolo XIX"

Direttore, e così avrebbe speso 66mila euro in un anno con la carta di credito della Rai?
«Non lo so.Non sono io che tengoi conti, non posso certo pensare anche a questo. Ma certamente tutto quello che ho speso ha una sua giustificazione. Ogni euro è motivabile».

Sono passate le 11 di sera quando Augusto Minzolini, il "direttorissimo" del Tg1, nato cronista da marciapiede, poi notista politico della Stampa e ora bersaglio preferito del centrosinistra che accusa il suo telegiornale di faziosità ultraberlusconiana, risponde alla richiesta di un commento sulla notizia trapelata dal consiglio di amministrazione di viale Mazzini.

Anche a essere generosi nelle spese di rappresentanza, è una cifra impressionante, o no?
«Se spendo più degli altri direttori è perché sono in giro dalla mattina alla sera, lavoro 24 ore su 24, come sempre, e mi muovo di più. Comunque abbiamo un controller, e il controller mi ha detto che è tutto a posto. Mi sembra una cosa campata in aria».

Ma dal Cda nessuno le ha detto niente?
«Ma noooo! Questa è la solita storia che si sono inventati i consiglieri di opposizione. Visto che non possono attaccarmi sui dati d'ascolto, cercano pretesti assurdi. Ma questa volta siamo nel ridicolo. In fondo, quanto ha detto che avrei speso? Se lo dividiamo per 12mesi...».


Fanno 5.500 euro almese... Le pare poco?
«Gli sprechi sono altri. Quando sono arrivato al Tg1 ho trovato un macchinario che costava 100 mila euro l'anno di affitto. Mai usato. L'ho fatto togliere. Sono perfettamente dentro il budget, sto attento alle spese. Ma quelli vogliono attaccarmi e allora tirano fuori di tutto. Detto fra noi, non è certo come una volta...»

Cioè?
«Non lo faccia dire a me, ma in passato c'erano stati episodi di note spese fasulle».

Vestiti, viaggi, bottiglie...
«Appunto, niente di tutto questo. Ora tutte le ricevute vengono controllate e ogni spesa deve essere giustificata».

Eppure le sue note spese rischiano di finire alla Corte dei conti.
«Nessuno me ne ha parlato. E' la prima volta che sento questa cosa delle note spese. Ma mi sembra la solita storia e francamente mi sono annoiato».