Palermo, 1 febbraio 2011 - Un cavillo e il processo per mafia a carico del boss Filippo La Rosa, 47 anni, catturato nel suo feudo di Ciaculli a settembre del 2009, dopo 16 anni di latitanza, e di un suo presunto fiancheggiatore, Salvatore Greco, 45 anni, finito in manette nel luglio scorso, deve ripartire da zero. Così ha deciso ieri la prima sezione del tribunale (presidente Vittorio Alcamo), accogliendo un’eccezione sollevata dagli avvocati dei due imputati, Marco Clementi e Loredana Lo Cascio, circa la nullità del giudizio immediato con il quale i due erano finiti in tribunale.

Un’ordinanza che consentirà peraltro a Greco di lasciare gli arresti domiciliari e di tornare libero per decorrenza dei termini di custodia cautelare.

Il cavillo riguarda la scelta della procura di chiedere il giudizio immediato per gli imputati (altri tre presunti fiancheggiatori, Angelo Anello, Pietro Arnone e il figlio Francesco sono già stati condannati con l’abbreviato a due anni di reclusione). Richiesta che, in base al codice ed anche ad alcune sentenze della Cassazione, può essere formulata solo quando la fase incidentale del tribunale del Riesame (al quale gli indagati hanno naturalmente facoltà di appellarsi) è conclusa.

In questo caso, come hanno rimarcato gli avvocati, i tempi vanno a sfavore della scelta dei pm della Dda Ignazio De Francisci e Marzia Sabella, che avevano chiesto - ritenendo di avere prove tali da saltare la fase dell’udienza preliminare - il processo per i due nel settembre scorso. Quando già, però, la misura cautelare era stata impugnata dai legali davanti al Riesame.

Non ci sarebbero stati ostacoli al processo se la procura avesse aspettato che sul provvedimento si pronunciasse la Cassazione (dove l’istanza è stata peraltro di recente rigettata).

Il tribunale ha dovuto dunque restituire gli atti e il procedimento deve retrocedere alla fase delle indagini preliminari. La Rosa era stato condannato all’ergastolo per l’omicidio del cugino Giovanni Fici in via definitiva nell’aprile del 2008. Il delitto era avvenuto nel 1988, nell’ambito dei dissidi tra i Corleonesi, subito dopo la guerra di mafia. In questo processo era accusato di associazione mafiosa. Greco, invece, rispondeva di procurata inosservanza della pena inflitta a La Rosa: essendo in contatto con lui, secondo la Procura, avrebbe dovuto denunciare la presenza del latitante affinchè questi scontasse la condanna definitiva per l’omicidio.