Roma, 16 marzo 2011 - "Il Cristianesimo ha contribuito in maniera fondamentale alla costruzione dell'identità italiana attraverso l'opera della Chiesa, delle sue istituzioni educative ed assistenziali, fissando modelli di comportamento, configurazioni istituzionali, rapporti sociali; ma anche mediante una ricchissima attività artistica: la letteratura, la pittura, la scultura, l'architettura, la musica". Lo scrive Benedetto XVI nel messaggio per i 150 anni dell’unità d’Italia consegnato oggi dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

"Dante, Giotto, Petrarca, Michelangelo, Raffaello, Pierluigi da Palestrina, Caravaggio, Scarlatti, Bernini e Borromini - si legge nel testo diffuso dalla sala stampa vaticana - sono solo alcuni nomi di una filiera di grandi artisti che, nei secoli, hanno dato un apporto fondamentale alla formazione dell`identità italiana".

"Anche le esperienze di santità, che numerose hanno costellato la storia dell`Italia, contribuirono fortemente a costruire tale identità, non solo sotto lo specifico profilo di una peculiare realizzazione del messaggio evangelico, che ha marcato nel tempo l`esperienza religiosa e la spiritualità degli italiani (si pensi alle grandi e molteplici espressioni della pietà popolare), ma pure sotto il profilo culturale e persino politico", ha scritto il Papa, citando, in particolare, san Francesco d’Assisi e santa Caterina da Siena.

Il Papa parla anche di Risorgimento, che, "per ragioni storiche, culturali e politiche complesse","è passato come un moto contrario alla Chiesa, al Cattolicesimo, talora anche alla religione in generale. Senza negare il ruolo di tradizioni di pensiero diverse, alcune marcate da venature giurisdizionaliste o laiciste, non si può sottacere l'apporto di pensiero - e talora di azione - dei cattolici alla formazione dello Stato unitario", scrive ancora il Pontefice.

"La costruzione politico-istituzionale dello Stato unitario coinvolse diverse personalità del mondo politico, diplomatico e militare, tra cui anche esponenti del mondo cattolico", dice sempre Benedetto XVI.

"Questo processo, in quanto dovette inevitabilmente misurarsi col problema della sovranità temporale dei Papi (ma anche perché portava ad estendere ai territori via via acquisiti una legislazione in materia ecclesiastica di orientamento fortemente laicista), ebbe effetti dilaceranti nella coscienza individuale e collettiva dei cattolici italiani, divisi tra gli opposti sentimenti di fedeltà nascenti dalla cittadinanza da un lato e dall`appartenenza ecclesiale dall'altro".

"Ma si deve riconoscere - prosegue il messaggio - che, se fu il processo di unificazione politico-istituzionale a produrre quel conflitto tra Stato e Chiesa che è passato alla storia col nome di ‘Questione Romana’, suscitando di conseguenza l`aspettativa di una formale ‘Conciliazione’, nessun conflitto si verificò nel corpo sociale, segnato da una profonda amicizia tra comunità civile e comunità ecclesiale. In definitiva - conclude Benedetto XVI - la Conciliazione doveva avvenire fra le Istituzioni, non nel corpo sociale, dove fede e cittadinanza non erano in conflitto. Anche negli anni della dilacerazione i cattolici hanno lavorato all`unità del Paese".

Il Papa ricorda anche il sacrificio di Aldo Moro e Vittorio Bachelet. "Negli anni dolorosi ed oscuri del terrorismo - afferma il Pontefice - i cattolici hanno dato la loro testimonianza di sangue: come non ricordare, tra le varie figure, quelle dell’On. Aldo Moro e del Prof. Vittorio Bachelet?".

"Dal canto suo la Chiesa, grazie anche alla larga libertà assicuratale dal Concordato lateranense del 1929 - afferma il Papa nel messaggio - ha continuato, con le proprie istituzioni ed attività, a fornire un fattivo contributo al bene comune, intervenendo in particolare a sostegno delle persone più emarginate e sofferenti, e soprattutto proseguendo ad alimentare il corpo sociale di quei valori morali che sono essenziali per la vita di una società democratica, giusta, ordinata".

Inoltre l’accordo fra Stato e Chiesa scaturito dalla revisione del Concordato del 1984 "ha contribuito largamente alla delineazione di quella sana laicità che denota lo Stato italiano ed il suo ordinamento giuridico, ha evidenziato i due principi supremi che sono chiamati a presiedere alle relazioni fra Chiesa e comunità politica: quello della distinzione di ambiti e quello della collaborazione".

Si tratta di "una collaborazione motivata dal fatto che, come ha insegnato il Concilio Vaticano Il, entrambe, cioè la Chiesa e la comunità politica, ‘anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale delle stesse persone umane' ".

"L’esperienza maturata negli anni di vigenza delle nuove disposizioni pattizie - si rileva ancora - ha visto, ancora una volta, la Chiesa ed i cattolici impegnati in vario modo a favore di quella ‘promozione dell’uomo e del bene del Paesè che, nel rispetto della reciproca indipendenza e sovranità, costituisce principio ispiratore ed orientante del Concordato in vigore".

"La Chiesa è consapevole - spiega Ratzinger - non solo del contributo che essa offre alla società civile per il bene comune, ma anche di ciò che riceve dalla società civile, come afferma il Concilio Vaticano II: ‘chiunque promuove la comunità umana nel campo della famiglia, della cultura, della vita economica e sociale, come pure della politica, sia nazionale che internazionale, porta anche un non piccolo aiuto, secondo la volontà di Dio, alla comunità ecclesiale, nelle cose in cui essa dipende da fattori esterni' ". 

Il Papa aggiunge anche che "passate le turbolenze causate dalla ‘questione romana’, giunti all’auspicata Conciliazione, anche lo Stato Italiano ha offerto e continua ad offrire una collaborazione preziosa, di cui la Santa Sede fruisce e di cui è consapevolmente grata".

"Nel guardare al lungo divenire della storia - afferma il Papa -, bisogna riconoscere che la nazione italiana ha sempre avvertito l’onere ma al tempo stesso il singolare privilegio dato dalla situazione peculiare per la quale è in Italia, a Roma, la sede del successore di Pietro e quindi il centro della cattolicità".

"E la comunità nazionale - aggiunge - ha sempre risposto a questa consapevolezza esprimendo vicinanza affettiva, solidarietà, aiuto alla Sede Apostolica per la sua libertà e per assecondare la realizzazione delle condizioni favorevoli all’esercizio del ministero spirituale nel mondo da parte del successore di Pietro, che è Vescovo di Roma e Primate d’Italia".