Bari, 5 aprile 2011 - E' la naturalezza che ci colpisce subito quando arriva il generale di divisione, Michele Torres (nella foto), dal 2007 capo reparto Affari generali dello Stato Maggiore dell'Esercito. E chi si aspetta di trovare davanti una persona condizionata dal rigore di un'uniforme deve presto ricredersi. Il generale è arrivato da Roma alla caserma 'Stella' di Barletta, dove ha sede l'82° reggimento della fanteria 'Torino', per incontrare i partecipanti del corso nazionale in 'Giornalismo e comunicazione in aree di crisi', organizzato dall'Ordine dei Giornalisti della Puglia con la collaborazione dell’Ufficio Pubblica Informazione dello Stato Maggiore della Difesa italiana. Il generale Torres si avvicina ai presenti salutando ognuno con una calorosa stretta di mano.

Una carriera importante quella del 56enne generale originario di Adelfia, in provincia di Bari. Laureato in Scienze strategiche e in Scienze politiche, il generale Torres ha conseguito anche un master in Comunicazione. E' stato insignito di molte onorificenze nel corso della sua attività, che lo ha visto impegnato sia sul territorio nazionale, dove ha ricoperto diversi incarichi, (è stato, tra l'altro, anche comandante della brigata corazzata 'Pinerolo') sia all’estero (Egitto, Sudan e Ciad), attraverso la missione militare di Pace in Bosnia e come vicecomandante della Divisione inglese a Bassora durante la missione in Iraq. Proprio quando ricorda le sue missioni, pensando “agli occhi disorientati e spenti dei profughi del Sudan, dove era in corso una guerra civile”, il generale palesa una certa emozione, mostrandosi in tutta la sua umanità. Attualmente, il generale Michele Torres è responsabile della Pubblica informazione e comunicazione dell'Esercito, delle Pubbliche relazioni/cerimoniale, dell'Ufficio storico e di tutte le attività relative al supporto dei familiari dei feriti e dei deceduti nelle varie missioni 'fuori-area'.
Con il generale Michele Torres cerchiamo di approfondire quali sono le linee evolutive dell'Esercito italiano in termini di informazione e comunicazione.

Generale Torres, quali sono le novità dal punto di vista della comunicazione e dell'informazione che interessano l'Esercito italiano?
La formazione degli uomini e delle donne è fondamentale oggi più che mai. Una necessità che deriva dalla costante interazione dei militari con personale civile e che impone, per sviluppare una comunicazione il più possibile corretta, un'attenzione particolare agli uomini e alle donne che costituiscono la risorsa più importante dell'Esercito. Le Forze armate non possono adottare una politica di informazione autonoma considerando, appunto, il costante contatto con la società civile. Perciò dopo il reclutamento segue una fase di addestramento del personale sia come militare che come comunicatore. Sul terreno, nazionale e non, è l'uomo l'attore principale perciò è essenziale che sappia trasmettere un'immagine di sicurezza, di solidarietà e di positività.

Una chiave per avere un Esercito ancora più efficiente potrebbe essere rappresentata proprio dalla formazione dei militari dal punto di vista della comunicazione e dell'informazione?
Certamente. Credo che il modo più semplice per ottenere la prestazione migliore dai nostri uomini sia quello di focalizzare l'attenzione proprio sul 'fattore-uomo', e ciò si concretizza offrendo - di pari passo all'addestramento militare - anche una competenza sotto il profilo comunicativo. Oggi la comunicazione assume un'importanza strategica e può avere riflessi diretti sull’andamento delle operazioni e sul conseguimento degli obiettivi. Per questo è opportuno mettere in campo uomini addestrati sotto tutti i punti di vista, garantendo forme di sicurezza fondamentali. (Un riferimento va ai recentissimi 'Freccia' impiegati in Afghanistan, al 'Soldato futuro' e al progetto 'Forza Nec' - Network Enabled Capability - che si riassume in sintesi nella possibilità di collegare, in maniera diretta e immediata, ogni singolo soldato con il centro decisionale, fornendo all’Esercito equipaggiamenti di ultima generazione e un sistema digitalizzato).

Perché è così importante la comunicazione in ambito militare?
Quando si è impegnati in una missione di pace o in un combattimento si va solitamente a casa degli altri, per questo è fondamentale conoscere gli usi e le regole presenti in quel territorio e utilizzare uno schema comunicativo - verbale e non - che non intacchi la sensibilità della gente del posto. Ed evitare, così, inutili incidenti di percorso. Inoltre, è essenziale non giudicare con gli occhi da occidentale. Il consenso dell'ambiente operativo è molto importante. La comunicazione e l'informazione possono arrivare a condizionare la sicurezza stessa dei contingenti. Nei teatri operativi di eroi non ne abbiamo bisogno ed è opportuno il rispetto delle regole da parte dei militari e della società civile.


Spostando l'attenzione all'attuale politica internazionale, si può affermare, relativamente alle vicende della Libia, che si sia imposta, ora più che mai, l'importanza della comunicazione?
Proprio gli eventi degli ultimi giorni hanno mostrato come il flusso di notizie può cambiare talvolta i programmi, evidenziando come l'informazione e la comunicazione siano tra gli elementi essenziali di ogni tipo di operazione poiché capaci di influenzare le scelte strategiche e politiche. Spesso parlare troppo non giova ed è sempre fondamentale che le dichiarazioni siano autorizzate. Ognuno ha il suo incarico. (Riferimento al pilota trasferito, alcune settimane fa, dalla base trapanese di Birgi, dove era operativo da alcuni giorni, dopo aver rilasciato alla stampa dichiarazioni in merito alla missione dei nostri Tornado sui cieli libici).

Sempre in merito alla crisi libica è emerso come, soprattutto all'inizio del susseguirsi degli eventi, ci fosse una certa confusione circa la natura dell'intervento italiano. In tanti si sono chiesti se l'Italia fosse o no in guerra. Anche in questo caso torna in ballo la comunicazione?
Esatto. Partendo dal presupposto che l'Italia non è in guerra, ma si parla di crisi internazionale è stata fondamentale la precisazione del Presidente della Repubblica quando ha affermato che “l'Italia non è in guerra, ma impegnata in un'operazione autorizzata dal Consiglio di sicurezza dell'Onu”. Dopo la dichiarazione precisa e diretta di Napolitano, come è emerso nei giorni successivi, non ci sono stati più dubbi circa il contributo italiano. Un esempio recente di come la comunicazione sia fondamentale.

Tra i compiti del reparto di cui è a capo ci sono anche quelli relativi al supporto dei familiari dei feriti e dei deceduti nelle varie missioni 'fuori-area'. In che cosa consiste esattamente questa attività?
In questi casi è di fondamentale importanza dosare la diffusione di notizie. Prima di tutto bisogna garantire la massima riservatezza circa l'identità della persona ferita o deceduta in un incidente e i relativi dettagli: devono essere prima avvertiti i familiari. Inoltre si cerca di rispettare e contenere il dolore della famiglia, creando un legame che non si esaurisce con il rientro della salma e con il funerale. I parenti saranno sempre seguiti da tutti noi e potranno trovare un sostegno costante. Per questo molto spesso si parla di 'famiglia-esercito'.

Cosa pensa del 'giornalismo embedded'?
Il giornalista 'embedded' che si muove a seguito del militare ha la possibilità di toccare con mano l'attività di chi è impegnato sul terreno operativo. 'L'embedded' al seguito dei contingenti multinazionali usufruisce della logistica militare e gode di una certa sicurezza, contando soprattutto sull'attendibilità della fonte. In pratica i giornalisti vivranno, lavoreranno e viaggeranno come parte delle unità in cui saranno inseriti, facilitando la copertura delle azioni delle forze di combattimento.

Che rapporto si instaura tra 'giornalista embedded' e militari?
La distanza tra le due posizioni si è assottigliata sempre di più: non più giornalisti da una parte e militari dall'altra. Le due categorie si trovano coinvolte negli stessi eventi e per questo diventa fondamentale comunicare e capirsi al fine di riuscire a bilanciare le reciproche esigenze. E' essenziale che tra loro si insaturi un rapporto di fiducia: se manca il rispetto si possono provocare tanti danni. La regola è sempre quella di garantire la sicurezza dell'operazione in corso.