Empoli, 16 giugno 2011 - Sei colpi a bruciapelo di calibro nove e quattro di 357 magnum: nessun trauma. Dieci colpi, sempre a bruciapelo, di Kalashnikov (AK 47): sempre nessun trauma. Sono le prestazioni stupefacenti di una moderna “corazza”, tecnologia inventata e brevettata da Cioffi Cosimo di Empoli (Firenze) e sviluppata dalla società Cit srl e brevettata dalla società Cit srl, formata insieme alla moglie Elvira Bagneschi. Oggi, per la prima volta, i due imprenditori hanno deciso di mostrarci in esclusiva foto e filmati sulle prestazioni eccezionali del materiale, a testimonianza della sua caratteristica più stupefacente: l’azzeramento del trauma. Un’efficacia che il prodotto garantisce per tutti i proiettili convenzionali incluso il 762x54 (il famoso dragunov russo) anche con colpi a raffica , caratteristica dei fucili militari.


Dopo un passato sempre nell’imprenditoria, ma nella produzione di magazzini meccanizzati, Cioffi ha avuto un’intuizione geniale. Un nuovo materiale in polimeri e leghe (la cui esatta composizione resta coperta da brevetti nazionali e internazionali, oltre che dal più assoluto segreto industriale) che ha applicazioni sorprendenti: in primo luogo nella realizzazione di giubbotti antiproiettile, anti taglio, anti trauma, anti stiletto e anti rimbalzo, ma anche in blindature e schermature (in campo militare e civile) da raggi e radiazioni di vario tipo.
 

Negli ultimi nove anni, abbandonata interamente la precedente attività imprenditoriale, la coppia ha dedicato tutte le proprie energie, mentali ed economiche, al perfezionamento del nuovo materiale, che adesso è pronto per la commercializzazione su larga scala. Nel frattempo, l’invenzione ha compiuto tutti i passaggi necessari per poter entrare a pieno titolo su un mercato di scala mondiale: brevetto italiano e nazionalizzato nel mondo, autorizzazioni dei Ministeri competenti, sia per le esportazioni che per la vendita ai civili, prove alla presenza di medici legali e periti, sperimentazioni in contesti critici e in condizioni climatiche avverse.


Le prove del vivo


Dato che crederci è, per un imprenditore, il primo passo verso il successo, Cosimo Cioffi ha voluto fare anche la prova estrema. Ha quindi sperimentato direttamente sul proprio corpo una delle applicazioni più importanti del nuovo materiale, quella dei giubbotti antiproiettile. Così si è fatto ripetutamente sparare addosso, sempre a bruciapelo. Ciascuna prova è avvenuta davanti al dottor Giuseppe Panichi, medico legale presso l’Inps di Firenze, che ha provveduto ad acquistare e portare i singoli proiettili (per evitare il sospetto, ad esempio, che potessero venire depotenziati prima dell’uso). Le performance del giubbotto (e in particolare della piastra che deve garantire la protezione delle parti vitali dell’operatore) sono state riprese con una telecamera.


Nessun trauma


Il primo esperimento è avvenuto con una pistola calibro nove e una 357 magnum: dieci colpi e nessun trauma. Per i non addetti ai lavori, significa che non solo il proiettile non ha perforato la piastra (garanzia assicurata anche dai normali giubbotti antiproiettile), ma che l’impatto dell’ogiva non ha avuto alcun effetto collaterale né sulla parte interna della piastra stessa, né sul corpo della persona colpita. Ed è questa la prestazione più eccezionale del nuovo materiale. Zero traumi da urto, significa infatti abbattere una delle più frequenti cause di ferite interne gravi (e spesso di morte) in caso di conflitto a fuoco.

Dopo la prima prova, Cioffi è andato oltre, ripetendola con calibri sempre più grossi. Fino al Kalashnikov, un AK 47, con proiettili full metal jacket. In questo caso, dieci colpi a bruciapelo, ripresi in un filmato a dir poco stupefacente, arrivati sulla piastra a pochissimi millimetri l’uno dall’altro, senza che la persona colpita subisse alcun trauma. Una prova ripetuta anche davanti all’obbiettivo del nostro fotografo, stavolta con un manichino. Alla fine delle sequenze di colpi, la prova del nove: sulla parte posteriore, quella a contatto col corpo, la piastra balistica del giubbotto è rimasta priva di segni o ammaccature.

La violenza del’impatto è stata assorbita, come per magia, dall’innovativo materiale. “Aprendo” la piastra, non si trovano le ogive deformate nella classica forma “a funghetto”, ma schegge minuscole, nelle quali la pallottola si è polverizzata, perdendo totalmente la propria energia cinetica. Un’ulteriore prova ha visto protagonista Elvira Bagneschi (sei colpi di 9x19 parabellum e quattro di 357 Magnum), per dimostrare l’efficacia della piastra anche in caso di donne soldato e su parti delicate come il seno.


Nove anni di lavoro


«Abbiamo sviluppato questo prodotto fianco a fianco per anni – spiega Elvira Bagneschi - e ogni cosa viene valutata e decisa insieme basandosi sull’esperienza, sulla conoscenza del settore e anche sulla sintonia e intesa condivisa. Al momento degli spari c’è sempre un po’ di tensione, ma tutto è andato come previsto: ho avvertito solo una leggerissima pressione. Credo che la nostra scoperta possa essere utilissima anche alle tante donne che operano nelle forze armate in ogni parte del mondo».


«La composizione è ovviamente coperta da brevetto – spiega l’imprenditore Cosimo Cioffi – ma posso dire che si tratta di materiali molto semplici, comuni. Le materie prime sono interamente toscane, così come la catena produttiva che abbiamo individuato». L’invenzione, nella sua applicazione per giubbotti antiproiettile, ha solo un limite: la piastra pesa circa il 20% in più dei supporti analoghi attualmente in dotazione alle forze armate. «Il maggior peso teorico – continua Cioffi – è in realtà ampiamente compensato dalla più ampia superficie di copertura garantita dalla nostra piastra, dato che è efficace anche a pochissimi millimetri dal bordo e in caso di colpi estremamente ravvicinati. In ogni caso, quello della pesantezza è un punto sul quale stiamo ulteriormente lavorando».


Insomma, requisiti sorprendenti, ai quali si aggiungono la non tossicità, la durata e la facilità di conservazione (anche in presenza di temperature sotto i 33 o sopra a 65 gradi centigradi, o di liquidi aggressivi). Una scoperta che potrebbe essere di vitale importanza per l’incolumità dei nostri soldati impegnati nelle rischiose missioni all’estero, che finiscono spesso per essere sotto attacco in pesanti sparatorie.
La speranza è che una tecnologia come questa possa continuare a svilupparsi ed essere prodotta in Italia. Evitando il rischio che, come spesso accade, il brevetto venga venduto a qualche multinazionale straniera.

“Tecnologia grandiosa”: parola di medico legale


Il parere del dottor Giuseppe Panichi, che ha assistito alle prove

“La tecnologia Cit si può definire grandiosa. Il mio contributo è consistito nel verificare e nel certificare l’assenza di lesività corporale a seguito di prove di sparo su esseri umani che, ovviamente, indossavano il pannello balistico Cit. I test, ovviamente leciti e preceduti da prove balistiche documentate da autorevoli organi istituzionali, si sono svolti utilizzando prima armi a canna corta e successivamente il noto fucile AK-47. Quello che ho sempre obiettivato e certificato è stata una totale assenza di lesioni.

Il pannello possiede capacità dissipative dell’energia cinetica prodotta dal proiettile tali da evitare non solo la perforazione, condizione praticamente quasi sempre mortale, ma anche eventuali deformazioni del pannello stesso, condizioni sicuramente lesive e potenzialmente anche mortali. Straordinaria è anche la capacità del prodotto di inglobare totalmente il piombo sparato, evitando dunque eventuali rimbalzi dello stesso. Infine, essendomi sottoposto io stesso alla prova di sparo, posso affermare la totale assenza di dolore o di urto al momento della ricezione del colpo.

Ed anche questo aspetto è di importanza straordinaria, in quanto la consapevolezza dell’assenza di trauma e di dolore all’eventuale ricezione del colpo contribuirà a rendere colui che indossa il pannello maggiormente sicuro ed efficiente in teatro operativo. Con la tecnologia Cit siamo di fronte a un’innovazione tecnologica nell’ambito della difesa personale. Si passa dal vecchio concetto di ridurre, finché possibile, il danno corporale, a quello eccezionale di annullarlo.

Giuseppe Panichi, medico legale Inps Firenze