Roma, 4 agosto 2011 - Sono 42 i Paesi del mondo nei quali e’ ancora prevista la pena di morte ma, statistiche alla mano, il loro numero sta progressivamente diminuendo: e’ questo uno dei dati piu’ significativi che emergono dal Rapporto 2011 di Nessuno tocchi Caino. L’indagine mostra che, rispetto al 2009, il numero dei Paesi in cui vige la pena capitale e’ sceso di 3 unita’ e, rispetto al 2005, mancano all’appello addirittura 13 Stati. Per l’organizzazione si tratta di dati che confermano un’evoluzione positiva verso l’obiettivo di arrivare a un mondo senza piu’ esecuzioni.

“I Paesi o i territori che hanno deciso di abolire la pena di morte sono 155 - si legge nel rapporto - e, fra questi, Paesi totalmente abolizionisti sono 97 mentre gli abolizionisti per crimini ordinari sono 8 e quelli che attuano una moratoria delle esecuzioni sono 6”. Nel 2010, calcola l’associazione, le esecuzioni sono state 5.837, in aumento rispetto alle 5.741 del 2009: una escalation che trova spiegazione nell’impressionante crescita delle esecuzioni in Iran che sono passate dalle 402 del 2009 alle 546 del 2010. Lo scorso anno, i Paesi che hanno fatto ricorso alle esecuzioni capitali sono stati 22 rispetto ai 19 del 2009 e ai 26 del 2008 ma nel 2010 e nei primi sei mesi del 2011, non si sono registrate esecuzioni in 3 Paesi (Oman, Singapore e Thailandia) che invece le avevano effettuate nel 2009.

Nessuno tocchi Caino osserva che l’Asia si conferma come il continente dove si pratica la quasi totalita’ della pena di morte nel mondo. Cina, Iran e Corea del Nord restano i Paesi dove si registra il maggior numero di esecuzioni e solo in Cina sono state applicate circa 5mila sentenze di morte. “Le Americhe - si legge ancora nel rapporto - sarebbero un continente praticamente libero dalla pena di morte, se non fosse per gli Stati Uniti, unico Paese del che ha compiuto esecuzioni (46) nel 2010”.

In Africa, nel 2010 la pena di morte e’ stata eseguita in 6 Paesi (erano stati 4 nel 2009) e sono state registrate almeno 43 esecuzioni. In Europa, la Bielorussia e’ l’unica eccezione in un continente altrimenti libero dalla pena di morte. Dei 42 in cui vige la pena di morte, 35 sono Paesi dittatoriali, autoritari o illiberali.

Sulle prospettive future della battaglia condotta contro la pena di morte nel mondo, Nessuno tocchi Caino guarda con fiducia alle rivoluzioni arabe, in primo luogo a Marocco e Tunisia. Ma il banco di prova forse decisivo - osserva l’associazione - e’ l’Egitto, Paese che all’ONU e’ stato sempre in prima linea nel contrasto alla risoluzione pro moratoria.

“Se il governo egiziano ad interim sapra’ garantire un processo equo ai massimi responsabili del vecchio regime, questa sara’ la prova piu’ evidente di una discontinuita’ rispetto al passato”.


TRE PAESI NEL MIRINO: CINA, IRAN E COREA DEL NORD - “Sul “terribile podio”, come lo chiama l’associazione Nessuno tocchi Caino, dei primi tre Paesi che nel 2010 hanno compiuto piu’ esecuzioni nel mondo, siedono tre Paesi asiatici: Cina, Iran e Corea del Nord. Nel Rapporto 2011 sulla pena di morte si calcola che in Cina, l’anno scorso, sono state eseguite almeno 5mila sentenze ma, pur in mancanza di dati ufficiali, le condanne sarebbero diminuite rispetto al 2009. Preoccupa la progressione dell’Iran dove le esecuzioni sono passate dalle 402 del 2009 alle 546 del 2010 e quest’anno, secondo Iran Human Rights, al 7 luglio erano gia’ state 390. In pratica, piu’ di due al giorno.

Nessuno tocchi Caino sottolinea che la diminuzione di condanne a morte in Cina “e’ stata piu’ significativa a partire dal 2007, quando e’ entrata in vigore la riforma in base alla quale ogni condanna emessa da tribunali di grado inferiore deve essere rivista dalla Corte Suprema”.

In un recente articolo il China Daily ha riportato che la Corte Suprema cinese ha annullato circa il 10% delle condanne a morte da quando ha assunto il diritto esclusivo di ratificare le condanne capitali. A quanto risulta agli esperti dell’associazione contro la pena capitale, nel febbraio 2010, la piu’ alta corte cinese ha emesso nuove linee guida sulla pena di morte suggerendo ai tribunali minori di limitare l’applicazione a casi “estremamente gravi”.

In Iran si registra invece un’impennata di esecuzioni. Secondo un monitoraggio effettuato da Iran Human Rights (IHR), Ong con sede in Norvegia che si batte contro la pena di morte nella repubblica islamica, nel 2010 in Iran sono state eseguite almeno 546 sentenze capitali contro le 402 dell’anno precedente. Nel 2011, non vi e’ stato alcun segno di un’inversione di tendenza. Anzi, l’Iran ha assistito a un aumento drammatico delle esecuzioni nei primi mesi dell’anno: Iran Human Rights ha registrato 390 esecuzioni fino al 7 luglio. I dati reali potrebbero pero’ essere ancora piu’ alti, se si considerano le notizie diffuse da fonti indipendenti come ex detenuti, familiari e avvocati di condannati a morte. A riprova della recrudescenza del regime iraniano, sottolinea Nessuno tocchi Caino, si registra che a meta’ 2011 sono gia’ state impiccate in pubblico almeno 36 persone.

Situazione preoccupante anche in Corea del Nord. Secondo una fonte diplomatica interna citata dall’associazione, nel 2010 ci sono state 60 esecuzioni pubbliche, piu’ del triplo rispetto all’anno precedente. Le esecuzioni nel Paese asiatico sarebbero aumentate nel tentativo di rafforzare il regime durante il periodo di transizione al potere di Kim Jong-un, designato alla successione del padre Kim Jong-il. L’erede avrebbe richiesto “fucilazioni in tutto il Paese”.

PREMIATO IL PRESIDENTE DELLA MONGOLIA: ABOLIZIONISTA DELL'ANNO - E’ Tsakhia Elbegdorj, presidente della Mongolia, “l’abolizionista dell’anno” premiato dall’associazione ‘Nessuno tocchi Caino’. Si tratta di un riconoscimento conferito ogni anno a chi piu’ di ogni altro si e’ impegnato sul fronte dell’abolizione della pena di morte. Da qui, la scelta del capo di Stato mongolo che il 14 gennaio 2010 ha introdotto una moratoria delle esecuzioni. In quell’occasione, Elbegdorj si presento’ davanti al parlamento affermando che tale punizione toglieva dignita’ al Paese e sostenne la necessita’ di seguire l’esempio della “maggioranza delle nazioni del mondo che hanno scelto di abolirla”. Undici mesi piu’ tardi, il 21 dicembre 2010, la Mongolia per la prima volta voto’ a favore della risoluzione per una moratoria universale sull’uso della pena di morte all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

La presa di posizione di Elbegdorj e’ in linea con il personaggio, il primo presidente del Paese a non provenire dalle fila del Partito Rivoluzionario del Popolo Mongolo ma al contrario salito alla ribalta delle scena politica come uno dei leader delle proteste pacifiche che nel 1990 misero fino a oltre 65 anni di dominazione comunista. In qualita’ di parlamentare, Elbegdorj, che ha compiuto una parte degli studi in Occidente ed ha fondato il quotidiano Ardchilal (‘Democrazia’), ha partecipato alla stesura della nuova Costituzione della Mongolia, nella quale sono stati inseriti richiami ai diritti umani ed e’ stata introdotta democrazia e libero mercato. Nel 2000 ha fondato il Mongolia’s Liberty Center, una Ong per i diritti umani, l’educazione e la liberta’ d’espressione. Il premio dell’associazione verra’ consegnato al presidente mongolo a Roma in ottobre, in occasione della Giornata mondiale contro la pena di morte.

NAPOLITANO: ABOLIRE LA PENA DI MORTE E' UN VALORE ETICO E DI CIVILTA' - "L’abolizione della pena capitale e’ un obiettivo di “grande valore etico e civilta’ giuridica”. Lo scrive il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in un messaggio invitato al segretario dell’associazione “Nessuno tocchi Caino” in occasione della Giornata di presentazione del rapporto annuale su “La pena di morte nel mondo”. Nel messaggio il Capo dello Stato ha espresso apprezzamento per “la tenacia con la quale l’organizzazione opera da anni”. “Il rapporto 2011 - prosegue Napolitano - dedica giustamente attenzione alle opportunita’ dischiuse dai fermenti di rinascita politica e democratica nel bacino del Mediterraneo. Sono lieto che a questa presentazione sia autorevolmente presente la Tunisia, dalla quale sono venuti segnali incoraggianti nella direzione auspicata. Le liberta’ civili, lo Stato di diritto e le istituzioni democratiche si difendono piu’ efficacemente dalle aggressioni violente quando la risposta e’ all’insegna della civilta’ giuridica e del rispetto dei diritti della persona umana. Ce lo ha ricordato di recente il luminoso esempio di compostezza e di attaccamento alle liberta’ democratiche offerto dalla Norvegia, pur ferita da una violenza cieca e insensata”.