Lampedusa, 4 agosto 2011 - "Eravamo trecento, ma un centinaio, soprattutto donne, non ce l’hanno fatta e gli uomini sono stati costretti a buttare in acqua i loro corpi", ha raccontato una delle quattro marocchine soccorse su un barcone in avaria in acque libiche.

 

Nella tarda serata di ieri sono rientrate nel porto di Lampedusa le quattro motovedette della Guardia Costiera partite dalla maggiore delle Pelagie in soccorso del barcone con a bordo 370 immigrati rimasto in avaria ad una novantina di miglia dall’isola, mentre si trovava ancora in acque libiche. Sbarcati sull’isola, una cinquantina di extracomunitari sono stati assistiti da medici e volontari. Molti di loro presentavano segni di disidratazione e spossatezza, dopo aver trascorso cinque giorni in balia delle onde.

 

Il barcone era stato segnalato inizialmente alle autorità marittime da un rimorchiatore cipriota, che per aiutare gli immigrati aveva gettato delle zattere galleggianti in soccorso, ma se ne era allontananti quasi subito. A quel punto un elicottero della Guardia Costiera è partito da Catania, e una volta raggiunto il natante aveva calato a bordo con un cestello con acqua e viveri. Successivamente, un altro elicottero aveva raggiunto l’imbarcazione e prelevato tre extracomunitari bisognosi di cure immediate.

 

Trasferiti al poliambulatorio di Lampedusa, i tre immigrati, tra cui una donna, hanno raccontato che durante il viaggio, molti altri migranti erano morti di stenti, e i loro corpi erano stati gettati in mare.

 

Nel frattempo quattro motovedette della Capitaneria hanno agganciato la carretta del mare, e trasbordato gli occupanti. Il comandante Antonio Morana, contattato telefonicamente, ha spiegato che sul natante c’era un solo cadavere, che è stato recuperato, ma che nel tratto di mare intorno al barcone, non è stato individuato nessun corpo galleggiante.

 

L’Italia avrebbe chiesto ad un’unità della Nato che si trovava in zona di soccorrere il barcone alla deriva, non ricevendo però risposte positive. Alle 14.40 quindi i naufraghi a bordo del barcone e delle zattere, sono stati raggiunti da tre delle quattro motovedette partite da Lampedusa, che hanno iniziato il trasbordo al sicuro degli occupanti, ridotti ormai allo stremo delle forze, per l'immediato trasferimento nell'isola.

 

MA LA NATO RESPINGE LE ACCUSE - La Nato respinge al mittente l’accusa mossa dall’Italia. Un portavoce dell’Alleanza ha spiegato che il comando delle operazione marittime è stato informato dall’Italia di una richiesta d’aiuto ma che poco dopo le autorità italiane hanno confermato "di aver fatto fronte all’emergenza con tre navi e i loro elicotteri di supporto".

 

IL SINDACO DI LAMPEDUSA: GRAVE CHE LA NATO NON SIA INTERVENUTA - “Basta con queste carneficine nel Mediterraneo, fermiamole. Non possiamo continuare ad assistere a queste tragedie del mare. Bisogna ‘abbattere’ Gheddafi e chiudere le frontiere libiche. Chiedo all’Ue ma anche al Presidente degli Usa Obama di intervenire”. E’ il disperato appello lanciato dal sindaco di Lampedusa, Bernardino De Rubeis, dopo l’ennesima tragedia dell’immigrazione che, secondo il racconto di alcuni testimoni, sarebbe costata la vita a decine di profughi, morti di stenti sul barcone in avaria a 90 miglia da Lampedusa. De Rubeis se la prende anche con la nave della Nato che, nonostante fosse stata contattata dalle autorita’ italiane, non si sarebbe fermata per aiutare il barcone con 370 profughi a bordo, tra cui donne e bambini. ‘’E’ grave che una nave dell’Alleanza atlantica non sia intervenuta per soccorrere persone in difficolta’’’, rileva.

 

“Siamo stanchi di assistere alla sofferenza di migliaia di persone che continuano ad arrivare sui nostri territori, ma siamo anche stanchi di assistere alla morte di centinaia di profughi”, aggiunge De Rubeis, che chiede “subito” l’intervento dell’Europa, ma anche dell’Onu e degli Stati Uniti affinche’ vengano bloccate le partenze dalla Libia.

 

E FRATTINI CHIEDE UN'INCHIESTA UFFICIALE - Il Ministro degli Esteri Frattini ha dato istruzioni al Rappresentante Permanente italiano presso la Nato di chiedere un’inchiesta formale per l’accertamento della dinamica di quanto accaduto, in relazione alle polemiche circa il presunto mancato soccorso a battelli con clandestini a bordo in fuga dalla Libia. Lo ha comunicato la Farnesina.

 

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MORTI NELLA STIVA, ARRESTATI SEI SCAFISTI - Con l’accusa di omicidio, lesioni e favoreggiamento per l’immigrazione clandestina, la Procura di Agrigento ha arrestato, con un provvedimento di fermo, i sei presunti scafisti del barcone approdato domenica notte a Lampedusa con a bordo anche 25 corpi di profughi morti asfissiati e picchiati nella stiva dell’imbarcazione. Per emettere il provvedimento nei confronti dei sei migranti, gia’ indagati per gli stessi reati, i magistrati hanno dovuto attendere l’autorizzazione a procedere, firmata dal ministro della Giustizia, necessaria perche’ i reati sono stati commessi in acque internazionali.

I sei scafisti, fino ad oggi guardati a vista al Centro d’accoglienza di Lampedusa, sono stati portati via alle 7.30 con l’aliscafo che da Lampedusa raggiungera’ Porto Empedocle. Da qui verranno accompagnati al carcere di Agrigento. Secondo il racconto fatto da diversi testimoni, tra i 271 profughi a bordo dell’imbarcazione con i 25 cadaveri, i sei arrestati avrebbero condotto il barcone e alcuni di loro avrebbero picchiato, anche a colpi di bastone sul cranio, due profughi che avrebbero tentato di risalire dalla stiva, dove era finito l’ossigeno, sul ponte.