Roma, 16 ottobre 2011 - Era il 16 ottobre 1944 - ormai 67 anni fa - quando, nel pieno delle leggi razziali, che toglievano/vietavano i diritti fondamentali della persona agli italiani ebrei, in seguito a una spiata, venne catturato Salvatore S., romano, classe 1895. Il figlio di 10 anni che era con lui riuscì miracolosamente a fuggire. L’uomo morirà ad Auschwitz.


Dopo mezzo secolo la figlia, Lidia S., classe 1938, dopo aver raggiunto l’età pensionabile, decide di inoltrare domanda alla Commissione per le Provvidenze ai perseguitati politici antifascisti o razziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri per usufruire dell’assegno di benemeranza, quale orfana di un perseguitato razziale.


“Ma la Commissione, contravvenendo ai chiari ed ineccepibili dettami dell’art. 3 della L. 932/1980, rigetta la domanda solo perché manca un certificato medico della signora”. Da qui la signora Lidia si è affidata agli avvocati Lorenzo Amore e Giacinto Canzona, che hanno fatto ricorso alla Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per le pensioni. La prossima udienza udienza è fissata il 19 ottobre 2011.


E’ una vergogna - sostengono i legali, che hanno reso nota la vicenda - non riconoscere alla nostra assistita quanto le spetta di diritto dopo che a soli 6 anni si è vista privare di tutto; è come dimenticare la Storia e le sue vergognose crudeltà, e chi dimentica, ancor di più se rappresenta lo Stato democratico, si rende complice omertoso delle atrocità del passato”.