Roma, 2 febbraio 2012 - Essere il terzo Paese in Europa per morti su bicicletta di certo non aiuta la promozione degli spostamenti su due ruote, tanto invocati per ridurre consumi e inquinamento.

Negli ultimi 10 anni l'Italia ha collezionato un numero di vittime doppio del Regno Unito, ben 2.556 martiri delle due ruote.

A lanciare l’allarme per i ciclisti è la Fondaziona Ania precisando che l’Italia è il terzo Paese in Europa per mortalità su biciclette. ‘’La sensibilizzazione sulla sicurezza stradale attraverso i media è fondamentale per ridurre il numero e la gravità degli incidenti - ha precisato il segretario generale della Fondazione Ania, Umberto Guidoni - . La campagna lanciata oggi dal Times per la tutela dei ciclisti in Gran Bretagna dovrebbe costituire un esempio per tutti su come istituzioni pubbliche, associazioni private e mondo dei media debbano lavorare in sinergia per combattere quella che è la più grande tragedia del nostro Paese, ovvero gli incidenti stradali’’.

Il prestigioso quotidiano londinese ha titolato l’edizione cartacea ‘Save our cyclists’, e rilanciato l’iniziativa attraverso il sito internet.

Il segretario generale della Fondazione Ania, Umberto Guidoni spiega: ‘’La tutela delle utenze deboli della strada è un problema comune in tutto il mondo. Ciclisti e pedoni sono le categorie che rischiano di più di essere investite. In 10 anni sulle strade britanniche sono morti 1.275 ciclisti e, dalle statistiche europee, risulta che nel solo 2010 si sono registrate 104 vittime in incidenti che hanno coinvolto biciclette. In Italia lo scenario è ancora più negativo: nel 2010 sono morti 263 ciclisti (6% del totale dei morti), 2.556 nel corso dell’ultimo decennio. Più del doppio di quelle registrate in Gran Bretagna. Questi dati dimostrano che nel nostro Paese si deve fare ancora molto in termini di prevenzione, ma anche di comunicazione e sensibilizzazione’’.

Per le strade italiane circolano oltre 11 milioni di biciclette. A livello europeo, nel 2010, il nostro Paese si colloca al terzo posto per la mortalità stradale dei ciclisti, preceduto solo dalla Germania (462 morti) e dalla Polonia (280). Situazione migliore in Romania (182), Francia (147), Olanda (138) e Gran Bretagna (104).

Indispensabile, secondo il segretario generale della Fondazione Ania, il rispetto delle regole della strada, supportato dal completamento dell’iter legislativo per l’introduzione del reato di omicidio stradale in quei casi in cui gli incidenti sono causati dalla guida in stato psicofisico molto alterato o da una velocità molto al di sopra dei limiti.