Roma, 13 febbraio 2012 - La Ducati, il costruttore italiano di moto ad alte prestazioni noto in tutto il mondo, si appresta a passare di mano. Investindustrial, il gruppo tricolore di private equity che fa capo alla famiglia Bonomi, ha intenzione di vendere il marchio in una transazione che potrebbe valere fino a 1 miliardo di euro, il triplo dell’investimento iniziale. Secondo fonti finanziarie, il ritorno in Borsa delle due ruote di Borgo Panigale è l'ipotesi più accreditata. Ma attenzione: il titolo non arriverebbe sul mercato di Milano, ma bensì sul listino di Hong Kong.

"CERCHIAMO UN PARTNER PER CRESCERE"- “Ducati è attualmente un’azienda perfetta, ma per un’ulteriore crescita ha bisogno di un partner industriale di classe mondiale. Quest’anno lavoreremo per trovare quel partner”, ha dichiarato al Financial Times il presidente di Investindustrial Andrea Bonomi, lui stesso un pilota di Ducati e appassionato di competizioni nautiche offshore.

Lo scorso anno Investindustrial, uno dei maggiori investitori in private equity del Sud euroma - scrive il Ft - ha dato mandato a Deutsche Bank e a Goldman Sachs di sondare una quotazione in borsa di Ducati a Hong Kong..

Bonomi ha spiegato che una manciata di gruppi industriali in Asia, Europa e Usa sono interessati a Ducati e, secondo fpnti vicine al dossier, tra i possibili acquirenti figurano il gruppo motociclistico indiano Mahindra e colossi tedeschi come Volkswagen. Si è tirata subito fuori dalla partita Bmw, che peraltro già costruisce moto. Il costruttore di Monaco di Baviera ha dichiarato di non essere interessato all'acquisto dell'azienda.

Ducati, che inizio 86 anni fa la sua attività come produttore di apparecchi radiofonici, vende circa 40 mila moto all’anno con una quota del 9% nel mercato globale delle moto sportive. Il design filante e la sua immagine ha appassionato anche molti vip, a partire dal principe William d’Inghilterra. Ducati ha in carico debiti pari a circa 1,7% degli utili prima degli interessi, svalutazione e ammortamenti: un livello basso nel confronto con la maggior parte delle aziende in portafoglio private equity.