Roma, 21 febbraio 2012 - In poco più di due anni si contano 25 morti sospette nei reparti di emergenza-urgenza degli ospedali italiani. Quasi un decesso al mese legato a presunti casi di malasanità ‘da pronto soccorso’. E’ quanto emerge da una analisi dell’Adnkronos Salute su dati della Commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori sanitari.

Bufera pronto soccorso, dunque, dove non regnano solo disagi e caos, con malati abbandonati a se stessi, che attendono ore prima di essere visitati. In poco più di due anni si contano anche 25 morti sospette nei reparti di emergenza-urgenza degli ospedali italiani, finiti sotto la lente d’ingrandimento della Commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori sanitari. Ben 25 casi a fronte di circa 30 milioni di accessi ai Dea ogni anno. La maggior parte dei decessi si registra in Sicilia e Calabria. Tra questi 4 bimbi.

Lo studio riguarda i casi di presunta malasanità legati al sistema dell’emergenza - che comprende quindi sia la rete dei pronto soccorso che il servizio del 118 - giunti all’attenzione della Commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori in campo sanitario e i disavanzi sanitari regionali. Si tratta degli episodi che dopo un esposto, una segnalazione o magari un articolo di giornale arrivano sul tavolo del presidente della Commissione Leoluca Orlando, che interviene per chiedere chiarimenti ed eventualmente disporre ulteriori accertamenti.

Dati significativi da cui emerge un’amara verità: l’allarme sullo stato di salute dei pronto soccorso non riguarda solo gli ospedali romani, al centro delle polemiche di questi giorni. Il degrado dei servizi di prima emergenza sembra estendersi da Nord a Sud. Soprattutto al Sud. Anche se per la Commissione i casi in esame “hanno un valore indicativo, ma nessun valore statistico”, dall’analisi emerge subito un dato: ben 14 casi di morti sospette su 25 si sono verificate nei reparti d’emergenza di due Regioni, Calabria (8) e Sicilia (6). Tante le cause che potrebbero nascondersi dietro a queste morti sospette e alla confusione che regna all’interno dei pronto soccorso: ambulanze che arrivano in ritardo - magari guidate da autisti senza patente - diagnosi sbagliate, dimissioni affrettate. Ma soprattutto, mancanza di mezzi e attrezzature e carenza di posti letto e di personale qualificato.

Tra i decessi sospetti registrati in Calabria c’è quello di una donna al pronto soccorso di Castrovillari (Cosenza), che potrebbe aver pagato a caro prezzo la mancanza del borsone con i tubi orotracheali sulla prima ambulanza che l’ha soccorsa. C’è poi la morte di un bimbo all’ospedale di Polistena (Reggio Calabria): doveva essere trasferito con urgenza in un ospedale piu’ attrezzato, ma per mancanza di mezzi di soccorso adeguati arriva dopo molte ore agli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria dove viene operato, ma senza successo.

Sempre in Calabria, nel 2010, è balzato alle cronache il caso della bimba nata all’ospedale di Rossano e deceduta all’Annunziata di Cosenza. La madre era stata costretta a vagare dall’ospedale di Trebisacce al presidio di Rossano sull’auto del marito, essendo l’ambulanza del 118 già impegnata per un soccorso. A Lamezia Terme è invece morta una donna che ha avuto la sfortuna di essere soccorsa da un’ambulanza con il defibrillatore guasto. Un defibrillatore non funzionante - sempre a Lamezia Terme - potrebbe essere la causa del decesso di una ventenne con problemi cardiaci. Un guasto, tra l’altro, che era già stato oggetto di segnalazione in un esposto datato dicembre 2009.

In Sicilia, l’ultimo in ordine di tempo è il caso legato alla morte di una donna il 28 aprile scorso all’ospedale Vittorio Emanuele di Gela. Secondo quanto segnalato dai familiari ai Carabinieri, il 27 aprile la signora, colpita da un malore, si sarebbe recata nella struttura dove, dopo i primi accertamenti clinici, sarebbe stata dimessa con l’invito a tornare, per ulteriori controlli, l’indomani mattina. In corsia non c’erano posti liberi. Ripresentatasi il giorno successivo al pronto soccorso, sarebbe deceduta a causa di un infarto dopo avere atteso diverse ore per essere visitata. Cinque medici dell’ospedale sono stati iscritti nel registro degli indagati per la morte della 71enne.

Sempre in Sicilia, risulta che un uomo che doveva essere trasferito in un altro ospedale perché entrato in coma nel corso di un’operazione al setto nasale, abbia dovuto aspettare che l’ambulanza facesse prima rifornimento. Probabilmente il paziente non è morto per quei 10 minuti in più - saranno eventualmente gli inquirenti ad accertarlo - ma certo l’episodio ha dell’incredibile.

C’è poi il caso della morte di un cittadino cingalese di 47 anni avvenuto a fine ottobre 2010 all’ospedale Garibaldi di Catania. Secondo l’esposto presentato dai parenti della vittima, l’uomo sarebbe stato visitato solo quattro ore dopo il suo arrivo al pronto soccorso per un infarto del miocardio. A Pozzilli, in Molise, un uomo è invece morto per infarto dopo che i familiari hanno tentato a lungo - senza successo - di contattare il 118. I problemi della rete dell’emergenza non si registrano però solo al Sud. Sul tavolo della Commissione diversi episodi - non necessariamente legati a decessi - riguardano strutture e servizi del Centro e del Nord Italia. Nel Lazio, ad esempio, i recenti casi balzati alle cronache hanno fornito una fotografia impietosa delle condizioni in cui versano i pronto soccorso dei più importanti ospedali di Roma.

Intanto, tra le carte della Commissione errori che riguardano il Lazio, spicca il caso di una donna di 82 anni, morta dopo 21 ore di attesa al pronto soccorso del San Camillo di Roma. La paziente, secondo quanto riferito dai familiari, era arrivata il 14 luglio 2011 alle 17 al pronto soccorso ed era stata classificata come codice verde. Dopo aver trascorso la notte su una sedia a rotelle, è entrata in coma ed il 16 luglio, alle 17.45, è morta, per un’emorragia cerebrale. C’è poi il caso della 56enne morta all’ospedale Santa Scolastica di Cassino. Secondo il racconto dei familiari, la signora sarebbe rimasta per ben otto ore al pronto soccorso con uno stato di affaticamento respiratorio e dolori al petto. Una volta concluso l’iter di accertamenti i medici avrebbero stabilito il suo ricovero nel reparto di ortopedia ma, mentre veniva trasferita ai piani superiori, la donna è stata colta in ascensore da infarto ed è morta. Incredibile anche quanto capitato a uomo di Subiaco, morto dopo essere stato rifiutato cinque volte da ben 4 ospedali.

Morti sospette in pronto soccorso si sono registrate anche negli ospedali del Nord del Paese. Ad esempio in Piemonte, a Ivrea, dove a gennaio 2011 una donna ha perso la vita dopo esser stata sottoposta agli esami di routine al pronto soccorso dell’ospedale cittadino e dimessa la notte stessa. Visto il peggioramento delle sue condizioni, la paziente era stata portata d’urgenza all’ospedale di Chivasso dove però ha perso la vita nel giro di tre ore. Una dimissione forse affrettata potrebbe invece essere all’origine del decesso di un uomo a Pisa, morto poche ore dopo essere stato dimesso con terapia antalgica dal pronto soccorso dell’Azienda ospedaliera universitaria pisana.

La scarsa tempestività potrebbe invece essere la causa della morte dell’ex cestista Pino Brumatti, il 21 gennaio 2011 a Gorizia. I familiari dell’ex guardia dell’Olimpia Milano hanno presentato una denuncia, lamentando ritardi nei soccorsi da parte degli operatori del 118; la Procura di Gorizia ha aperto un’inchiesta sul caso e il direttore dell’azienda sanitaria isontina, Gianni Cortiula, ha nominato una commissione interna d’inchiesta che dovrà accertare la dinamica dei fatti.

Un caso anche in Liguria e in Veneto. A Genova il 2 gennaio 2011 è morta una bimba di 20 mesi all’ospedale Gaslini. La piccola era stata portata al pronto soccorso in mattinata per vomito e un insolito sanguinamento dalla bocca. All’ospedale le sue condizioni erano state giudicate non preoccupanti, da “codice giallo”, e i medici avevano deciso di rimandare ulteriori esami. Nel pomeriggio, però, le condizioni della piccola sono precipitate. La bimba è stata così ricoverata in gastroenterologia per essere sottoposta a intervento chirurgico, ma è entrata in coma e poco dopo è morta. A Verona, nel 2010, una donna di 56 anni, cardiopatica, diabetica e portatrice di pacemaker è invece morta nel suo letto circa mezz’ora dopo essere stata dimessa con la diagnosi di una lieve bronchite dal pronto soccorso dell’ospedale Borgo Trento di Verona. Non sarebbe stata sottoposta ad accertamenti cardiologici nonostante i problemi di salute denunciati.

Decessi sospetti anche in Lombardia e in Emilia Romagna. A Pavia un bimbo di sette anni muore il 21 marzo 2011. Il piccolo era già stato visitato al pronto soccorso del Policlinico San Matteo perché lamentava dolori intestinali e febbre. Dimesso e portato a casa, è deceduto due giorni dopo sull’ambulanza del 118 che lo stava trasportando in ospedale. A Bologna lo scorso giugno è invece morto un uomo colpito da un ictus.

I familiari del paziente hanno presentato denuncia lamentando omissioni da parte dei medici, che non avrebbero applicato l’apposita procedura salvavita.

L’analisi della Commissione, oltre ai casi elencati, porta inoltre alla luce diverse ‘magagne’ del sistema nazionale dell’emergenza. E’ il caso dell’esposto (ottobre 2010) che riguarda lo spostamento delle salme all’interno del Policlinico di Messina con mezzi non conformi. Addirittura si segnala che le ambulanze destinate al solo trasporto dei malati verrebbero usate anche per i cadaveri, violando così le norme sanitarie previste per legge.

Sul tavolo di Orlando c’è poi l’esposto del luglio 2010 che prende in esame le anomalie del 118 della provincia di Ragusa riguardo patenti e targhe. In questo caso è l’estensore che si autodenuncia, dichiarando di aver guidato lui stesso ambulanze senza avere la patente idonea. Un altro esposto è quello del febbraio 2011 su presunti disservizi e illeciti relativi al servizio 118 di Foggia.