Firenze, 29 febbraio 2012 - "Quando ti uccidono un figlio, è come se ammazzassero anche te". Non dimenticherò mai le parole che mi disse la mamma di un ragazzo travolto mentre attraversava sulle strisce pedonali, a Milano. L’investitore, risultato ubriaco, al processo se l’era cavata con poco e per di più aveva riottenuto velocemente la patente. Ora questa legge che introduce il reato di omicidio stradale, se davvero andrà in porto, rimuove un vulnus presente nel nostro Codice della Strada: chi causa un incidente mortale guidando ubriaco (con tasso alcolemico superiore all’1,5%) o sotto l’effetto di droghe, non solo avrà una condanna pesante, almeno otto anni,ma soprattutto non potrà più guidare un’automobile, con il cosiddetto "ergastolo della patente". Personalmente, ritengo questa seconda misura ancora più importante della prima: troppe tragedie hanno per protagonisti guidatori che già avevano provocato altri incidenti gravissimi, senza che nessuno potesse fermarli in tempo dalla recidiva.

Nel faticoso cammino della legge c’è un piccolo miracolo: a idearla e sostenerla con sforzi sovrumani, c’è il padre di un ragazzo che fu travolto e ucciso da un ubriaco. L’uomo, un ingegnere fiorentino, si chiama Stefano Guarnieri e il miracolo sta nel fatto che non ha mai cercato vendetta per il suo Lorenzo, preferendo prodigarsi per evitare che il suo dramma non entrasse in altre famiglie. Ecco perché ha dato vita a una Fondazione che a sua volta ha generato decine di iniziative, tra cui la stesura della proposta di legge sull’omicidio stradale e la raccolta delle 50mila firme necessarie per portare il tutto all’attenzione del Parlamento.

Il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, lo ha appoggiato, mettendo la sua firma in testa a un lungo elenco fatto di adesioni giunte da ogni parte d’Italia. Un plauso, dunque, al ministro Corrado Passera, che sposa la proposta di Guarnieri senza se e senza ma, dando al governo Monti la possibilità di dimostrare di non essere un esecutivo legato solo all’emergenza economica. Ma tutti devono sapere che la deterrenza da sola non basta, se non è accompagnata da una capillare campagna di educazione. Buttata lì così, rischia solo di aumentare i casi di pirateria, a opera di chi fugge per evitare le pene draconiane in arrivo.