Bologna, 6 marzo 2012 - LO SGUARDO smarrito di Marco Alemanno, la sua voce che diventa pianto, le sue parole sono certamente i fotogrammi che meglio testimoniano la profondità di un rapporto, artistico e umano, che la morte improvvisa di Lucio Dalla ha spezzato. E la profonda relazione affettiva tra il cantante e il suo corista, produttore e compagno non ha certo impedito alla chiesa di accoglierlo come protagonista delle cerimonia funebre in San Petronio.


«Abbiamo semplicemente fatto quello che è abitualmente previsto per ogni funerale —sottolinea monsignor Giovanni Silvagni, vicario generale della diocesi di Bologna — Non c’è stata una attenzione particolare, ogni persona ha famigliari o amici molto stretti, che possono portare la loro parola di ricordo e commemorazione. Questo è lo spirito con il quale la Chiesa affronta questi momenti così dolorosi. Abbiamo concordato la celebrazione con le persone che erano più vicine a Dalla, cercando di rispettare una dimensione famigliare, nonostante la folla enorme».


Che effetto le hanno fatto le parole di Marco Alemanno?

«Mi ha profondamente impressionato la sua delicatezza nel tributare il saluto estremo a Dalla: questo ragazzo era sicuramente la persona più vicina al cantante, e nella chiesa si è avvertito l’affetto profondo che li legava, ma anche il pudore, quasi, a renderlo pubblico. C’era molto riserbo, in lui e negli altri che hanno deciso insieme a noi come si sarebbe svolta la cerimonia. Da parte nostra, ci siamo semplicemente attenuti ai criteri che la liturgia funebre detta, che valgono per tutti i fedeli. E sono molto contento che la chiesa sia riuscita a mantenere questo tono, anche se eravamo di fronte a così tante celebrità che rischiavano di trasformare tutto in un evento mediatico. Non volevamo che la messa diventasse uno spettacolo».

Hanno molto colpito la compostezza e il dolore di Alemanno.

«Marco ha dimostrato straordinaria sensibilità nello scegliere le parole più adatte. Un discorso profondo, che proveniva dal cuore, ha detto quello che sentiva e che forse solo lui, visto lo stretto rapporto con Dalla, poteva percepire, riuscendo però a condividere queste sensazioni con una folla immensa, renderle patrimonio pubblico. La sua è stata davvero una bella testimonianza».

Monsignore, nella funzione religiosa ha influito in alcuna maniera il fatto che Marco Alemanno fosse il compagno di Lucio Dalla?

«Per nulla, a me e alla Chiesa non interessa certo il genere di rapporto che univa Alemanno e Dalla, noi li abbiamo accolti entrambi nella cerimonia. Il resto, credo, debba essere lasciato alla riservatezza. Lo stile con cui il giovane ha affrontato una vicenda così drammatica è stato a mio avviso esemplare. Per il resto io non entro nella loro sfera personale che tale deve rimanere. Loro non hanno voluto esternarla e noi, la Chiesa, ci limitiamo a rispettare questa decisione».

 

di PIERFRANCESCO PACODA