Napoli, 19 marzo 2012 - Sessanta persone, tra le quali anche alcuni giudici tributari, sono state arrestate nel napoletano dalla Guardia di Finanza. Le accuse vanno dal concorso esterno in associazione camorristica al riciclaggio, dalla corruzione in atti giudiziari al falso.

Le misure cautelari (22 in carcere, 25 con i benefici dei domiciliari e 13 divieti di dimora nella provincia) sono state richieste e ottenute dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli nell'ambito di un'inchiesta sugli "affari" di esponenti di rilievo del clan camorristico Fabbrocino, ritenuto egemone nell’area vesuviana e del Nolano.

L'indagine si è poi progressivamente allargata a numerose operazioni illecite, fino a coinvolgere imprenditori operanti nei settori della commercializzazione del ferro, della compravendita immobiliare e della gestione di alberghi, finendo poi per chiamare in causa giudici tributari e diversi funzionari pubblici (28 in totale) per numerosi episodi di corruzione. Nell’inchiesta, inoltre, risulta coinvolto un noto gruppo imprenditoriale campano con interessi sull’intero territorio nazionale.

Contestualmente eseguito anche un sequestro beni per un valore complessivo di un miliardo di euro tra conti correnti, quote di società, attività finanziarie, terreni, fabbricati e auto.

Tra i destinatari delle misure cautelari ci sono anche sedici giudici tributari, otto funzionari impiegati presso le Commissioni Tributarie Provinciale e Regionale di Napoli, un membro del Garante del Contribuente della Campania e un funzionario dell’Agenzia delle Entrate di Napoli.

Al centro dell’inchiesta del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Napoli c’è il gruppo Ragosta, holding con fatturato da 200 milioni che fa capo a Fedele Ragosta e che è organizzato in quattro divisioni autonome: Ragosta Steel, Ragosta Real Estate, Ragosta Hotel e Ragosta Food. Alcune delle misure cautelari sono eseguite nella provincia di Salerno.

Tra le imprese del gruppo, alberghi a Taormina e Vietri; le attività legate al marchio Lazzaroni con un contenzioso in tribunale sull’uso del nome contro gli eredi vinto dai Ragosta; le Acciaierie Sud. Secondo le indagini, per le acquisizioni di imprese, l’holding avrebbe usato il denaro del clan Fabbrocino. Tra gli arrestati, anche un docente universitario di diritto tributario, Enrico Potito.

Tra i destinatari della misura cautelare in carcere, il patron del gruppo Fedele Ragosta; la moglie Anna Maria Iovino; i suoi fratelli Francesco e Giovanni; i giudici tributari della Commissione provinciale napoletana Vincenzo Esposito e Massimo Massaccesi; gli impiegati della stessa Commissione Gaetano Borrelli, Domenico Mascioli e Carmine Di Giovanni, che è anche responsabile dell’ufficio Massimario; il direttore Ciro Orlando Miele; Anna Maria D’Ambrosio, commercialista titolare di una società che si è occupata di consulenze per il gruppo Ragosta e che è anche giudice tributario. Giovanni Ragosta nel 2008 era stato destinatario di una misura cautelare per truffa ai danni dello Stato avendo percepito per l’accusa indebitamente contributi per 5 milioni di euro in base alla legge 488.