Bolzano, 1 maggio 2012 - "L’ORRORE della violenza sessuale sui minori non va ridimensionato, ma affrontato in modo offensivo e preventivo". Alla vigilia dell’assemblea della Conferenza episcopale italiana, che a maggio approverà le linee guida contro la pedofilia, da Bolzano arriva un messaggio forte e chiaro. Il vescovo Ivo Muser, classe 1962 – attualmente è l’ordinario più giovane d’Italia –, si smarca e prende le distanze da quei confratelli, da ultimo il pastore di Imola, monsignor Tommaso Ghirelli, che lamentano un assedio dei mass media sul fronte degli abusi. Sul punto Muser è cristallino: "L'integrità e la dignità del bambino sono inviolabili e perciò da proteggere, salvaguardare e ristabilire, se danneggiate". Passando dalla teoria alla pratica, la diocesi di Bolzano-Bressanone presenta un progetto pilota in Italia per dimostrare in concreto la vicinanza alle vittime. Si tratta di uno sportello indipendente dove è possibile ricevere ascolto e aiuto.


Quattromila casi di abusi su minori, commessi da chierici e segnalati alla Santa sede, tra il 2000 e il 2010. Monsignor Muser, è una cifra impressionante?


"Ogni persona, che ha subito una violenza, è troppo. È uno scandalo, una piaga, una ferita aperta nella Chiesa. Sono reati commessi da sacerdoti, religiosi e da operatori pastorali ai danni di bambini e ragazzi all'interno delle istituzioni ecclesiali. Dietro queste cifre ci sono uomini, donne, persone, famiglie, comunità ed altri colpiti direttamente o indirettamente".


Eppure non mancano vescovi, anche italiani, che continuano a parlare di un attacco mediatico ai danni della comunità ecclesiale.


"I mass media, nonostante perseguano i loro interessi, hanno contribuito a fare in modo che la Chiesa si schierasse apertamente dalla parte delle vittime e hanno contribuito a contrastare apertamente e con coraggio la problematica della pedofilia, una realtà dolente e sensibile".


Ma perché, in certi ambienti ecclesiali, per decenni si è preferito difendere l'istituzione più che le vittime?


"La Chiesa è un'istituzione basata su valori rivelati e perciò garante di questi principi. Il rischio è quello di voler salvare l'immagine della Chiesa e purtroppo è avvenuto proprio questo. Come conseguenza, è mancata l’indicazione evangelica di prendersi cura delle vittime che, invece, avrebbero dovuto avere la priorità assoluta".


Come diocesi avete individuato la figura di un laico a cui è possibile denunciare casi di abusi. Perché non un prete?


"Da circa dieci anni il vicario generale agisce come responsabile diocesano per presunte molestie. Da due anni in aggiunta abbiamo uno sportello affidato ad una persona laica, conosciuta e apprezzata come difensore civico, ora in pensione. Ci sono diverse ragioni che ci hanno portati a questa scelta: un laico non è di parte e garantisce l'anonimato; inoltre, se, per esempio, una persona ha subito un abuso da parte di un sacerdote, fa sicuramente fatica a confrontarsi con un altro prete".


Finora quanti casi sono stati segnalati al vostro sportello?


"Cinquanta, dei quali venticinque inerenti la nostra diocesi, gli altri riguardano istituti religiosi o provengono da altre diocesi. I casi segnalati riportano trasgressioni o abusi avvenuti anche più di venti anni fa".


Che fine hanno fatto i preti/religiosi accusati?


"La maggior parte è morta. Con alcuni c'è stato un incontro, in cui le parti si sono confrontate. Un sacerdote ultrasettantenne è stato sospeso dal servizio sacerdotale".


Gli episodi verificati dal 'commissario' vengono denunciati all'autorità giudiziaria?


"Nel nostro caso non ci sono state denunce, perché quasi tutti i casi erano prescritti. Comunque, la denuncia deve essere fatta dalla vittima, l'incaricato dello sportello può solo informare sull'eventuale procedere, oppure indicare un esperto che possa spiegare e consigliare la prassi da seguire".


É giusto che la magistratura indaghi e, se del caso punisca, non solo i preti sospettati di abusi, ma anche i vescovi accusati di aver coperto i sacerdoti sui quali pendevano voci insistenti di violenze?


"Se un vescovo copre un sacerdote sospettato, si rende complice e contemporaneamente impedisce alla verità di emergere. Questo è moralmente inaccettabile. Fa parte dei compiti del vescovo vigilare, come supervisore, sull’incolumità dei bambini, dei ragazzi e di tutti, secondo il messaggio del Vangelo e dei diritti umani".

di Giovanni Panettiere