Roma, 17 maggio 2012 - La partecipazione ai funerali di un boss mafioso non è “prova di cattiva condotta” tale da impedire la riabilitazione di chi ha scontato per intero la pena: lo ha stabilito la prima sezione penale della Cassazione accogliendo il ricorso di Emanuele G. che chiedeva di essere riabilitato dopo aver interamente scontato la misura di prevenzione di sorveglianza speciale.

La richiesta di riabilitazione era stata bocciata dalla Corte d’appello di Catania il 4 agosto del 2011 sulla base del fatto che l’uomo non aveva dato “costante prova di buona condotta avendo partecipato al funerale di un capo mafia dove si era incontrato con molti altri affiliati”.

Contro il no alla riabilitazione, Emanuele G. ha fatto ricorso in Cassazione sostenendo che di scelta era “di per se un fatto innocuo al quale non poteva dedursi prova dell’attualità del pericolo”. La suprema Corte ha accolto il ricorso e ha sottolineato che “la partecipazione ad un funerale di un boss mafioso da solo non può costituire prova del venire meno della buona condotta dimostrata nel corso degli anni, anche se ad esso hanno partecipato altri affiliati, dovendosi valutare in concreto se questa condotta si sia rivelata uno strumento per riallacciare i rapporti con esponenti mafiosi, con comportamenti attivi, o se invece sia stata una partecipazione meramente attiva”. Il caso è stato cosi’ rinviato alla Corte d’Appello di Catania.