Città del Vaticano, 22 maggio 2012 - Nessun obbligo per i vescovi di denunciare episodi di pedofilia: è quanto affermano le linee guida per i casi di abuso sessuale da parte del clero messe a punto dalla conferenza episcopale italiana. "Nell'ordinamento italiano il vescovo, non rivestendo la qualifica di pubblico ufficiale né di incaricato di pubblico servizio, non ha l'obbligo giuridico di denunciare all'autorità giudiziaria statuale le notizie che abbia ricevuto in merito ai fatti illeciti oggetto", si legge infatti.

"Non possiamo chiedere al vescovo di diventare un pubblico ufficiale, formalizzare la richiesta al vescovo di denunciare i casi di abuso vuol dire andare contro l’ordinamento, del resto su questo problema la cooperazione con la magistratura è un fatto ordinario", ha spiegato il Segretario generale della Cei, monsignor Mariano Crociata, presentandole alla stampa. "E’ chiaro a tutti noi vescovi - ha aggiunto Crociata - che bisogna collaborare con le autorità civili, ciò non vuol dire che noi si possa operare in modo difforme da quanto prevede la legislazione".

Il Segretario della Cei ha anche spiegato che il vescovo, laddove si riconosca la fondatezza delle accuse, "può incoraggiare le vittime a rivolgersi alla magistratura". Tuttavia i vescovi, si legge ancora nelle Linee guida della Cei, ''sono esonerati dall'obbligo di deporre o di esibire documenti in merito a quanto conosciuto o detenuto per ragione del proprio ministero''. ''Eventuali informazioni o atti concernenti un procedimento giudiziario canonico - continuano le indicazioni Cei - possono essere richiesti dall'autorità giudiziaria dello Stato, ma non possono costituire oggetto di un ordine di esibizione o di sequestro''.

Rispetto al fatto che poi le linee guida non prevedano l’istituzione - come in altri Paesi - di un vescovo responsabile a livello nazionale per il dossier abusi, Crociata ha ribadito che "in Italia non c’è bisogno di un’autorità terza per seguire questi casi, il vescovo è responsabile di tutto nella propria diocesi anche in questo campo". "Nessuna responsabilità, diretta o indiretta, per gli eventuali abusi - prosegue il testo - sussiste in capo alla Santa Sede o alla Conferenza episcopale italiana".

ASSISTENZA SPIRITUALE ALLE VITTIME - Nelle linee guida si legge ancora che "il vescovo che riceve la denuncia di un abuso deve essere sempre disponibile ad ascoltare la vittima e i suoi familiari, assicurando ogni cura nel trattare il caso secondo giustizia". I vescovi, recita il testo, debbono "offrire sostegno spirituale e psicologico" alle vittime e ai familiari, "nel rispetto della libertà della vittima di intraprendere le iniziative giudiziarie che riterrà più opportune".

INDAGINI DEL VESCOVO - "Quando il vescovo abbia notizia di possibili abusi in materia sessuale nei confronti di minori ad opera di chierici sottoposti alla sua giurisdizione, deve procedere immediatamente - ricorda la Cei nel documento - a un’accurata ponderazione circa la verosimiglianza di tali notizie". "Occorre evitare - raccomandano inoltre le Linee guida - di dar seguito a informazioni palesemente pretestuose ovvero diffamatorie, o comunque prive di qualsiasi riscontro probatorio plausibile, per cui ogni ulteriore investigazione appaia assolutamente superflua".

"Il giudizio di verosimiglianza - stabilisce il documento Cei - andrà condotto quanto più rapidamente possibile, se necessario anche affidando l’incarico a persona idonea di provata prudenza ed esperienza, e curando di tutelare al meglio la riservatezza di tutte le persone coinvolte". Durante tale fase spetta al vescovo "la scelta di informare o meno il chierico delle accuse e di adottare eventuali provvedimenti nei suoi confronti affinché si eviti il rischio che i fatti delittuosi ipotizzati si ripetano, ferma restando la presunzione di innocenza fino a prova contraria". Qualora, sussistendo la verosimiglianza delle suddette condotte, l’indagine previa appaia "assolutamente superflua”, il vescovo “potra’ deferire il chierico direttamente alla Congregazione per la Dottrina della Fede". 

135 CASI DI ABUS SU MINORI - I casi di pedofilia tra il clero in Italia tra il 2000 e il 2011, emersi nell’ambito di una ricognizione effettuata dalla Cei in vista della pubblicazione delle Linee guida, sono 135. "Di questi casi - ha spiegato sempre monsignor Crociata - 77 sono le denunce che risultano alla magistratura, 22 sono stati condannati in primo grado, 17 in secondo, 21 hanno patteggiato, 12 i casi archiviati, 5 assolti".