di Ugo Ruffolo

Roma, 6 luglio 2012 - E' giusto condannare ad un anno con la condizionale, e provvisionale di 120mila euro, l’imprenditore vicentino che ha sparato, ferendo gravemente i ladri sorpresi in azienda, che lo avevano minacciato armati di spranghe? Si può difendere con le armi solo la vita, o anche la proprietà? La legittima difesa, e lo ‘stato di necessità’, sono categorie etiche prima che giuridiche. Entrambe rappresentano la sola giustificazione morale, secondo le radici giudaico-cristiane della nostra cultura, alla lesione della vita altrui. I nostri codici consentono, quale extrema ratio, di uccidere l’aggressore (per difesa), o persino di sottrarre l’unico salvagente ad un altro naufrago (per necessità).

La reazione difensiva, certo, deve essere attuale e proporzionale. È un criminale chi spara al ladro che scappa. Ma non chi spara a quello che irrompe con protervia accanto al talamo, o che, sorpreso a rubare, non fugge ma si rivolta brandendo spranghe. Come nel nostro caso. Perché l’art. 52 cod. pen., riformato nel 2004, consente ora la legittima difesa anche dei "beni… quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione".

Si è spostato in avanti, ma resta labile, il confine fra legittima difesa ed eccesso colposo d’essa. Se lo si supera si è rovinati: la condizionale evita il carcere, ma la condanna risarcitoria, per una vita distrutta o, peggio, menomata, è spesso milionaria. È questo il rischio più grave per l’imprenditore vicentino che ha sparato (la provvisionale di 120 mila euro è solo una anticipazione).

Non conosciamo i fatti e le carte processuali. È facile intuire che abbiano influito negativamente i quattordici colpi sparati. Ma difendersi contro chi ti minaccia con spranghe, a casa tua, legittima certo una difesa armata. E, se non sei un tiratore professionista, è facile che sotto stress, davanti alle sagome aggressive incombenti, tu prema, disperato, istericamente il grilletto, svuotando il caricatore. Tu hai la pistola, ma quelli le spranghe. E due contro uno.

Temi d’essere disarmato e sprangato a morte. Una singolare considerazione. Se quei ladri fossero stati invece sbranati da cani lasciati liberi in cortile, nessuno sarebbe stato condannato (è successo più volte). Eppure, i cani feroci sono più pericolosi e meno selettivi delle pistole. Due pesi e due misure? Sulla legittima difesa, così, i giudizi sono talora falsati da pregiudizi? È vero, per il furto non c’è pena di morte. Ma la licenza di rubare, sprangando i proprietari non consenzienti, non è ancora un diritto.