Roma, 7 luglio 2012 - Il giorno è arrivato e in ogni parte d’Italia ormai la tv si vede solo grazie al digitale terrestre. Certo, dire che proprio ovunque la tv digitale funziona a meraviglia è senza dubbio un’iperbole. Ci sono ancora molte criticità lungo la Penisola (come quella dei giorni scorsi per la finale degli Europei sulla costa adriatica, in Romagna), in parte dovute a switch off recenti (l’Abruzzo e la Sicilia, per esempio) in altri casi perché interferenze e mancata regolazione delle frequenze non consente ancora oggi una ricezione limpida del segnale.

Tre principalmente i luoghi che ancora fanno sospirare i tecnici del digitale terrestre della Rai: il nord ovest del Piemonte e le province di Parma e Piacenza. Per ammissione degli stessi tecnici Rai, in quelle zone sarà difficile trovare una soluzione a meno che non intervenga d’imperio il Ministero a chiudere (o a far abbassare) il segnale di emissione di alcune emittenti locali lombarde che si sovrappongono alla trasmissione digitale.

Per il resto, con lo switch off definitivo avvenuto l’altro giorno con l’inclusione della Sicilia, la digitalizzazione della televisione italiana può dirsi conclusa. Un lungo percorso, disseminato di ostacoli, che è cominciato nel 2008. E che ancora sembra lontano, comunque, dalla sua chiusura in bellezza (tant’è che, nel tempo, alcuni sindaci e governatori hanno minacciato di non pagare il canone).

Al ministero dello Sviluppo Economico, comunque si è festeggiato l’avvenimento perchè — almeno una volta — il passaggio è avvenuto nel pieno rispetto delle tempistiche europee e ha coinvolto, su tutto il territorio nazionale, 10 emittenti nazionali e oltre 550 locali (che trasmettevano in analogico), per un totale di 24.200 impianti di trasmissione.

La tecnologia digitale ha consentito di superare definitivamente l’annosa questione del pluralismo televisivo, prima oggetto di vere e proprie dispute politiche sui piani di divisione delle frequenze; oggi i canali nazionali sono passati da 10 a 75, la qualità del segnale (dove arriva) è migliore e l’offerta è diversificata. «È una grande prova di innovazione — ha spiegato l’altro giorno il ministro Corrado Passera — che ha visto un comparto strategico per lo sviluppo industriale e culturale del nostro Paese accettare la sfida e mettersi in gioco, superando le difficoltà e raggiungendo un risultato di grande rilievo».

Dunque, il digitale terrestre come pietra miliare della nuova era tecnologica italiana? Nella mente di Passera certamente sì. Peccato però che la grande innovazione abbia più di un problema. La Rai — è bene ricordarlo — si è sobbarcata totalmente le spese per la rete digitale terrestre (in altri Paesi europei, invece, è stata a totale carico dello Stato) ma ammette che alcune zone di criticità restano. I tentativi per escludere che possano ripresentarsi sono in corso, ma i tecnici Rai ammettono: «Sul digitale terrestre c’è ancora molto da capire».

Elena G.Polidori