CdV, 21 luglio 2012 - “Il Giudice Istruttore del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, professor Piero Bonnet, essendo venute meno - dopo l'interrogatorio di oggi - le esigenze istruttorie per la permanenza dell’imputato in stato di arresto, ha disposto per il Signor Paolo Gabriele il beneficio della libertà provvisoria, concedendo gli arresti domiciliari, previa prestazione di idonee garanzie”.

Lo ha reso noto il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, precisando che “Gabriele risiederà quindi nella sua abitazione, con la famiglia, in Vaticano, osservando quanto disposto dal Giudice per i contatti e rapporti con altre persone”.

I prossimi passi del procedimento, nei confronti di Paolo Gabriele, il maggiordomo infedele del Papa, sono “attesi nello spazio di alcuni giorni” e “saranno la requisitoria del Promotore di Giustizia sulla responsabilità per il reato di furto aggravato, e la seguente sentenza di rinvio a giudizio o di assoluzione da parte del Giudice Istruttore”.

Lombardi ha precisato che “un eventuale dibattimento, se avviene, avviene in autunno inoltrato”.

“La Commissione cardinalizia ha fatto avere nei giorni scorsi al Santo Padre il rapporto conclusivo dei suoi lavori”. Lo ha reso noto il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi.

I cardinali Julian Herranz, Jozef Tomko e Salvatore De Giorgi, tutti ultraottantenni e quindi non più possibili elettori in un Conclave, erano stati incaricati lo scorso marzo dal Papa di una indagine a tutto campo sulla pubblicazione di documenti vaticani riservati da parte di organi di stampa. Proprio il loro lavoro, secondo quanto affermato a suo tempo da padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, contribuì in modo determinante all’arresto il 23 maggio scorso del maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele.

Successivamente a tale atto, che fece seguito al ritrovanento di una ingente mole di documenti nell’abitazione del maggiordomo infedele, la commissione ha continuato le sue audizioni parallelamente all’inchiesta della magistratura vaticana.

Le audizioni della Commissione, circa una trentina, hanno riguardato anche alcuni cardinali ed hanno compreso anche un colloquio con Paolo Gabriele. Ora a lavori conclusi, i cardinali hanno rimesso al Papa un rapporto e aspettano una sua decisione per renderlo pubblico almeno in parte. E’ chiaro che le loro conclusioni non riguardano solo la responsabilità del maggiordono spergiuro.

IL LEGALE DI GABRIELE - “Paolo Gabriele ha collaborato molto ampiamente e da subito tanto con gli inquirenti che con il giudice istruttore e questo ha permesso di fare una chiarezza abbastanza approfondita su tutti gli atti da lui compiuti”. Lo ha affermato l’avvocato Carlo Fusco, difensore del maggiordomo infedele di Papa Ratzinger.

Secondo il legale, “le motivazioni che lo hanno mosso sono tutte di carattere interiore, niente è emerso che sia legato a motivi esterni”. “Con assoluta certezza - ha scandito l’avvocato Fusco - non ci sono reti o complotti che facciano riferimento a Paolo”.

Secondo l’avvocato Fusco, “dietro Paolo non c’è nessuna rete né interna né esterna. Il maggiordomo è stato sempre mosso dal desiderio di fare qualcosa che fosse un atto di aiuto, di amore nei confronti del Santo Padre”. E questo anche se, ha ammesso, “con modalità che sono soggettive e valutabili, stanno appunto per essere valutate”.

Motivazioni, dunque, “ideali più che ideologiche”, ha insistito l’avvocato confermando anche di essere amico del maggiordomo infedele da molti anni. “Aiutare il Papa a far pulizia è una chiave di lettura”, ha spiegato, ma bisogna considerare, ha detto ancora, che “Paolo era una persona sottoposta a pressioni da vari fronti, sul posto di lavoro e a casa, dove vive con la moglie e tre figli”. Dunque le cause della vicenda sarebbero abbastanza banali: “sono cose che derivano da circostanze semplici e debbo ammettere che questo può sconcertare”, ha risposto ai giornalisti.

Le pressioni psicologiche che avrebbero determinato la sottrazione dei documenti al Papa però non hanno poi influito, secondo gli avvocati, nella carcerazione provocando “atteggiamenti compulsivi e ossessivi avuti in cella”, che Fusco ha voluto “smentire categoricamente”.

“Lo stress - ha spiegato il legale - può portare a valutare in modo abnorme, lui ha avuto l’idea di fare qualcosa per aiutare situazione che pensava potesse migliorare, insomma ha agito per amore della Chiesa di cui si sente figlio”. “La sentenza valuterà tutto questo”, ha continuato l’avvocato, che pur negando complici nel senso che “non ci sono persone che hanno aiutato”, ha parlato di “connessioni con altre circostanze”. Ma, ha poi ripetuto, “non c’è una personalità forte che lo ha orientato a fare questo”. Così come, ha scandito, “escludiamo soldi o benefici personali indiretti”.

CHIEDERA' IL PERDONO DEL PAPA - "Paolo Gabriele intende chiedere il perdono del Papa”. Lo ha confermato l’avvocato Carlo Fusco, precisando che tale richiesta esula però dalla strategia processuale della difesa e non è in vista della grazia, che Benedetto XVI può comunque concedere in qualunque momento. Si tratta invece di un desiderio spontaneo di Paolo Gabriele. “Se la fiducia in qualcuno viene intaccata, in chi la ha intaccata, se non tradita, può nascere desiderio di chiedere perdono”, ha spiegato il legale, per il quale “si tratta di vedere le opportunità e il modo di fare questo”.