Palermo, 3 settembre 2012 - Nel giorno del trentesimo anniversario della strage in cui persero la vita il prefetto generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente Domenico Russo, il ministro dell’Interno {{WIKILINK}}Annamaria Cancellieri {{/WIKILINK}}ha preso parte alle commemorazioni in ricordo dell’eccidio.

Presente nel luogo dell’agguato di mafia, in via Isidoro Carini, nel centro di Palermo, anche la figlia Rita Dalla Chiesa. Durante la cerimonia e’ stato osservato un minuto di silenzio e alcune corone di fiori sono state deposte sotto la lapide. 

 Presenti, tra gli altri, il procuratore Francesco Messineo, il capo della polizia Antonio Manganelli, il presidente del tribunale Leonardo Guarnotta, il prefetto Umberto Postiglione, il questore Nicola Zito, il sindaco Leoluca Orlando, il presidente dell’Ars Francesco Cascio, magistrati e vertici delle forze dell’ordine, nonche’ alcuni familiari delle vittime di mafia come Vincenzo Agostino, con la sua lunga barba bianca, visibile denuncia e atto di protesta per la mancata verita’ e giustizia in ordine alla morte del figlio, giovane poliziotto di Villagrazia di Carini, ucciso assieme alla moglie. 

MONTI - Mario Monti ricorda il generale dei Carabinieri promettendo di "rafforzare l’impegno" dello Stato nel contrasto alla criminalità organizzata, "punto di partenza per un Paese più giusto, prospero e democratico". In una nota, il presidente del Consiglio scrive: "A trent’anni dalla morte del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente di scorta Domenico Russo, assassinati in modo vile dalla Mafia, voglio ricordare con profondo dolore l’estremo sacrificio di queste persone in difesa delle istituzioni e dei cittadini". Il generale Dalla Chiesa, sottolinea Monti, "è rimasto nella memoria collettiva un simbolo di rigore morale, un esempio di vita al servizio dello Stato di chi, nonostante i rischi, non ha mai indietreggiato nella lotta contro la mafia. Spero che questo ricordo resti scolpito per sempre nella memoria dei giovani italiani e in particolare di quanti in Sicilia hanno il coraggio di riaffermare ogni giorno il rispetto della legge come dovere morale". E questo "rappresenta lo stimolo per costruire un futuro di legalità e giustizia. Il governo, oltre ad onorare la memoria del Generale Dalla Chiesa e delle altre vittime di mafia, per parte sua, si impegna a rafforzare, a tutti i livelli, la consapevolezza che il contrasto ad ogni forma di criminalità organizzata costituisce il punto di partenza per un paese più giusto, prospero e democratico".

SCHIFANI - “Ricordo con commozione Carlo Alberto Dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente Domenico Russo. Cadde in servizio, in quella tragica occasione, un uomo che aveva segnato in maniera emblematica l’impegno contro l’illegalita’ e la criminalita’ organizzata: dalla militanza nella guerra di liberazione al contrasto all’azione delle Brigate Rosse in Piemonte, fino alla lotta a Cosa Nostra, come Prefetto in Sicilia”. Cosi’ il presidente del Senato, Renato Schifani, in un messaggio inviato al Prefetto di Palermo.

GRASSO - L’omicidio del Prefetto Dalla Chiesa non fu solo mafia. A dirlo a chiare lettere e’ stato oggi il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, nel corso della commemorazione. Grasso parla di una "’causale non ascrivibile direttamente alla mafia". Ma accusa anche di "responsabilità morale chi non ha voluto ascoltare il generale”.

“Ci sono tante domande rimaste senza risposta giudiziaria”, ha detto Grasso. Che cita il pentito Tommaso Buscetta: “Nel 1979 Buscetta, detenuto nel carcere di Cuneo, contattò un brigatista per sapere se le Br fossero disposte a rivendicare l’uccisione del generale”. E uscito dal carcere “Buscetta apprese da Stefano Bontade che quel progetto nasceva dalla preoccupazione di ‘ambienti politici’ che Dalla Chiesa, forte del successo contro il terrorismo, volesse porsi a capo dello Stato con un’azione forte”.

CANCELLIERI - L’omicidio Dalla Chiesa fu “un tragico evento che colpi’ al cuore non solo lo Stato e le Istituzioni democratiche ma anche l’intera societa’ civile che, in quel periodo particolarmente delicato per la Sicilia e per il Paese, era al centro di una cruenta guerra di mafia”, ha detto il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri.
“In quell’ignobile atto - ha aggiunto - la mafia uccise un grande servitore dello Stato che, prima da Ufficiale dell’Arma e, da ultimo, da Prefetto, aveva fatto della lotta ad ogni forma di terrorismo e di criminalita’ la sua missione di vita perseguendo, sempre, senza alcun cedimento, con tenacia, dedizione e grande professionalita’ la strada della legalita’ e dell’affermazione dei principi della democrazia”.