Roma, 19 settembre 2012 - Colpo di scena nel caso Abu Omar. Si riapre il processo a carico degli ex vertici del Sismi Nicolò Pollari e Marco Mancini, imputati per il sequestro dell’ex Imam di Milano. Lo ha stabilito la V sezione penale della Cassazione, dopo una camera di consiglio durata oltre 7 ore.

Scricchiola così il segreto di Stato, vincolo sancito dalla Corte Costituzionale e confermato da ben due governi (Prodi e Berlusconi). La Corte d’Appello di Milano dovrà proprio rivalutare il caso rivedendo i limiti del segreto apposto sui documenti rilevanti per l’indagine.

Il nuovo processo d’appello si svolgerà anche a carico dei capicentro del Sismi, Giuseppe Ciorra, Raffaele Di Troia e Luciano Gregorio. Per loro, come per Mancini e Pollari, la V Sezione Penale della Suprema Corte ha accolto il ricorso della Procura di Milano e quello dei legali di Abu Omar e della moglie. Abu Omar venne rapito da agenti della Cia il 17 febbraio 2003, ora vive in Egitto e non può espatriare.

POLLARI - “Decisamente non me l’aspettavo, al di là degli sviluppi processuali che ci sono stati e di cui tutti sanno. Dire che sono molto sorpreso è poco”. Nicolò Pollari, ex direttore del Sismi, dimostra tutto il suo sconcerto per la decisione della Cassazione. “Due governi - ricorda - mi hanno dato l’ordine tassativo di opporre il segreto di stato, cosa che ho puntualmente fatto in tutte le sedi e che di fatto, paradossalmente, mi ha danneggiato impedendo di difendermi”. 

“La sostanza del problema, da tutti risaputa - attacca Pollari - è che nella vicenda in questione non c’entriamo niente né io né il Sismi, Esistono le prove anche formali di questo, almeno 90 documenti che lo dimostrano ma sui quali lo Stato ha posto il segreto per ragioni che noi non conosciamo”.

“Voi cronisti parlate con me - aggiunge - ma dovreste parlare con i presidenti del Consiglio che, per motivi che certo non hanno nulla a che vedere con il mio interesse personale, mi hanno imposto di opporre il segreto di Stato. Io, come qualsiasi funzionario dello Stato degno di questo nome, mi sono attenuto a questa indicazione, e se non l’avessi fatto non solo sarei venuto al mio dovere ma avrei commesso un reato gravissimo. Lasciatemelo dire: che modi sono questi? E che esempio è per tutti i dipendenti pubblici?”.