ROMA, 26 settembre 2012 - DOPO «er Batman de Anagni» ci sarà un «Pablo Escobar de Valmontone»? Chi può dirlo. Nella Città Eterna le vie dell’immaginario popolare sono infinite. Intanto, per una storiaccia di cocaina comprata in periferia da un boss albanese e rivenduta agli spacciatori nell’hinterland attraversato dalla Casilina, da ieri mattina è agli arresti domiciliari il direttore delle Poste al Senato, Orlando Ranaldi, di 53 anni. «Nun te devi ferma’, devi esse preciso, dobbiamo sta’ sempre sur pezzo, sennò ce fanno fori»: è una frase, intercettata dagli investigatori e riportata nell’ordinanza di custodia cautelare, con cui il ‘colletto bianco’ voleva spronare un complice ad essere all’altezza della concorrenza nel mercato della droga.

ORIGINARIO di Olevano Romano, paese di settemila abitanti che finora poteva vantare un vino rosso amabile a prova d’imitazione, Ranaldi era arrivato tre-quattro anni fa nell’ambìto «sportello» di Palazzo Madama. E verso la fine del 2011 i carabinieri della Compagnia di Colleferro, seguendo una pista scoperta dai loro colleghi della Stazione di Valmontone, si sono imbattuti nel suo nome. Ma ieri, hanno spiegato gli inquirenti, «non si è resa necessaria una perquisizione nell’ufficio di Ranaldi all’interno del Senato poiché dall’inchiesta non è emersa un’attività di spaccio» nel Palazzo che ospita la seconda autorità dello Stato.

DIECI in tutto gli arrestati, fra italiani e albanesi. Ai «domiciliari», come il direttore delle Poste, un vigile urbano di Valmontone, Stefano Gallo. Insieme ad un autista del consorzio di trasporti Cotral, Alessandro Mele, finito invece in carcere, secondo i carabinieri gli «insospettabili» si sarebbero messi a disposizione dei trafficanti anche per le consegne di droga con le rispettive auto di servizio. Ed ecco perché sul loro conto, oltre ai reati connessi allo spaccio di stupefacenti, nel capo d’imputazione figura l’accusa di peculato. Ranaldi frequentava da tempo l’autista del Cotral, che si occupava del rifornimento di cocaina sulla «piazza» di Valmontone curando i rapporti con una banda di albanesi. Ma il direttore dell’ufficio postale di Palazzo Madama, secondo gli investigatori, partecipava spesso alle decisioni e interveniva nella gestione dello spaccio. Un attivismo che è emerso dalle indagini sull’arresto di alcuni «pusher» e sul sequestro di «centinaia di dosi di coca».

 

di Bruno Ruggiero