Roma, 26 settembre 2012 - Nel 2012 il Pil farà registrare una contrazione del 2,5%, quale risultato tra il -2,2% del Centro-Nord e il -3,5% del Sud: è questa la stima dello Svimez, che segnala anche un forte crollo dei consumi nel Mezzogiorno (-1,6% contro la media nazionale dello 0,6%). “A causare la contrazione dell’attività produttiva il forte calo dei consumi (-2,4% al Centro- Nord, che diventa - 3,8% al Sud) e il vero e proprio crollo degli investimenti: - 5,7% al Centro-Nord, più del doppio al Sud, -13,5%, soprattutto nelle costruzioni (- 15,5% al Sud)”.

Da segnalare, a testimonianza della gravità della crisi, che la forte battuta d’arresto viene dai consumi di beni (-5% al Centro-Nord, -5.5% al Sud). Giù anche i redditi delle famiglie, con valori simili: -0,6% al Centro-Nord, -0,5% al Sud. Tengono le esportazioni: nel 2012, si prevede una crescita dell’1,7% al Sud e dell’1,9% al Centro-Nord, soprattutto verso i Paesi extra Ue. Nel 2013 secondo le nostre stime il Pil nazionale è previsto a +0,1%, invertendo la tendenza recessiva dell’anno precedente. In questo contesto il PIL del Centro-Nord segna +0,3%, quello del Mezzogiorno -0,2%, riducendo significativamente il differenziale rispetto al 2012. Continua anche nel 2013 il crollo del consumi, che scendono al Sud più del doppio che nell’altra ripartizione: -1,6% contro -0,7%. Anche in questo caso restano decisamente negativi i consumi di beni (-2,9% al Sud a fronte di -0,1% al Centro-Nord). In risalita invece nel 2013 gli investimenti, molto tiepida al Sud (+0,1%), più sostenuta nell’altra ripartizione (+2,2%), con segni decisamente positivi riguardo alle costruzioni. Continuano poi a tenere le esportazioni, +2,1% al Centro-Nord, +1,8% al Sud, ancora una volta per effetto soprattutto degli scambi con i Paesi extra Ue.

400 ANNI PER COLMARE IL GAP TRA NORD E SUD - Ci vorrebbero 400 anni per recuperare lo svantaggio che separa il Sud dal Nord: lo segnala lo Scimez. In termini di Pil pro capite, il Mezzogiorno nel 2011 ha confermato lo stesso livello del 57,7% del valore del Centro Nord del 2010. In un decennio il recupero del gap è stato soltanto di un punto e mezzo percentuale, dal 56,1% al 57,7%.

In valori assoluti, a livello nazionale, il Pil è stato di 25.944 euro, risultante dalla media tra i 30.262 euro del Centro-Nord e i 17.645 del Mezzogiorno. Nel 2011 la regione più ricca è stata la Valle d’Aosta, con 32.602 euro, seguita da Lombardia (32.538), Trentino Alto Adige (32.288), Emilia Romagna (31.524 euro) e Lazio (30.884 euro). Nel Mezzogiorno la regione con il Pil pro capite più elevato è stata l’Abruzzo (21.980 euro). Seguono la Sardegna (20.080), il Molise (19.748), la Basilicata (18.639 euro), la Sicilia (17.671), la Puglia (17.102) e la Calabria (16.603).

La regione più povera è la Campania, con 16.448 euro. Il divario tra la regione più ricca e la più povera è stato nel 2011 di oltre 16mila euro: in altri termini, un valdostano ha prodotto nel 2011 oltre 16mila euro in più di un campano.

EMERGENZA GIOVANI AL SUD - E’ vera emergenza occupazionale nel Mezzogiorno soprattutto per i giovani: in particolare, segnala la Svimez, “in tre anni, dal 2008 al 2011, gli under 34 che hanno perso il lavoro al Sud sono stati 329mila”. Nel 2011 il tasso di occupazione in età 15-64 è stato del 44% nel Mezzogiorno e del 64% nel Centro-Nord. A livello regionale il tasso più alto si registra in Abruzzo (56,8%), il più basso in Campania, dove continua a lavorare meno del 40% della popolazione in età da lavoro. In valori assoluti, crescono gli occupati in Abruzzo (+13.300), Puglia (+11.600), Sardegna (+8.300), Calabria (+3.900) e Basilicata (+2.500). In calo invece in Molise (- 1.100), Sicilia (-7.300) e Campania (-16.700).

Nel Mezzogiorno, il tasso di occupazione giovanile per la classe 25-34 anni è giunto nel 2011 ad appena il 47,6%, pari cioè a meno di un giovane su due, a fronte del 75% del Centro- Nord, cioè di 3 impiegati su 4. Situazione drammatica per le giovani donne meridionali, ferme nel 2011, al 24%, pari a mano di una su quattro in età lavorativa, che spinge le stesse di fatto a una segregazione occupazionale rispetto sia ai maschi che alle altre donne italiane.

SITUAZIONE DRAMMATICA PER LE DONNE AL SUD - Situazione drammatica per le giovani donne meridionali, ferme nel 2011, al 24%, pari a mano di una su quattro in età lavorativa, che spinge le stesse di fatto a una segregazione occupazionale rispetto sia ai maschi che alle altre donne italiane. Lo segnala lo Svimez. “Non è esagerato oggi parlare di vera e propria segregazione occupazionale delle donne, che nel Mezzogiorno scontano una precarietà lavorativa maggiore sia nel confronto con i maschi del Sud sia con le donne del resto del Paese” spiega. “Se da un lato la quota di donne meridionali occupate con un contratto a tempo parziale (27,3%) è inferiore di quasi 3 punti rispetto a quella del Centro-Nord (29,9%), dall’altro l’aspetto più allarmante è che il 67,6% di queste lavora part-time perché non ha trovato un lavoro a tempo pieno”. Il dato forse più rilevante è testimoniato dall’inattività, che riguarda ormai due donne meridionali su tre.

Mentre nel corso degli ultimi dieci anni il Centro-Nord ha colmato in parte la distanza del suo tasso di attività femminile dalla media europea (recuperando due punti percentuali, da -7-7 a -5,4), nel Sud il divario è aumentato di 4 punti percentuali, passando da -24,5 del 2000 a -28,2 nel 2011). L’inattività femminile cresce al Sud perché da un lato le donne scoraggiate pensano di non trovare un’occupazione e non si mettono quindi neppure a cercarla; dall’altro perché i canali d’intermediazione formali sono carenti e inefficienti. Secondo quasi l’82% delle donne inattive del Mezzogiorno non si cerca lavoro non per l’assenza, l’inadeguatezza o il costo eccessivo dei servizi di cura, bensì per la prospettiva di un’occupazione con una retribuzione bassa e discontinua.

AL SUD TASSO DI DISOCCUPAZIONE AL 25,6% - Al Sud il tasso di disoccupazione reale è del 25,6%: la stima è dello Svimez, che segnala come nel Centro-Nord la perdita di posti di lavoro tende a trasformarsi quasi interamente in ricerca di nuovi posti di lavoro; nel Mezzogiorno solo in minima parte diventa effettivamente ricerca di nuova occupazione. Rispetto all’anno precedente, i disoccupati sono aumentati al Sud (+2%, pari a 19.600 unità), con una crescita addirittura del 18% in Molise (1.900 disoccupati in piu’) e della Campania (+11,5%, pari a 29.800 nuovi disoccupati). Scendono invece al Centro-Nord di 14.200 unità, pari all’1,2%. In testa alla non invidiabile classifica, la Campania, con un tasso di disoccupazione del 15,5%, seguita dalla Sicilia (14,4%) e dalla Sardegna (13,5%).

Il tasso di disoccupazione ufficiale rileva però una realtà in parte alterata. La zona grigia del mercato del lavoro continua ad ampliarsi per effetto in particolare dei disoccupati impliciti, di coloro cioè che non hanno effettuato azioni di ricerca nei sei mesi precedenti l’indagine. Considerando questa componente, il tasso di disoccupazione effettivo nel Centro-Nord supererebbe la soglia del 10% e al Sud raddoppierebbe, passando nel 2011 al 25,6%.

QUASI TRE MILIONI DI IRREGOLARI IN ITALIA - Gli irregolari in Italia arrivano a 2 milioni 900mila unità, di cui 1 milione e 200mila al Sud. Lo segnala lo Svimez. Se al Centro-Nord il lavoro nero interessa prevalentemente secondi lavori e stranieri non regolarizzati, al Sud vede invece protagonisti irregolari residenti. A livello di settore, nel 2011 al Sud e’ irregolare un lavoratore su 4 in agricoltura (25%), il 22% nelle costruzioni, il 14% nell’industria. A livello regionale in valori assoluti si stimano 296mila lavoratori in nero in Sicilia, 253mila in Campania, 227mila in Puglia, 185mila in Calabria, 131mila in Sardegna, 62mila in Abruzzo, 46mila in Basilicata e 23mila in Molise.