Roma, 7 novembre 2012 - Approvato dalla Commissione Affari sociali della Camera un emendamento presentato da Antonio Palagiano (Idv), che consente alle madri di un bambino nato in provetta di non riconoscerlo dopo la nascita, esattamente come avviene per chi ha avuto un bebè in maniera naturale.

L’emendamento in questione, che si riferisce a una proposta di legge in materia di riconoscimento dei figli naturali, prevede l’abrogazione di una norma della legge sulla procreazione medicalmente assistita (40/2004) relativa al divieto del disconoscimento della paternità e dell’anonimato della madre. La norma abrogata prevede che la madre del nato a seguito dell’applicazione di tecniche di procreazione medicalmente assistita non può dichiarare la volontà di non essere nominata al momento della dichiarazione della nascita. E ciò in contrasto con quanto stabilito dall’art. 30, comma 1, del Dpr 396/2000, che prevede espressamente che in sede di dichiarazione di nascita, deve essere rispettata l’eventuale volontà della madre di non essere nominata.

"Non deve esserci discriminazione - dice Palagiano all’Adnkronos Salute - fra donne che hanno concepito il loro bambino in maniera naturale o artificiale. Se il legislatore ha previsto la possibilità di non riconoscere un figlio, lo ha fatto per evitare l’infanticidio. Un principio a mio avviso giusto, anche se fa riferimento a un gesto chiaramente innaturale. E se dopo la Pma sono subentrate nella vita della donna circostanze che espongono a questo rischio, occorre allargare questo principio anche a chi ha concepito con la fecondazione assistita".

ALT DEL PDL - La modifica alla legge 40 introdotta attraverso un emendamento alla proposta di legge sul parto in anonimato, "va sicuramente corretta per garantire che non vi siano forme surrettizie di commercio intorno alla procreazione assistita, e non si possa aggirare il divieto di fecondazione eterologa". Lo afferma Eugenia Roccella (Pdl). "La norma della legge 40 che impedisce il disconoscimento dei figli - rileva Roccella in una nota - non è solo un’indicazione di buon senso che tutela il nascituro, ma anche un concreto ostacolo a forme più o meno mascherate di sfruttamento delle donne e di mercato del corpo, come per esempio l’utero in affitto".

L'ASSOCIAZIONE LUCA COSCIONI - "La notizia per cui le madri che hanno avuto un figlio in provetta potranno disconoscerlo, al momento della nascita, come le donne che lo hanno avuto da una gravidanza naturale, sicuramente sancisce un principio di uguaglianza tra i due tipi di fecondazione". A dirlo è Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni commentando l’emendamento presentato dall’Idv. "Nella mia esperienza da legale - sottolinea pero’ Gallo - mai nessuna donna ha disconosciuto un figlio dopo questo percorso".