Roma, 26 gennaio 2013 - La compagna di Alberto Bevilacqua, Michela Macaluso, si rivolge alla magistratura per denunciare le condizioni di salute in cui versa lo scrittore, ricoverato da ottobre scorso nella clinica romana Villa Mafalda.

E il ‘caso’ riapre il dibattito politico sul testamento biologico e sui diritti delle coppie di fatto. Secondo la Macaluso, che per la legge italiana non ha alcun titolo per intervenire sulle decisioni che riguardano la sorte del suo compagno, la struttura sanitaria, avrebbe dovuto trasferirlo da tempo in una struttura pubblica e piu’ attrezzata.

Anche perche’, sempre secondo la Macaluso (ex attrice con il nome d’arte di Michela Miti, anche scrittrice e poetessa), a Villa Mafalda avrebbe contratto la klebsiella, infezione multi resistente che puo’ portare a esiti letali. Secondo i sanitari della struttura, invece, lo scrittore sarebbe arrivato in clinica ad ottobre, gia’ affetto da klebsiella, e sarebbe lui stesso, interpellato dai medici anche davanti a testimoni, a voler rimanere in clinica e non trasferirsi in un ospedale pubblico.

“Voglio solo salvare la vita del mio compagno Alberto Bevilacqua che, ad ottobre 2012, su consiglio del cardiologo, ho accompagnato in taxi presso la casa di cura Villa Mafalda per alcuni controlli. Non sono mai stata informata della terapia e non l’ho mai concordata con i medici, essendo una poetessa e non un medico. La sorella del mio compagno, da me avvertita del ricovero del fratello, e’ venuta due o tre volte a visitarlo”, afferma Macaluso. “Il mio compagno - prosegue - a novembre 2012 ha contratto a Villa Mafalda la klebsiella, infezione multi resistente che puo’ portare a esiti letali. La klebsiella e’ di tale gravita’ che e’ prevista l’immediata denuncia alle autorita’ sanitarie ed il trasferimento in strutture specializzate per il suo trattamento”, sottolinea. Per Macaluso la situazione di Bevilacqua “e’ disperata. Sono stravolta”, dice con la voce rotta.

“Stiamo facendo una corsa contro il tempo”, spiega all’Adnkronos l’avvocato Rosa Maria Zaccaria che con il padre Giuseppe assiste legalmente la compagna di Bevilacqua: “Il nostro concreto obiettivo e’ di salvare la vita di Bevilacqua. E’ quanto ci ha chiesto la signora Macaluso. Purtroppo giuridicamente la signora non ha titolo per prendere decisioni sulla sorte di quello che pure e’ il suo compagno da oltre 20 anni, i cui parenti conoscono la situazione e non fanno nulla, e che nulla puo’ decidere da solo essendo incosciente”.

In questo quadro la scelta di ricorrere alla magistratura quale “unico mezzo a disposizione della signora Macaluso”, aggiunge il legale. “Il medico di fiducia che ha visitato Bevilacqua ci ha detto che bisogna sbrigarsi, che gia’ ieri era tardi, sottolineando che in questi casi, di infezione multiresistente, chi ha in cura il paziente deve applicare un protocollo che ne prevede l’assistenza con macchinari specifici e se la struttura non li possiede deve trasferirlo ove sono disponibili. Le strutture piu’ adatte a Roma sono lo Spallanzani e il San Filippo Neri. Nonostante questo il medico della clinica Villa Mafalda non sta agendo in questo senso. E’ positivo che la magistratura abbia gia’ acquisito attraverso i Nas la documentazione della Clinica sul caso di Bevilacqua, un passo necessario per decidere. Speriamo che questa decisione arrivi il piu’ presto possibile”, conclude Rosa Maria Zaccaria.

A stretto giro di posta arrivano le repliche di Villa Mafalda. Prima la Direzione della casa di cura difende, in una nota, la correttezza dell’operato dei sanitari che hanno in cura lo scrittore, sottolineando in particolare che lo scrittore era stato ricoverato ad ottobre “in condizioni disperate” e “solo grazie alla perizia dei sanitari e all’adeguatezza della struttura il paziente e’ ancora vivo”, respingendo qualsiasi accusa di violazione di protocolli sanitari, affermando che la terapia in corso e’ concordata con la famiglia dello scrittore e con il consulente medico della sua compagna e che il paziente non e’ affatto trattenuto nella clinica.

“Le terapie sono state prestate sempre in accordo con la sorella, Anna Bevilacqua, con la signora Macaluso e addirittura il consulente medico di quest’ultima, il professor Mauro Cacciafesta, che ha confermato l’adeguatezza delle terapie prestate consigliando di continuare lo stesso iter terapeutico. Non e’ stato violato alcun protocollo. La clinica non sta trattenendo in alcun modo il professor.
Bevilacqua, il Paziente si trova ricoverato per espresso desiderio della famiglia. Villa Mafalda si riserva di tutelarsi in tutte le sedi opportune per dimostrare la completa infondatezza di quanto dichiarato dalla signora Macaluso”, conclude la nota. 

Secondo il responsabile del reparto di terapia intensiva di Villa Mafalda, Claudio De Giovanni, inoltre, Alberto Bevilacqua e’ arrivato a Vialla Mafalda in ottobre gia’ affetto da klebsiella ed e’ in condizioni serie ma e’ vigile per gran parte del tempo e vuole restare ricoverato a Villa Mafalda. “Al momento del ricovero, a ottobre, il paziente aveva gia’ contratto la klebsiella.
Posso escludere categoricamente che l’abbia contratta in clinica. Il paziente e’ stato ricoverato per una serie di malattie, con uno scompenso cardiaco molto grave, una insufficienza respiratoria per una grave polmonite, una insufficienza renale cronica. Il medico che lo ha ricoverato mi ha chiamato in consulenza e il dottor Bevilacqua e’ stato immediatamente portato nel mio reparto, in sub intensiva.
Durante la prima notte, quella tra l’11 e il 12 ottobre scorsi abbiamo dovuto rianimarlo”, racconta De Giovanni.

“Le nostre cure sono state coronate da successo e il paziente e’ migliorato, nonostante l’infezione polmonare, presente gia’ al momento del ricovero, sia sempre rimasta in atto. Ho parlato diverse volte con la signora Macaluso - specifica De Giovanni - e vista la previsione di un ricovero lungo, e oneroso, l’ho invitata piu’ volte a trasferire Bevilacqua in un’altra struttura, cosa che abbiamo ripetuto anche alla sorella del paziente quando e’ venuta a trovarlo da Parma. Ma questa indicazione non e’ stata accolta e piu’ volte il paziente stesso, che per la maggior parte del tempo e’ vigile, ha detto di voler restare ricoverato da noi. Questo anche in mia presenza”.

De Giovanni assicura poi che la clinica “e’ perfettamente in grado, per macchinari e competenze, di assicurare le cure necessarie a Bevilacqua” e cita il passaggio finale “della relazione del consulente medico della signora Macaluso, professor Mauro Cacciafesta, che martedi’ scorso ha visitato da noi il paziente, nella quale si legge: ‘...condizioni generali critiche, terapia in atto e’ congrua e si consiglia di continuare.’”.

“Proprio in presenza del professor Cacciafesta ho chiesto, martedi’ scorso, al paziente se voleva restare da noi o essere trasferito altrove e lui mi ha confermato la volonta’ di restare in questa clinica”, aggiunge De Giovanni che conclude sottolineando come “se lui e i suoi familiari vogliono il trasferimento altrove si puo’ fare in qualsiasi momento. Quando abbiamo appreso della denuncia siamo caduti dalle nuvole. In casi come questo, anche sapendo quanto e’ oneroso il ricovero, proponiamo sempre il trasferimento, e lo abbiamo fatto anche questa volta, gia’ ai primi di novembre”.

Fin qui la cronaca. Ma la vicenda di Alberto Bevilacqua fa riespodere a livello politicio il dibattito sul testamento biologico ma anche quello sui diritti delle coppie di fatto. “Questa assurda vicenda italiana -dichiara Silvio Viale, presidente di Radicali Italiani, intervenendo sul caso dello scrittore- conferma l’importanza e la necessita’ del testamento biologico, cioe’ di lasciare per iscritto le proprie volonta’ per quando non si sara’ piu’ in grado di esprimerle, indicando il fiduciario o la persona titolata a decidere.
E’ un peccato che Alberto Bevilacqua non abbia potuto o avuto il tempo di farlo”.

“La vicenda di Bevilacqua - analizza Viale - ha due profili. Il primo e’ il non riconoscimento della compagna come interlocutrice, quando non si e’ riusciti a indicarla come persona di riferimento al momento dei ricovero o in precedenza. Il secondo profilo riguarda le condizioni sanitarie di Alberto Bevilacqua e il consenso alle scelte terapeutiche”. 

“Non so per quali ragioni Bevilacqua sia finito a Villa Mafalda - aggiunge Viale - se fosse cosciente e quando avrebbe perso conoscenza, se abbia potuto o meno indicare la compagna come persona di riferimento, ma tutto cio’ e’ la riprova del limbo di indifferenza e di cinica convenienza che circonda queste vicende. Da questo punto di vista evoca la vicenda di Adele Parrillo, la vedova di Stefano Rolla ucciso a Nassiriya, o quella di Lorenzo D’Auria, tenuto in vita con il respiratore per potere sposare in ‘articulo mortis’ la compagna, madre dei suoi tre figli”.

E proprio Adele Parrillo interviene sulla vicenda: “L’Italia e’ un paese decisamente medievale”, dice senza mezzi termini la vedova di Stefano Rolla, il regista che resto’ ucciso insieme agli altri italiani nell’attentato di Nassiriya, commentando il caso che sta coinvolgendo lo scrittore Alberto Bevilacqua e soprattutto la sua compagna, Michela Macaluso, in arte Miti. Parrillo, convivente con Rolla, fu brutalmente allontanata dal Vittoriano durante la cerimonia in onore delle vittime, i cui corpi erano appena rientrati dall’Iraq: una vicenda che la segna ancora oggi. “Chi fa parte di una famiglia di fatto non ha voce in capitolo, non ha diritto su nulla nella vita del compagno -dice-. Siamo alle solite, questo e’ un paese medievale”.

A quasi dieci anni dalla strage di Nassiriya, da allora ricordata anche da un monumento e una piazza dedicata lungo la via Ostiense a Roma, “solo una volta, l’ultima, sono stata invitata alla messa commemorativa; ma anche stavolta non sono stata invitata al resto delle iniziative, gestite dal cerimoniale della Difesa. Le altre volte avevo dovuto chiederlo io. Come quando fui cacciata dal Vittoriano, trascinata a terra da tre o quattro energumeni, mi sembra quasi di venir trattata da criminale, quasi come se Stefano l’avessi ucciso io, non come se avessi subito un danno”. 

L’indifferenza italiana alle vicende traumatiche delle coppie di fatto, continua, e’ “una cattiveria ‘di sistema’, che interviene proprio quando sei piu’ debole. Trovo naturalmente lodevole l’impegno di chi, persone o associazioni, si batte per i diritti civili delle coppie di fatto, sono dei passi in avanti per un paese piu’ civile. Ma alla fine, sulle cose importanti”, come cio’ che sta accadendo a Bevilacqua e alla compagna, che non puo’ decidere il trasferimento dalla clinica a un ospedale piu’ attrezzato, “quando si tratta di diritti veri, importanti, il buon senso che tanto si richiama non prevale mai. E siamo ormai gli unici in Europa in questo stato”.

Dell’arretratezza italiana in materia e’ convinto anche Enzo Raisi, responsabile nazionale promozione e immagine di Fli, che su quello che nelle ore diventa il ‘caso Bevilacqua’ ha diramato un comunicato. “Il caso vergognoso che vede protagonisti lo scrittore Alberto Bevilaqua e la sua compagna Michela Macaluso, cui va la mia personale solidarieta’ e che non puo’ firmare il trasferimento del proprio partner in altra struttura sanitaria perche’ per la legge italiana non e’ un familiare e quindi non ha alcun diritto -dice Raisi- ripropone, in modo drammatico, il tema dei diritti delle coppie di fatto”.


Futuro e liberta’ e il suo leader Gianfranco Fini, da sempre unica voce solitaria nel centrodestra, sono stati a favore di una norma che riconosca i diritti elementari alle coppie di fatto, senza distinzione di sesso, come avviene in tutta Europa. E’ vergognoso -prosegue Raisi- che l’Italia sia fanalino di coda in questa battaglia di civilta’ e chiederemo al presidente Mario Monti che metta tra i primi punti della sua agenda una legge che finalmente riconosca, come nel resto d’Europa, i diritti delle coppie di fatto senza piu’ reticenze. Questa -conclude- e’ una delle battaglie che la destra moderna, riformatrice ed europea che Fli vuole rappresentare all’interno della ‘coalizione Monti’ e che ci impegniamo, nei confronti degli elettori, a portare in porto”, conclude l’esponente di Fli.