Roma, 11 marzo 2013 - Sfiduciati e diffidenti. Si potrebbe riassumere così l'atteggiamento degli italiani riguardo alle istituzioni e alla società che li circonda. A dirlo sono l'Istat e il Cnel che dopo aver individuato, insieme a tutte le rappresentanze della società civile i 134 indicatori del Benessere equo e sostenibile (Bes), hanno misurato la qualità della vita degli italiani proprio attraverso questo nuovo strumento che - sottolinea Linda Laura Sabbadini - d'ora in poi dovrà sempre più affiancare il Pil nelle misurazioni delle condizioni di un paese e della sua popolazione.

DIETRO LA LAVAGNA - I risultati dell'indagine sono stati presentati nella sede dell'Istat, alla presenza del capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Riguardo alla fiducia nelle istituzioni nazionali e locali, a marzo del 2012 si è registrato il picco più basso con un giudizio di 2,3, su una scala da 0 a 10, riservato ai partiti politici. Non sono andati molto meglio il Parlamento (3,6), le amministrazioni locali (4) e il sistema giudiziario (4,4). Le sole "istituzioni" verso le quali i cittadini hanno espresso fiducia sono stati i vigili del fuoco e le forze dell'ordine, che insieme hanno raggiunto 7,1, con un voto medio di 8,1 per i primi e di 6,5 per le seconde.

GLI ALTRI, TUTTI NEMICI - La sfiducia degli italiani si amplia non solo alle istituzioni ma al resto del corpo sociale, agli "altri" che li circondano. Nel 2012, infatti, solo il 20% delle persone di 14 anni e più ritiene che gran parte della gente sia degna di fiducia, valore in calo rispetto al 2010 (21,7%). Una quota che scende ulteriormente, al 15,2%, nelle regioni del Mezzogiorno.

FAMIGLIA UNICO RIFUGIO - Inoltre, sempre secondo l'Istat, l'Italia è uno dei paesi Ocse con i più bassi livelli di fiducia verso gli altri: le persone quindi non si sentono sicure e tutelate al di fuori delle reti di relazioni familiari e amicali. In particolare, l'Italia mostra una fiducia molto inferiore rispetto a paesi come Danimarca e Finlandia, dove la quota di persone che esprime fiducia negli altri raggiunge il 60%.

DISASTRO NEET -  La quota dei Neet, ovvero dei ragazzi tra i 15 e i 29 anni che né studiano né lavorano, tra il 2009 e il 2011 è balzata dal 19,5% al 22,7%. Quasi un giovane su 4 dunque non è impegnato in percorsi formativi e non ha un posto. E ben l'8% dei Neet - nota il rapporto - è laureato e quindi, in mancanza di sbocchi, non ha alcuna motivazione o interesse a continuare a formarsi.

MENO VITA PUBBLICA - In una tale situazione, non sorprende che la partecipazione politica sia bassa e in diminuzione, sebbene il concetto di partecipazione venga declinato in modi diversi, non solo attraverso l'attivismo politico ma anche con l'atto di informarsi e con lo scambio di opinioni.

INFORMAZIONE STABILE - Così - sottolinea l'Istat - se i tassi di partecipazione al voto continuano a diminuire, nel 2012 risulta stabile (al 67%) la popolazione sopra i 14 anni che partecipa alla vita civile e politica parlandone o informandosi almeno una volta settimana. A questo proposito, pur evidenziandosi un aumento dal 12 al 17,4% dei 'cyber citizen', cioè di coloro che si informano attraverso Internet soprattutto tra i giovani, una parte ancora ampia della popolazione non partecipa in alcuna forma alla politica e il parlare e l'informarsi di politica sono in diminuzione, registrando un calo nel 2012 sul 2011 rispettivamente dal 42,5% al 40,1% e dal 63,5% al 61,5%).

DISTANZA DI GENERE - Gli italiani sono dunque generalmente lontani dalla politica, ancora di più se si tratta delle donne che la vedono come una dimensione estranea ai propri interessi. Una distanza di genere al contempo causata e evidenziata dalla loro bassa presenza delle elette nelle assemblee parlamentari e nei luoghi decisionali più importanti della sfera pubblica e privata continua, come del resto anche la presenza giovanile.

QUOTE ROSA? - Lo squilibrio di genere in Parlamento e nei Consigli regionali, si legge nell'indagine, continua ad essere particolarmente marcato: nelle elezioni del 2008 le donne elette in Parlamento erano appena il 20,3% e anche nei Consigli regionali la quota di donne elette risulta molto bassa, il 12,9% nel 2012. Ad agosto 2012, inoltre, è al femminile solo il 10,6% dei componenti dei Cda delle società quotate in Borsa, una percentuale in aumento (4,5% nel 2004) per effetto dell'approvazione della legge sulle "quote rosa" che obbliga le aziende a un riequilibrio della rappresentanza. Ma, tranne per qualche altro piccolo segnale di cambiamento e di speranza, il Bes 2012 non sembra indicare un paese in gran salute.