Taranto, 7 aprile 2013 - "E’ stata una manifestazione riuscita ed è stata una manifestazione di cittadini e non di ambientalisti. Di cittadini che chiedono che sia tutelato un diritto fondamentale riconosciuto dalla Costituzione: la tutela della salute". Così Alessandro Marescotti, portavoce del movimento ambientalista Peacelink, sintetizza la manifestazione che stamattina ha visto sfilare in corteo, nel centro di Taranto, circa 5mila persone. Obiettivi della mobilitazione: dire no all’inquinamento, dire no alla legge sull’Ilva e manifestare sostegno all’azione della Magistratura.

In strada c’erano sicuramente meno persone rispetto alla manifestazione del 15 dicembre scorso, quando un corteo di circa 10mila persone attraversò la città, ma la partecipazione di oggi, a detta degli organizzatori, è stata ugualmente "significativa e importante considerato che era domenica. E mai a Taranto c’è stato un corteo di domenica".

A ciò si aggiunga che a dicembre si era nel pieno dello scontro giudiziario, con gli impianti dell’area a caldo del siderurgico sequestrati e la legge sull’Ilva ancora in discussione in Parlamento (e difatti verra’ approvata di lì a poco, il 24 dicembre col numero 231). Oggi, invece, c’è una relativa tregua anche se si è alla vigilia di due scadenze importanti: il 9 aprile, infatti, la Corte Costituzionale si pronuncerà sulla legge 231, esaminando le eccezioni di costituzionalità avanzate dai giudici di Taranto, e il 17 aprile gli elettori tarantini andranno alle urne per esprimersi in merito al referendum consultivo cittadino pro o contro la chiusura parziale (la sola area a caldo) o totale dell’Ilva. Ed è proprio in vista di queste due date che oggi si è tenuta la manifestazione all’insegna dello slogan 'Taranto libera'.

Il corteo era aperto da una folta rappresentanza di medici, pediatri, farmacisti, infermieri e operatori sanitari, tutti in camice bianco. In questo modo hanno voluto evidenziare la loro presenza ma anche sottolineare come l’inquinamento sia portatore di gravi conseguenze come malattie tumorali e decessi. Tantissimi cittadini in corteo, molte famiglie con bambini al seguito, ma nessuna presenza visibile di operai dell’Ilva.

Tra coloro che hanno sfilato, c’erano anche Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione Comunista, e Nadia Ferrarese, moglie di Ciro Moccia, l’operaio Ilva 42enne che lo scorso 28 febbraio è morto in un incidente sul lavoro alla batteria nove delle cokerie del siderurgico (è precipitato da un’altezza di circa dieci metri). Ha detto Ferrero: "Bisogna rendere pubblica la siderurgia perché solo in questo modo si possono salvaguardare i 20mila posti di lavoro che ruotano attorno all’acciaio tra diretti e indiretti. Non possiamo consentire che Taranto diventi un’area dove alla disperazione della mancanza di lavoro, si uniscano anche i pericoli per l’ambiente e i rischi per la salute a causa dell’inquinamento".

"Non è possibile morire per il lavoro, mio marito lavorava per portare il pane a casa e non vi ha fatto più ritorno", ha detto invece Nadia Ferrarese, che stringeva tra le mani una foto di Ciro Moccia e sfilava dietro uno striscione che ricordava appunto l’operaio morto all’Ilva a fine febbraio. E di situazione pesante sotto il profilo ambientale hanno invece parlato i medici, che per la prima volta hanno deciso di scendere in strada e in modo visibile. Con loro anche il presidente dell’Ordine dei medici di Taranto, Cosimo Nume.

Fonte Agi