Roma, 30 aprile 2013 -  Sono immagini choc. Mostrano Luigi Preiti, l'uomo che domenica ha gettato nel panico l'Italia sparando ai carabinieri davanti a Palazzo Chigi, mentre spara a bruciapelo contro i due militari dell'Arma. Il braccio teso all’altezza del volto del carabiniere, la pistola puntata, lo sguardo dritto verso l’obiettivo, una distanza inferiore ad un metro: è appunto il fermo immagine di una delle telecamere di sicurezza installate su Montecitorio, che riprende l’attimo in cui Luigi Preiti spara verso Giangrande. Dal frammento del video si vede inoltre che in quel momento, attorno all’uomo, c’erano circa una ventina di persone e almeno tre militari.

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Gli inquirenti intanto sono convinti che Luigi Preiti non abbia avuto alcun complice, che abbia agito da solo. Da quanto emerge dalla richiesta di convalida dell'arresto dell'attentatore di Palazzo Chigi, i pm di Roma non sembrano avere dubbi. Non ci sono elementi tali da far ritenere che l'uomo avesse complici o che abbia agito su commissione.

E ha agito con il preciso scopo di uccidere.

Un'iniziativa isolata di Preiti, secondo quanto riferito nella richiesta di convalida del fermo dal procuratore aggiunto della Procura di Roma Pierfilippo Laviani ed il sostituto Antonella Nespola. Preiti nell'interrogatorio ha confessato di essersi appostato "in attesa delpassaggio dei politici". La richiesta di convalida è all'esame del gip Bernadette Nicotra. Mentre l'interrogatorio di garanzia è stato fissato per domani mattina, primo maggio, alle dieci nel carcere romano di Rebibbia.

Preiti è accusato del tentato omicidio di tre carabinieri, porto e detenzione di arma clandestina e ricettazione. Il tutto con le aggravanti della premeditazione e dell'aver agito contro pubblici ufficiali in servizio di ordine pubblico

Nella richiesta di convalida dell’arresto a Preiti si contesta di aver “con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso esploso sette colpi di arma da fuoco a distanza ravvicinata ad altezza d’uomo, colpendo al collo il brigadiere Giuseppe Giangrande e alla gamba l’appuntato Francesco Negri, mentre tentava di sottrarsi al fuoco dietro un riparo, e al giubbotto operativo di tela il vicebrigadiere Murrighile Delio Marco che lo stava affrontando” compiendo “atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionarne la morte, non riuscendo nell’intento per cause indipendenti dalla sua volontà”. Tra i provvedimenti richiesti dalla procura anche la convalida del sequestro della pistola di Luigi Preiti, una calibro 7,65, una cartina della capitale e la punta di un trapano che custodiva nella borsa.

PREITI DOPO AVER SPARATO NON RICORDAVA NULLA  -  Luigi Preiti non ricordava nulla meno di due ore dopo aver sparato 7 colpi di pistola davanti a Palazzo Chigi, verso un gruppo di carabinieri che gli impediva di arrivare “dai politici”. Il dato emerge dal certificato compilato dai medici dell’ospedale San Giovanni che hanno visitato l’uomo dopo che era stato fermato. Gli esperti del centro di igiene mentale mettono nero su bianco che Preiti presenta “tratti deliranti” e sembra non avere memoria di quanto appena compiuto.

I suoi ricordi, insomma, vanno poco più in là del sonno agitato della notte tra sabato e domenica, quando secondo quanto raccontato a chi l’ha visitato avrebbe sentito la madre che gli parlava. La somministrazione di un tranquillante e un referto utile per il ricovero immediato, completano il breve documento che è stato depositato agli atti dai pubblici ministeri ed allegato alla richiesta di convalida dell’arresto. Sulla base anche di quella valutazione clinica i difensori di Preiti potrebbero chiedere al giudice, forse già dopo l’interrogatorio di garanzia, una detenzione ospedaliera e una perizia psichiatrica per provare l’incapacità di intendere e volere.

L’atto firmato dal pm Antonella Nespola e dal procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani comprende anche le diverse testimonianze di persone che hanno assistito all’azione di Preiti. Nell’istanza all’attenzione del gip Bernadette Nicotra anche il fotogramma ripreso da una telecamera di sorveglianza in cui si vede l’uomo sparare con braccio teso, quasi nell’atto di prendere la mira. A piazzale Clodio questo fatto viene messo in rilievo perché prova che Preiti voleva uccidere. Ed anche se sulla base delle sue stesse ammissioni gli obiettivi erano ‘i politici’ c’è il dato che ha fatto fuoco contro dei carabinieri che avevano la sola colpa di sbarrargli la strada verso l’ingresso del Parlamento. I magistrati, citando anche le testimonianze di parenti e conoscenti di Preiti ascoltati in questi giorni, ribadiscono che non c’è alcun elemento che indica un concorso, una complicità esterna che abbia in qualche modo aiutato o favorito Preiti. “Lui ha agito da solo, in modo lucido”. Ed il coraggio per una azione disperata potrebbe esser venuto anche dall’assunzione di stupefacenti. Il telegiornale di La7 ha rivelato che Preiti avrebbe detto di aver preso della cocaina.

LE CONDIZIONI MEDICHE DI GIANGRANDE - “I parametri vitali del brigadiere Giuseppe Giangrande si sono mantenuti stabili durante la notte. Le condizioni neurologiche permangono invariate”. E’ quanto si legge nel primo bollettino medico della giornata diffuso dal Policlinico Umberto I di Roma. “Il paziente - aggiunge il bollettino - rimane sedato e ventilato meccanicamente in quanto al momento non è possibile garantire una autonomia respiratoria efficace e continuativa. La prognosi - concludono i medici - rimane riservata”.

ALFANO IN SENATO - Il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, ha riferito in Senato sul clamoroso fatto di sangue. Per il ministro la sparatoria "non ha i prodromi di focoali di piazza o eversivi". peraltro Alfano ha informato che è stata disposta "un'intensificazione delle misure di prevenzione e vigilanza del territorio" nonché i servizi di tutela per le cariche istituzionali. "E' necessario comunque tenere alta la guardia per scongiurare eventuali gesti emulativi".

Alfano ha anche rivelato ulteriori particolari. Preiti è arrivato a Roma in treno da Cosenza. Non ha nessun precedente di polizia e nulla che lo poassa far legare ad ambienti criminali o eversivi. Fra l'altro era stato controllato proprio sul treno che portava a Roma. E non era emerso nulla.

Per Alfano il fatto va inquadrato nella situazione di disagio che l'uomo stava vivendo, disagio personale e lavorativo.