Bologna, 19 giugno 2013 - Non c’è solo il Papa che riempie le piazze, raccoglie la borsetta di una signora disabile, firma il gesso della ragazzina infortunata e la domenica augura "buon pranzo" al mondo prima che le tavole siano apparecchiate. Nella semplicità delle sue tre stanzette nel condominio Casa Santa Marta, preferito alla solennità e all’isolamento degli appartamenti pontifici, Francesco lavora alla riforma della Curia. Le vacanze romane - sarà il primo vescovo dell’Urbe a disertare le ferie - gli serviranno per mettere a punto la dieta dimagrante per i pontifici consigli e per ridimensionare il ruolo del segretario di Stato, negli ultimi anni un po’ troppo sovraesposto, quasi fosse un Papa in miniatura.

Il dietro le quinte racconta di un Francesco che ascolta moltissimo i suoi collaboratori più fidati, dai cardinali brasiliani João Braz de Aviz e Clàudio Hummes, all’argentino Leonardo Sandri, ma poi decide in piena autonomia. Niente a che vedere insomma con il tandem di ferro Joseph Ratzinger-Tarcisio Bertone. Anzi, proprio quest’ultimo, ufficialmente ancora a capo della segreteria di Stato, appare sempre più relegato nell’ombra. Esemplare a riguardo è la vicenda del nuovo prelato dell’Istituto per le opere di religione (Ior), monsignor Battista Mario Salvatore Ricca.

Formalmente, come richiesto dallo statuto della banca vaticana, la nomina è stata fatta dalla Commissione cardinalizia di vigilanza, presieduta da Bertone, ma agli osservatori più attenti non è sfuggito un particolare molto eloquente del comunicato della Sala stampa della Santa sede: la scelta è avvenuta "con l’approvazione del Santo Padre". Un fatto del tutto insolito per questi tipi di avvicendamenti. Anche perché monsignor Ricca non è un prete qualsiasi. Originario di Brescia, classe 1956, un passato nelle nunziature di mezzo mondo, è il direttore della Domus Sanctae Marthae. Ovvero, il 'padrone di casa’ del Pontefice. Con lui pranza ogni giorno e in questi primi mesi di papato è stato particolarmente solerte nel soddisfare le esigenze del prestigioso inquilino. Qualcuno azzarda che sia addirittura tra i confidenti più stretti di Francesco.

Dal canto suo Bertone mastica amaro. E ne ha ben donde. Dopo essere riuscito a febbraio, in piena sede vacante, a confermarsi per un altro quinquennio alla presidenza della Commissione cardinalizia e ad imporre, sempre nello stesso organismo dello Ior, il fedele Domenico Calcagno al posto dell’ostile Attilio Nicora, sperava di avere carta bianca nella scelta del prelato della banca. Per quel ruolo, scoperto dal 2010, avrebbe visto bene monsignor Luigi Mistò, numero due dell’Apsa, il dicastero vaticano che amministra i beni della Santa Sede. E, invece, ha dovuto ingoiare la decisione di Francesco.

Con la nomina di Ricca il Papa piazza un uomo di sua fiducia in uno dei ruoli chiave dello Ior. Statuto alla mano, il prelato "segue l’attività dell’istituto, con la possibilità di accedere agli atti e ai documenti", in più "partecipa, in qualità di segretario, alle adunanze della Commissione cardinalizia, provvedendo alla verbalizzazione" e, dulcis in fundo, ha diritto di seguire le riunioni del board, attualmente retto dal banchiere svizzero Ernst von Freyberg. L’occhio del Pontefice potrà così rendersi conto della reale situazione nel Torrione Niccolò V.

Von Freyberg e il direttore generale dello Ior, Paolo Cipriani, in un diluvio di interviste, hanno recentemente garantito sulla tenuta e la trasparenza della banca vaticana: non esistono conti cifrati, i clienti sono soddisfatti ed entro l’anno i bilanci dell’istituto saranno consultabili via web. Bergoglio lascia dire, ma intanto, a tre mesi dall’inizio del suo pontificato, non ha ancora ricevuto in udienza i vertici dello Ior. E, preoccupato non solo per l’indagine della Procura di Salerno su monsignor Nunzio Scarano, responsabile del servizio contabilità analitica dell’Apsa, accusato di riciclaggio, ma anche per la possibilità che la magistratura italiana possa intervenire direttamente sulla banca, 'commissaria’ lo Ior con Ricca. Prima che sia troppo tardi, prima di rivoltare l'istituto come un calzino. 

La prospettiva a cui starebbe pensando Francesco è quella di non chiudere la struttura, bensì di trasformarla in una banca etica. Che continuerà a gestire e far fruttare capitali destinati ad opere di religione e di carità, tuttavia senza più dipendere dai porporati e, in ultima istanza, dal Papa. "Pietro non aveva una banca", ama sottolineare Bergoglio come a lanciare segnali di fumo ai naviganti. Non a caso la nomina del prelato dello Ior è sì immediata, ma ad interim. Segno che la riforma da quelle parti è soltanto all'alba.