di Antonio Fulvi

IL BUSINESS delle crociere, di cui abbiamo parlato nella precedente puntata riguardo a Venezia, è uno dei pochissimi comparti in crescita nei porti italiani, dopo la pausa di riflessione del 2012 per la crisi e per le ricadute del naufragio Concordia. C’è un dato dell’industria cantieristica che lo conferma: per il 2014 sono in consegna dai cantieri navali ben 35 nuove navi da crociera, in buona parte di grandi dimensioni (oltre le 40mila tonnellate di stazza). Tra loro la nuova ammiraglia della Costa Crociere, la «Costa Diadema» da circa 5mila ospiti e 1.200 membri d’equipaggio. E Costa è uno dei clienti importanti che Venezia rischia di perdere, se sarà applicato il decreto Clini-Passera di cui si discute in questi giorni. Se consideriamo il numero di crocieristi che sbarcano a Venezia dalle navi del comparto, prendendo come riferimento il milione e 800 mila unità delle previsioni 2013 — cifre che abbiamo riportato nell’edizione del 28 settembre — diventa anche possibile fare un conto, ovviamente approssimativo, su quanto la città e le sue attività commerciali ricavano da questo flusso.

Abbiamo visto nel precedente servizio che ogni nave lascia alla portualità veneziana (Autorità Portuale, Venezia terminal Passeggeri, rimorchiatori, ormeggiatori, piloti) circa 35 mila euro a ogni ‘call’, cioè a ogni arrivo. Per i passeggeri c’è un dato di riferimento dell’International Cruise Council (ICC) reso noto in via ufficiale l’anno passato al salone delle crociere di Miami: la media che un crocierista spende di tasca sua ogni volta che scende in un porto è di 30/35 euro al giorno, che se ne vanno in bar, acquisti di souvenir, visite ai musei, taxi, trattorie, piccoli acquisti di prodotti tipici, eccetera. Intendiamoci: è una media, e come tutte le medie calcolata su un campione rappresentativo, con scostamenti anche forti — il crocierista che si fa allettare da un paio di scarpe di gran marca italiana può ‘sforare’ anche fino a 300 o 400 euro, ma secondo gli studi specializzati questo picco è equilibrato da altri crocieristi che si accontentano di una pizza o di un copricostume al mercatino rionale.

PRENDENDO dunque come riferimento i 30 euro ufficialmente accreditati come spesa di ogni crocerista a terra, e moltiplicandoli per 1 milione e 800 mila, abbiamo la bella cifra di 54 milioni di euro all’anno, che si riversa nella piccola economia diretta delle categorie turistiche veneziane. Vero è che tutta l’attuale guerra contro le grandi navi interessa solo una parte del flusso turistico, perché sulle unità che superano le 40 mila tonnellate di stazza a Venezia arrivano ‘solo’ 110mila passeggeri contro 1 milione e 700 mila circa dalle assai più numerose navi sotto le 40 mila tonnellate. E perdendo i 110 mila passeggeri delle grandi unità verrebbero a mancare ‘solo’ 3 milioni e 300 mila euro all’anno. Ma i tecnici del comitato Cruise Venice, che ovviamente difendono a spada tratta il flusso delle grandi navi, ricordano che il mondo delle crociere sta andando sempre più verso unità maggiori (vedi la Costa Diadema da 5 mila croceristi) e cacciando queste ultime da Venezia si andrebbe progressivamente perdendo terreno rispetto agli scali concorrenti che si stanno facendo sotto, come il vicino porto di Trieste (per non citare quelli della sponda dalmata).
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