dall'inviato Lorenzo Sani

Mercatello (Pesaro Urbino), 2 ottobre 2013 - Nelle parole del presidente della provincia di Pesaro, Matteo Ricci, l’ottimismo della volontà: «Se pensiamo che tre anni fa eravamo ad occupare la galleria della Guinza, possiamo dire di aver fatto passi da gigante: non solo si è definito il tracciato, ma anche la modalità per la realizzazione».
Alfredo, capelli imbiancati, cittadino di Mercatello sul Metauro, incarna con disincanto il pessimismo della ragione: «Sono cinquant’anni che tra queste montagne sentiamo parlare della Fano-Grosseto. Ormai comincio a credere che non sia più nemmeno una strada, ma una barzelletta. La sola cosa certa è che noi moriremo senza vederla».

Già. La famigerata E78, regina delle incompiute, icona dello spreco di denaro pubblico. Proprio di lei in questi giorni si è ripreso a parlare, ma che sia la volta buona, dopo anni in cui il progetto è rimasto sepolto in qualche cassetto all’Anas, anche gli ottimismi lo sussurrano a bassa voce. «Nel novembre del ’90 ci fu una grande festa, costata addirittura 300 milioni di lire. Venne anche il ministro Prandini, democristiano. Arrivò con l’elicottero ma rimase chiuso nel campo sportivo, perché il custode era andato a seguire la Mercatellettese che giocava in trasferta».

Il primo progetto di una comoda via commerciale tra il Granducato di Toscana e lo Stato Pontificio risale addirittura al 1650, mentre l’idea della E78 è degli anni Sessanta, quelli del boom economico. Poi arrivarono quelli di Tangentopoli. Quante inaugurazioni, soldi, tagli di nastro, pose di prime pietre, progetti, scavi, promesse, sono stati fatti sognando la bisettrice che unisse il Tirreno all’Adriatico, dando vita a un’Italia tagliata fuori dal mondo, sperduta nell’ispida dorsale degli Appennini. Da Fano a Grosseto, passando per Urbino, Arezzo e Siena, tre Regioni attraversate (Marche, Umbria e Toscana), cinque Province (Pesaro Urbino, Perugia, Arezzo, Siena, Grosseto). Lunghezza complessiva del collegamento, circa 270 km di cui per il 65% in Toscana, il 30% nelle Marche e il 5% in Umbria. Il 70% è già percorribile, manca il tratto più ostico. Tra Mercatello sul Metauro, Marche e San Giustino, Umbria, il monumento allo sperpero è una galleria di quasi 6 km (5945 m.), che fra l’altro non è nemmeno più a norma. Eppure quel pezzetto di strada che unisce il nulla col niente costò a suo tempo 230 miliardi di lire (attorno ai 120 milioni). L’Anas, bontà sua, ha recintato l’opera perché all’interno della galleria della Guinza si organizzavano rave party, un boscaiolo ne aveva fatto il suo deposito di legname e impiantato una segheria, ma ci fu anche chi, forse solo per scherzo, avanzò la proposta di utilizzarla per stagionare i prosciutti. Almeno sarebbe servita a qualcosa.

Ma cosa abbia rianimato la fiducia di uno dei più battaglieri amministratori locali, Matteo Ricci, è presto detto: «Sono tre pilastri. Innanzitutto la trasformazione in autostrada, poi il contratto di disponibilità che garantisce all’impresa privata austriaca che completerà l’opera con un risparmio di 1,2 miliardi sul progetto, un canone di affitto per 45 anni. Poi c’è la defiscalizzazione».

Nel Paese in cui gli affari più redditizi per costruttori e politici sono sempre stati quelli lasciati a metà la Guinza non fa eccezione. I lavori, più volte e per varie ragioni interrotti, sono fermi dal 2005. Oggi è obbligatorio un corridoio per ogni senso di percorrenza, oltre alla corsia d’emergenza. Ci vuole un tunnel gemello.