MILANO, 14 OTTOBRE 2013 - È STATO il teatro dell’ultimo discorso di Benito Mussolini e dei concerti di Giorgio Gaber, delle opere di Brecht curate da Giorgio Strehler e dell’Orchestra Verdi. È stato, sì, il verbo al passato è d’obbligo, perché il teatro Lirico, uno dei simboli culturali di Milano, è chiuso dal 1999. Quattordici anni di degrado e polemiche, gli ultimi. Là, in via Larga, a poche decine di metri da Piazza del Duomo, la scritta «Teatro Lirico» è ormai sbiadita e l’ingresso da via Rastrelli è circondato da erbacce. All’interno del teatro la situazione è anche peggiore. L’operazione di demolizione interna era già partita, quella di ricostruzione non è mai iniziata. Colpa di un bando per la ristrutturazione vinto nel 2005 da una cordata di imprese capeggiata da Gianmario Longoni. Lavori mai completati, non solo per colpa dei privati. Le amministrazioni comunali che si sono succedute dal 1999 a oggi (da Gabriele Albertini a Letizia Moratti fino Giuliano Pisapia, eletto sindaco nel 2011) non sono ancora riuscite a sbrogliare la matassa Lirico.


LE POLEMICHE politiche non sono mancate negli ultimi anni. La più memorabile — anno di grazia 2007 — vide come protagonista l’allora assessore alla Cultura della Giunta Moratti, il vulcanico Vittorio Sgarbi, che contestò duramente il progetto di restyling del Lirico voluto da Longoni: il teatro sarebbe dovuto diventare uno spazio multifunzionale con tanto di maxi-cupola con ristorante. Un progetto da 20 milioni di euro che avrebbe comportato la parziale cancellazione della struttura del teatro così come concepita dall’architetto Cassi Ramelli. Sgarbi difese a spada tratta le idee di Cassi Ramelli, la riqualificazione si fermò. Poi ripartì con qualche vincolo in più imposto dalla Sovrintendenza ai Beni architettonici. Fino a fermarsi definitivamente. E siamo agli ultimi due anni. Nel 2012 la Giunta Pisapia ha fatto partire un bando per la ristrutturazione e la gestione del Lirico. Il sindaco Pisapia in quell’occasione aveva promesso che il teatro sarebbe stato riaperto il 1° maggio del 2015, giusto in tempo per l’Expo. Ma il bando è andato deserto. Qualche mese dopo, via a una richiesta di manifestazione d’interesse rivolta sempre ai privati. Nessuna offerta pervenuta al Comune. E siamo agli ultimi mesi. A giugno sembrava che Palazzo Marino avesse deciso di cambiare strategia: basta con la ricerca di un privato che pagasse integralmente i lavori. La Giunta era pronta a inserire nel Piano delle opere pubbliche del 2013 i 16,5 milioni di euro necessari almeno per i lavori di ristrutturazione del teatro di via Larga. I soldi per acquistare i nuovi arredi e per gestire il Lirico sarebbero stati chiesti a un privato con un successivo bando. Strada tracciata, dopo 14 anni di ritardi? Macché. Il gruppo del Pd in Consiglio comunale, a fine settembre, ha fatto sapere a Pisapia che spendere 16,5 milioni di euro per la riqualificazione del Lirico non è una priorità, in un momento di bilancio in rosso per il Comune di Milano. Meglio investire quei soldi per rimettere a posto scuole e costruire case popolari. Una posizione, quella dei democratici, duramente contestata dall’assessore ai Lavori pubblici Carmela Rozza, anche lei del Pd. Partito di maggioranza diviso, restauro del teatro fermo. Sullo sfondo la nuova promessa di Pisapia: sanare la ferita Lirico entro la fine del suo primo mandato, fissata nel 2016. Per quell’anno il teatro che dovrebbe essere dedicato a Giorgio Gaber sarà pronto?

di Massimiliano Mingoia