Bologna, 26 ottobre 2013. - L’Avvocatura di Stato ha chiesto oltre un miliardo di risarcimento per la strage alla stazione di Bologna, ma loro non sono disposti a tirare fuori manco un euro. Perche’, sostengono, i termini per chiedere il risarcimento record e’ scaduto da anni. E perche’, particolare non secondario, quei soldi non li hanno e mai li avranno.

Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, condannati per l’attentato del 2 agosto 1980, tramite i loro legali e con una lunga memoria difensiva, spiegano perché si oppongono alla richiesta avanzata dallo Stato nella causa civile. Secondo i calcoli fatti dall’avvocatura di Stato, circa 59 milioni sono dovuti come danno patrimoniale, mentre il grosso della cifra, un miliardo, rientra nel danno non patrimoniale.

La difesa di Mambro e Fioravanti si chiede perché l’amministrazione dello Stato “abbia aspettato 18 anni per far valere un diritto economico che si prescrive (al massimo) in dieci”. E “ancora e soprattutto quale sia lo scopo concreto, e prima ancora il senso, che si vuole perseguire con una richiesta risarcitoria di un miliardo e 59 milioni nei confronti di due soggetti da 25 anni nelle mani dello Stato, sia nell’essere che nell’avere”.

Nella memoria difensiva si fa presente infatti che Mambro e Fioravanti hanno entrambi un reddito che non supera di molto i 16 mila euro all’anno, e che non posseggono immobili, ne’ hanno depositi di denaro “che consentano una qualsivoglia solvenza”. Quindi, se anche dovessero essere condannati, i due, insieme, “in una vita intera, non riuscirebbero a mettere insieme neanche una millesima parte di quanto preteso”.


Senza dimenticare che le pretese dello Stato sono “tardivamente avanzate oltre che, quanto al danno non patrimoniale, genericamente individuate e sommariamente quantificate”. Infatti, visto che Mambro e Fioravanti sono stati condannati con sentenza definitiva della Cassazione il 23 novembre del 1995, la prescrizione di dieci anni per il diritto risarcitorio e’ scaduta il 23 novembre del 2005. A prescindere infatti dalla gravita’ del reato, ragionano i legali dei due ex terroristi neri, “gli ipotetici ‘debitori’ non possono soggiacere senza limiti di tempo ala incertezza del se gli ipotetici ‘creditori’ azioneranno mai il diritto”.

 

Inoltre Giusva Fioravanti e Francesca Mambro sono “un uomo e una donna liberi, rispettivamente dal 2009 e dal 2012. Perché aspettare che l’intero percorso espiativo penale fosse concluso per (ri)avviare la ruota giudiziale, questa volta civile?”. Mambro e Fioravanti, azzardano i legali, “dovrebbero rappresentare proprio quel fiore all’occhiello dell’articolo 27 della Carta costituzionale e del suo fine rieducativo della pena”. Per questo i loro avvocati chiedono che il giudice dichiari prescritto ogni diritto al risarcimento e che rigetti la richiesta dello Stato perché infondata.